mercoledì 9 maggio 2012

Recensione: La lettera scarlatta



Autore: Nathaniel Hawthorne
Titolo: La lettera scarlatta
Prezzo: 7,90 €
Editore: Dalai
Pagine: 293
Il mio voto: 3 segnalibri e mezzo

Trama

La lettera scarlatta, pubblicato nel 1850, ebbe una genesi complessa e tormentata. In questo libro, dall'impostazione classica e allo stesso tempo innovativa, Hawthorne, che qui rivela le sue capacità di analisi psicologica, non si limita a dare vita a una indimenticabile rappresentazione dello spirito puritano nell'epoca coloniale in America ma giunge a proporre una liberatoria concezione dell'amore come grande forza creatrice della natura. L'intensa storia della bella adultera Hester Prynne, bollata come peccatrice dai suoi freddi e intransigenti concittadini, si trasforma in vera e propria apologia degli istinti nella scoperta della gioia selvaggia e pura di vivere fino in fondo la propria esistenza, rivendicando il diritto alla passione.

La mia recensione
 

Il marchio scarlatto
 

04.08.2015. Per te che sei arrivato qui cercandone l'analisi perché devi consegnarla a settembre e non hai voglia di leggere il libro: mi dispiace, non troverai nulla che possa interessarti qui sotto perché non ho fatto un'analisi, avendo io smesso di fare le superiori diverso tempo fa. Mi dispiace molto, fai prima a leggerti il libro.

Non credo di poter scrivere una vera e propria recensione di questo libro. Diciamo che, più che altro, si tratterà di un commento personale, come se mi avessero chiesto di leggerlo per la scuola e, a fine lettura, la professoressa mi abbia chiesto una breve sintesi di ciò che le pagine del libro mi hanno trasmesso.
La lettera scarlatta non è una lettura semplice né tanto meno scorrevole. In altre parole, se mi avessero costretto a leggerlo per la scuola non solo non ne avrei terminato la lettura, l'avrei odiato con tutta me stessa. Lo stile narrativo è arzigogolato, complesso, a tratti appare forzato e troppo, troppo dettagliato.
Quando ne ho iniziato la lettura credevo si trattasse di un romanzo diverso. La storia, non solo grazie al film ma anche grazie alla scuola e alla mia innata curiosità, la conoscevo già, per cui sapevo perfettamente a cosa andavo incontro. Mi aspettavo, però, che la narrazione fosse meno artificiosa e più leggera, accattivante, appassionante.
Nathaniel Hawthorne scrive La lettera scarlatta nel 1850, a qualche anno di distanza dalla pubblicazione dei libri delle sorelle Brontë e diverso tempo dopo dalla morte di Jane Austen. È vero, è vero... non posso paragonare del tutto gli stili narrativi perché non solo si tratta di scrittori di sesso diverso, ma soprattutto perché Nathaniel Hawthorne non era inglese ma americano. Eppure il periodo è sostanzialmente lo stesso e la narrazione, invece, così diversa. 
Non mi riferisco solamente allo stile narrativo, ma anche e in particolar modo ai personaggi, alle loro caratteristiche di personalità, al loro spessore psicologico. L'autore delinea molto bene il carattere di Hester, una donna forte e coraggiosa, che si fa carico della lettera A, simbolo del peccato e che, da questa esperienza, riesce comunque a ricavarne un insegnamento per la piccola Pearl, frutto del peccato. È come se Hester e la sua lettera scarlatta fossero le uniche vere protagoniste del romanzo, non lasciando spazio a nessun altro, peccatore incluso. Pearl, il reverendo Dimmesdale e il medico Roger Chillingworth rimangono figure di contorno, poco influenti e appena abbozzate. Non a caso, infatti, si prova subito un senso di pena e tenerezza per Hester, costretta al patibolo davanti a tutta la città di Boston ma non si provano sentimenti, invece, per gli altri personaggi.
Dalle descrizioni dell'autore Pearl risulta, inoltre, un personaggio poco realistico, forse anche troppo costruito, perché agisce, parla e si muove come se non si trattasse di una bambina in tenera età. Ci ritroviamo, infatti, a leggere discorsi complessi e fin troppo articolati attribuiti ad una bambina di poco più di cinque anni (oltre ad averla trovata parecchio inquietante).
Un romanzo che non si fa leggere tutto d'un fiato, che non tiene incollati alle pagine e del quale, se non si vuole abbandonare prima di giungere alla fine dell'introduzione, la lettura va dosata: qualche pagina per volta, qualche giorno a settimana, senza fretta.

4 commenti:

  1. Mmh, commento interessante. Anche io avevo intenzione di leggere questo libro e penso proprio che accetterò il tuo consiglio di leggerlo 'a piccole dosi'... Ma cambiando argomento, qui c'è un premio per te:
    http://thereadingcorner-sere.blogspot.it/2012/05/premio-almohada.html
    Spero ti faccia piacere!

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  2. Ho riletto questo romanzo dopo qualche anno dalla prima volta, quando al liceo la prof ce lo assegnò da commentare. Concordo con quello che scrivi circa Hester, mentre non credo che Dimmesdale sia una figura vagamente tratteggiata, anzi io l'ho percepito come un personaggio messo in continuo confronto con Hester.
    Sperando che possa interessarti, qui trovi un mio commento all'opera.
    Buone letture :)

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    1. Ciao FormicaPigra (che nick carino)!
      Non so, forse perché mi aspettavo un altro tipo di romanzo e non per quanto riguarda la storia in sé ma piuttosto la velocità della narrazione. Lo so, è un classico, lo so è un romanzo della metà dell'800. Però, non so, non mi è piaciuto molto e ho avuto parecchie difficoltà nell'entrare a far parte della storia. È narrato tutto in modo così distaccato, senza che qualcosa riesca sul serio ad avvolgere il lettore (o meglio, è quello che ho percepito io, ma potrei sbagliarmi)... Nessuna curiosità nell'andare avanti con la lettura. Molto molto molto diverso da altri classici che ho letto e adorato. Niente, sarà che io e Hawthorne non siamo fatti l'uno per l'altra xD

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