giovedì 26 febbraio 2015

Traguardi importanti che vanno festeggiati con altrettanti giveaway importanti

E buongiorno!
È strano per me scrivere un post di questo tipo. Cioè, non un post di quelli completamente random, che non hanno né capo e né coda e nemmeno un vero e proprio argomento di riferimento. Quelli, lo sapete, li scrivo sempre e mi vengono anche particolarmente bene.
Un post di ringraziamento, dico. O meglio, un post di festeggiamento con ringraziamento. 
Dunque, vi racconto. Ieri sono uscita insieme a un amico, per cercare il regalo per il compleanno di un altro amico che, nello specifico, compie 30 anni (anche io ne compirò 30 a luglio, ma non pensiamoci. Io sono almeno 7 anni che compio 23 anni, nel mio cervello).
E mentre attendevo l'amico, perché io se non sono in anticipo di almeno mezz'ora non sono contenta, ho realizzato che il numero dei mi piace sulla pagina Facebook dedicata a questo spazio non ha fatto altro che crescere e crescere e crescere e crescere nell'ultimo periodo.
Questo blog è in piedi da tanto, in teoria dalla fine del 2011 ma in pratica da un periodo imprecisato del 2012 e ne ha viste tante. Ha visto anni più proficui e anni meno proficui, mi ha dato tanto, mi ha fatto perdere le staffe non poche volte – c'è da dire che la mia completa ignoranza per quanto riguarda il linguaggio html ha una sua fetta di colpa però eh –, mi ha fatto conoscere persone, mi ha persino fatto trovare un lavoro – il dettaglio che mi pagassero a mesi alterni non è rilevante. 
Ma mi ha fatta anche penare. A volte, confesso, ho anche pensato che avrei fatto bene a lasciar perdere questo blog, questo progetto, fino a data da destinarsi.
Perché, in fondo, sebbene io non abbia particolarmente cura di questo piccolo ammasso di immagini, lettere, codici html e non lo aggiorni con costanza... be', si tratta di qualcosa che, vuoi o non vuoi, impegna parte delle tue giornate. Anche quando non mi trovo seduta alla scrivania a scrivere, comunque penso sempre al blog. Il mio cervello formula pensieri continuamente: che rubrica potrei creare per il blog?; Mmm, di questa cosa non ne ho ancora parlato, potrei ciacolarne in un post oppure no?; Forse dovrei cambiare la grafica? 
E quando ti ritrovi a pensare al tuo blog anche quando non ce ne è davvero bisogno, ti accorgi che forse ha più un valore sentimentale che altro. È una piccola parte di me, me lo sento addosso. E, come tutte le cose che ci riguardano, come tutte le parti del nostro corpo, a volte ci piacciono e a volte no. Alcuni giorni vorrei essere più alta, altri più magra, in alcuni giorni vorrei avere un altro taglio di capelli, un altro colore degli occhi. Il blog è così, a volte vorresti non averlo o averlo diverso. Ma poi, invece, ti rendi conto che è tuo e gli vuoi bene così com'è. E io gli voglio bene un sacco bene al mio LibraAngolo Acuto, con le sue pecche e le sue mancanze. E mi stupisce ancora che qualcuno che non sia io passi di qui e mi legga perché, in un certo senso, un po' di bene al blog gli vuole anche lui/lei.
Mi stupisco ancora dei commenti, mi stupisco delle visualizzazioni. Sì, perché per me 472 mi piace su Facebook sono tantissimi (oggi diventati 475), per altri blogger sono bazzecole.
Per me si tratta di un traguardo che, assolutamente, non mi aspettavo. E mi sento di festeggiarlo insieme a voi che mi seguite. E quindi gaudio, nacchere, pignatte e palle stroboscopiche! È tempo di festeggiare! Alle feste alle quali partecipo va sempre a finire male perché, a un certo punto della serata, magari mi allontano con la bottiglia di vino bianco sotto l'ascella con molta disinvoltura, ma hey, le feste sono belle per questo, no? Perché c'è chi si alcolizza (io), chi balla in modo imbarazzante (per fortuna non io), chi rimorchia gente improbabile (purtroppo io).
Dato che, per ovvi motivi, non posso organizzare una festa vera e propria ho deciso di scrivere questa roba senza alcun senso e di metter su un giveaway.
Avrei voluto mettere in palio uno di quei libri di cui parlo il lunedì, perché sento che le copertine brutte mi rappresentano pienamente. Ma non sono così cattiva, non preoccupatevi. E poi avrei avuto davvero l'imbarazzo della scelta, sono tutti così orrendamente belli da mandare in crisi. 
Ho passato tutto ieri e parte della mattinata di oggi a pensare a quale libro potessi mettere in palio per poi decidere, saggiamente, che non voglio imporre niente a nessuno. 
E così, facendo un rapido calcolo di quanto avrei speso per un libro tascabile da mettere in palio, ho optato per un buono Feltrinelli da 10 euro. Sì, così potrete deciderlo voi il libro che vi ho regalato. Poi ditemi se è bello eh, mi raccomando. Ebbene sì, pure i giveaway li faccio proprio come mi sconfinfera e cioè a caso. 
Le regole per partecipare? Poche, semplici e tranquillone: basta essere lettori del blog e scrivere un commentino qua sotto, corredato di indirizzo mail, che mi comunichi che partecipate. Certo, sarebbe bello mettere insieme anche un pensiero filosofico sulla pace nel mondo tra i commenti, ma ve lo risparmio. Il giveaway scade domenica, enjoy!

lunedì 23 febbraio 2015

Photoshop non ti conosco, obbrobrio non ti temo, Paint ti amo – 23 febbraio/1 marzo


Gente,
questa settimana l'editoria nostrana ci offre ben poche pubblicazioni meritevoli di attenzione. Tra l'altro c'è questa moda, adesso, di far uscire l'ebook qualche giorno prima del cartaceo, cosa che mi crea non pochi scompensi. Già perché, come avevo anticipato su Facebook, sono munita di un'agenda all'interno della quale appunto – puntigliosamente – la data d'uscita dei nuovi arrivi in libreria. E questa cosa che esce prima l'ebook mi confonde, dato che sono riconosciuta dagli altri esseri umani per essere una rincoglionita senza pari.
Comunque, questa settimana poca roba, le pubblicazioni più belle sembra siano ad Aprile – ho già due/tre titoletti niente male segnati sull'agenda –, spero vivamente che la prossima settimana vada meglio.

Non lo so mica che problemi hanno alla Mondadori con le facce e le figure umane. Due settimane fa hanno allungato il tale in giacca e cravatta, questa settimana hanno sbiancato e allungato Ivy (qui la cover originale, dove le dimensioni di Ivy sono quelle giuste, e pure il colorito). Adesso sembra non solo che sia morta, ma che abbia anche un principio di tette a pera e i capelli bianchi. Non ce la fanno proprio a mantenere le proporzioni quando smanettano con Photoshop, eh! E dire che dovevano toccare i colori, e basta. Sono sempre più convinta che lavorino bendati, cliccando tasti a caso. Ma poi con cosa li hanno colorati i capelli? Con un pennarello indelebile? Senza nessuna sfumatura di colore, senza spessore. Una massa informe, all'inizio credevo fossero addirittura unti.
Pare, comunque, che Ivy – ci racconta la scheda – non sia una povera scema con le tette più brutte che abbiate mai visto e con una tonalità di rossetto che nemmeno le battone di Via Cristoforo Colombo, e che non sia nemmeno pronta per essere portata alla camera ardente più vicina. Dell'età non ci dicono nulla, ma la trama mi fa presupporre che quelle ciocche di capelli grigi siano fuori contesto. Dicevamo, Ivy ha le visioni, che però non sono visioni (eggià, proprio così), ma un mondo parallelo all'interno del quale è intrappolata la sorella. Non le crede nessuno, tranne un affascinante giovine (e te pareva? Qua tutti i vicini di casa boni c'hanno, nel mio palazzo su 35 famiglie, 30 so' composte da vecchi... Ho sbagliato mondo, mi pare evidente) che però "per un antico retaggio sarà obbligato a tradirla". Per scoprire cosa vuol dire questa frase e in che modo sia relata a quella precedente dovete spendere 14.90 €. Poi venitemelo a raccontare eh, sono curiosa.

Prendi lo screenshot che hai fatto della tua casa mastodontica mentre giocavi a The Sims. Fatto? Bravo, mo' sbiadiscilo, elimina completamente qualunque segno che possa farlo apparire tridimensionale. Tutto, mi raccomando, anche la profondità e la prospettiva. Adesso usalo come sfondo per una fantastica copertina. Scrivi il nome dell'autrice e il titolo in Book Antiqua e poi prendi la foto di una tizia che presenti gli inequivocabili sintomi del prolasso della vescica. 
Ecco qua, la combo perfetta per la storia di Thomas e Sandy: lui ricco e nobile, lei irlandese e basta – come fosse una cosa brutta poi, essere irlandesi. Si conoscono da sempre e notiziona: si odiano. Tranquilli, a pagina 80 si ameranno alla follia. Perché Thomas continuerà a essere ricchissimo se e solo se, guarda un po', sposerà Sandy. Già, sono queste le volontà del defunto nonno. Una copertina stupenda per una trama per niente citofonata. 
Un romanzo romantico imperdibile!1!!11 E non lo dico io, eh, badate bene, lo dice la scheda che riporta, in fondo, anche i mitici commentini anonimi presi da Amazon, credo. O boh, inventati di sana pianta, non lo sappiamo e non ci interessa. 
Giusto un appunto: gli occhiali da sole di plastica a forma di cuore c'erano già negli orrendi (e per fortuna ormai andati) anni '90 e sapete perché? Perché li regalavano con il giornalino di Poochie! Quindi mo' basta, chiaro? Siamo nel 2015, santa miseria. E quanti anni hai, dannazione? 8 per caso? Eh? Che esci con gli occhiali a cuore?! Santoddioh.

"E se un giorno scoprissi all'improvviso di non ricordare gli ultimi undici mesi della tua vita?". Questa è non solo la frase iniziale che ci riporta la scheda (eccezionalmente presa da Amazon, sul sito DeAgostini manco c'è sto libro) ma anche ciò che è successo a chi ha curato il progetto grafico. All'improvviso ha dimenticato gli ultimi undici mesi passati allo IED o all'Accademia delle Belle Arti ed è tornato a non saper utilizzare nemmeno Power Point.
E però il lavoro doveva consegnarlo ugualmente e quindi? E quindi niente, meno male che il coinquilino del grafico in questione tenesse in bagno i numeri di un paio di anni fa di Men's Health, accatastati proprio lì, tra il mobiletto della carta igienica e lo scopino. 
Un'occhiata veloce alla trama, una breve ricerca sui siti che vendono steroidi ai palestrati ed è fatta. L'effetto solito, ormai di gran moda a quanto pare, "facciamo che non si vede un cazzo" in questo caso è da apprezzare perché ci evita il distacco della retina a causa di strane colorazioni e figure scontornate coi piedi. Peccato, però, che non ci salvi dall'onda fucsia all'interno della quale un bel Garamond ci comunica il titolo. Un misto tra l'effetto pashmina 100% acrilico e un video musicale anni '90. Non so nemmeno come sia stato possibile anche solo pensarlo un connubio così. Comunque, questo tipo qui non lavora in palestra ma è Nate, un musicista bello e dannato che possiede le chiavi di casa della nostra amica Hanna che, proprio come il grafico, si sveglia in ospedale, più snella che mai (veramente?! Veramente l'autrice ha scritto sta cosa? Vabbè), senza alcuna memoria degli undici mesi passati. Ah e, ovviamente, in procinto di sposare l'uomo dei suoi sogni. Si ritroverà, quindi, non come la donna comune a dover scegliere il giorno migliore per farsi la ceretta prima di prendere del tutto le sembianze di una foca monaca, no... Ma si ritroverà a dover scegliere tra il bello e dannato e l'uomo perfetto, povera stellina.  Una mazzata sulle gengive nessuno gliela dà però a questa cretina, no eh?


Tante pashmine di puro acrilico e mazzi di impegnative per una visita urologica per voi!

giovedì 19 febbraio 2015

Recensione La strage dei congiuntivi

Buonasera, buonasera!
Ci ho messo secoli, dei secoli, dei secoli amen per scrivere questa recensione ma ce l'ho fatta. Mi perdonino i guerrieri dell'Ars Grammatica perché non possiedo la loro stessa proprietà di linguaggio. Ma, d'altronde, nemmeno lo pretendo. Non sono pazza, tranquilli. È che dopo aver letto questo libro ho cominciato a pensare a quante parole io conosca che non ho mai avuto occasione di utilizzare. E questo non solo perché dimentichi di conoscerle, ma anche e soprattutto perché non ne ho mai l'occasione. Dovrei fare più spesso discorsi simil-impegnati con la gente, così potrei usare per la prima volta in vita mia la parola... che so io, broncospasmo. Comunque, niente, mi sono ripresa – come potete vedere – ma il mio corpo si sta lentamente decomponendo. Mi sento in forma come se mi trovassi in una puntata di The Walking Dead, e di certo non interpreterei uno degli esseri viventi.
Non dilunghiamoci, eccovi la recensione!


Titolo: La strage dei congiuntivi
Autore: Massimo Roscia
Editore: Exòrma Edizioni
Pagine: 321
Prezzo: 15,50 €
Il mio voto: 4 piume

Trama 

Chi ha ucciso l’assessore alla cultura? Ma, soprattutto, chi salverà la grammatica? Cinque bizzarri personaggi, abilmente descritti, si uniscono per mettere in atto un grande disegno criminoso a difesa estrema di una lingua quotidianamente vilipesa, deturpata e ferita a morte. I congiuntivi vengono invertiti con i condizionali, i verbi intransitivi goffamente resi transitivi, i gerundi sfregiati, i sinonimi ignorati, i troncamenti confusi con le elisioni, i vocabolari abbandonati nelle cantine ammuffite. Reggenze errate, fastidiose sovrapproduzioni di avverbi, insopportabili diminutivi iperbolici. Espressioni trite e banali, frasi mangiucchiate, difettose, frammentate, incoerenti, prive di punteggiatura… I più si mostrano indifferenti al progressivo diffondersi della non-lingua; altri si indignano, limitandosi a contrarre le labbra in segno di disgusto; altri ancora – Dionisio e i suoi sodali, un analista sensoriale, un bibliotecario, un dattiloscopista della polizia e un professore di letteratura sospeso dall’insegnamento a tempo indeterminato – decidono di reagire, combattere, attuare il loro salvifico piano, costi quel che costi.

La recensione

La strage dei congiuntivi è e non è un noir ed è e non è un romanzo. Non del tutto, almeno.
Quel che è certo è che racconta, servendosi di un linguaggio accurato e con un utilizzo attento e sapiente di argomenti e vocaboli, la storia di cinque improbabili personaggi impegnati nella lotta contro l'imbarbarimento della lingua italiana. Il tutto condito da una buona dose di sottile ed erudita ironia.
Un bibliotecario, un professore di letteratura sospeso dall'insegnamento a causa di alcuni problemi mentali – rilevanti aggiungerei –, un dattiloscopista della polizia e un analista sensoriale, normalmente, non presenterebbero alcun tratto comune. Normalmente, appunto.
Ne La strage dei congiuntivi, questi apparentemente anonimi personaggi condividono una forte e bruciante passione: la lingua italiana. 
Si può avere una passione irrefrenabile per l'Ars Grammatica? Sì, il mio professore di italiano, latino e greco al ginnasio ce l'aveva. E la difendeva a spada tratta, maltrattando chiunque sbagliasse un congiuntivo, usasse casualmente i condizionali, sbagliasse a utilizzare apostrofi e accenti, facesse un uso sconsiderato e non ponderato delle consonanti cedendo all'accento della propria zona d'appartenenza (lui, il mio docente, chiamava questi individui "i dinghete e donghete*"). 
Certo, il mio insegnante del ginnasio non ha mai pensato di punire fisicamente chi, per ignoranza o arroganza, maltrattasse la lingua italiana.
I personaggi della storia di Massimo Roscia, invece, decidono di agire; il primo a farne le spese sarà Gross Donkey, assessore comunale alla cultura, reo non solo di parlare una lingua che, neanche lontanamente, è paragonabile alla lingua italiana ma anche di aver partorito un piano di "ottimizzamento" delle risorse, chiudendo persino la biblioteca comunale. Perché Gross Donkey, come tanti altri nel mondo – purtroppo! – pensano che con la cultura non si mangi, né si facciano soldi e che quindi, giustamente, non è un settore fondamentale per la vita di una piccola cittadina e per la società. L'asfalto lo è, il turismo di massa lo è, gli appalti per i centro commerciali e l'abusivismo edilizio lo sono.

lunedì 16 febbraio 2015

Photoshop non ti conosco, obbrobrio non ti temo, Paint ti amo – 16/22 febbraio


Buonasera!
Vi scrivo dall'oltretomba che, nella fattispecie, è costituito da montagne di starnuti, occhi lacrimevoli, produzione di muco h24, mal di testa bastardi e latenti.
Sto male, sto così male che non ce l'ho fatta né domenica né stamattina a scrivere il post del lunedì. Per cui questa settimana, in via del tutto eccezionale, Photoshop non ti conosco, obbrobrio non ti temo, Paint ti amo esce di sera. Scusatemi, ma guardare lo schermo del pc fino a ieri era impensabile (e anche adesso, tutto questo bianco... Sento che diventerò cieca prima della fine del post).
Leggo, con la lentezza che mi contraddistingue quando si parla di libri in inglese – ma cioè, a un certo punto della propria vita, si diventa più spediti a leggere in un'altra lingua, vero? Perché mi sento impedita – Library of the dead di Glenn Copper e al momento non mi entusiasma tantissimo. Si legge bene, scorrerebbe di certo più velocemente se lo stessi leggendo in italiano, la voce narrante è accattivante e simpatica (sì, sì, dico proprio simpatica), ma mi rendo conto che non è il mio genere di lettura preferito. E non capisco se ciò accade perché si tratta di un thriller/giallo (non ne ho letti moltissimi nella mia vita) o se perché si tratta di un thriller/giallo a sfondo storico. Insomma, non so dire con certezza quale dei due elementi non mi fa appassionare alla storia.
Ma questa settimana abbiamo tante belle cose di cui parlare che non sono né la mia malattia (sento i trent'anni dietro l'angolo, non c'è più giovinezza in me), né il giallo storico.

Vi ricordate di Miranda, no? Il manichino dell'Oviesse che avevano utilizzato per la copertina del precedente volume?
A parte che questa è la saga più veloce della storia delle saghe. Due volumi in due mesi, altro che George R. R. Martin e Il trono di spade. Meglio C.D. Reiss (io, ragà, sul serio non ce la faccio a chiamarla CD a 'sta tizia, proprio no)... Dicevo, meglio la Reiss, tutto cotto e mangiato.
Torna l'indecisione "caps lock oppure no? Questo è il dilemma" e si opta per un po' sì e un po' no e torna anche il raso che non si sa da dove parte e dove arriva. A questo punto mi viene da dire che la scelta dell'effetto "facciamo che non si vede un cazzo e clicchiamo il tasto "riempi" con il nero" è l'unica cosa sensata fatta nella realizzazione delle copertine di tutta la serie. 
Inutile parlare dell'ansia che mi trasmettono i sottotitoli "mi vorrai", "mi cercherai" in abbinamento alle mani di plastica su sfondo nero. Più che una serie di libri erotici a me sembrano dei libri horror...
Io più le guardo più mi viene in mente La maschera di cera che, per chi non lo sapesse, racconta la storia di due tizi – chiaramente squilibrati – che trasformano le persone comuni in statue di cera. Da vive. Ora, alla luce di questi nuovi indizi e di ciò che frulla nel mio cervello, quel "mi cercherai" e le mani di plastica in copertina non mettono ansia anche a voi? Comunque avevamo lasciato Monica che non voleva darla più a nessuno, nemmeno al suo capo (!!) perché voleva diventare famosa. Ovviamente non ci è riuscita a tenere le gambe chiuse (e te pareva!) e per le 223 pagine precedenti ci ha dato dentro. Anche in queste 266 pare non accada altro, dice la scheda. Mi complimento per la forza di carattere, brava Monica. 

lunedì 9 febbraio 2015

Photoshop non ti conosco, obbrobrio non ti temo, Paint ti amo – 9/15 febbraio


Buongiorno!
Oggi, proprio, l'allegria galoppante. Sarà che a Roma, dopo la stagione delle piogge della scorsa settimana, è finalmente giunto il sole.... Sarà che ieri ho passato una bellissima giornata, sarà che l'ottimismo mi pervade non poco ma sono felice. Soprattutto perché è lunedì ed è tempo della mia rubrica preferita. Lo so che l'ho inventata io e che è autocelebrativo manco poco dire che è la mia preferita, e però è così.
Dopo la puntata speciale della scorsa settimana, creata perché non vi erano pubblicazioni italiche degne di nota, Photoshop non ti conosco, obbrobrio non ti temo, Paint ti amo torna alla normalità. Tante cose brutte, ma brutte brutte brutte questa settimana. Ma così brutte che guardate, eccezionalmente, potrei quasi quasi cominciare subito a parlarvene senza, per una volta, perdermi in inutili chiacchiere. 
Vi dico solo che dalla scorsa settimana mi è venuta voglia di andare al Salone, di sentirmi a casa, nel mio habitat. La gente d'inverno sogna il mare, il caldo, i tramonti sulla spiaggia. Io no. Io sogno il Salone. Ognuno c'ha i suoi limiti.
Ma basta, basta. Ho già impiegato troppe righe per non dire nulla.

Io, fossi in Davide Roma, mi offenderei. No, perché, già un tipo con la zazzera lo avevano piazzato nel suo precedente romanzo (vedere per credere) e non è che il risultato fosse poi così bello. Poi, al posto di migliorare, prendono uno che somiglia in modo che oserei definire inquietante a Nino D'Angelo da giovane e lo piazzano con una donna parzialmente nuda su una copertina di un libro che pare parlerebbe (copio dalla scheda) di un tale dalla natura non totalmente umana che ha dovuto lasciare scuola, amici... Vabbè, non me lo ricordo, chiaro? Mi sono annoiata alla terza riga. 
E comunque niente, non si accenna mai a Nino D'Angelo in questo romanzo che, tra le altre cose, non è nemmeno ambientato nei quartieri spagnoli, ma in America. E no, non ci sono campano-americani come protagonisti. 
Poi, se ingrandite bene l'immagine presente nella scheda di Sperling & Kupfer, vi accorgerete che il tipo zazzera-munito ha l'ombretto. Il motivo è sconosciuto. Si vede che si usa tra i fan di Nino. 
Che dire, in ultimo, del fascio di luce azzurra? tulle scadente? avanzo dei confetti della bomboniera per la nascita di vostro nipote? quella roba lì, insomma, dove lei è avvolta? Ma vi è avvolta? O è solo appiccicato lì?! Eh, che dire? Non lo so che vi devo dire, sono troppo impegnata a sentirmi male.

mercoledì 4 febbraio 2015

Recensione – in anteprima – Il libro dell'amore perduto

E buongiorno!
Finalmente posto una recensione da queste parti ché, sì è bello anche cinciallegrare di libri in senso trasversale, ma recensirli ogni tanto non è male.
Oggi vi parlo de Il libro dell'amore perduto di Lucy Foley, di prossima pubblicazione per Neri Pozza (lo troverete in libreria per la fine di questo mese).
Ne approfitto per dirvi che ho iniziato la lettura di La strage dei congiuntivi di Massimo Roscia, di cui sono venuta a conoscenza a Più libri più liberi che mi garba non poco e, in teoria, dovrei anche far parte del gruppo di lettura con DeLillo ma temo non sia il suo momento.
Questo per dire che dal mese prossimo mi prendo una pausa dai seicento gruppi di lettura ai quali partecipo perché, praticamente, da quando è iniziato l'anno ho letto solo libri in un certo senso "imposti". E, onestamente? Non fa per me. Non so come facciano quei blogger che ricevono vagonate di libri dalle case editrici da recensire entro un certo periodo. A parte che questo ti obbliga, in un certo qual modo, a leggere solo libri di recente pubblicazione... E poi se non è il periodo adatto per leggersi, che so io, un giallo? Che si fa? No no, non potrei mai. 
Mi sentirei come da Blockbuster, dove il film più vecchio che trovavi risaliva a quattro anni prima. Desolante. In tutto questo il fioretto procede bene, con un'unica sbandata però necessaria (poi, quando vi parlerò del libro in questione vi spiegherò perché). Comunque devo dire che il fioretto certamente mi evita di accumulare altri libri da leggere oltre agli ottocentomila che possiedo già, ma non contribuisce allo smaltimento dato che partecipo ai gruppi di lettura o leggo libri presi in biblioteca. Me lo sentivo che c'era qualcosa che non andava in questo fioretto, dovrei gestirlo meglio. Non acquistare comunque, se non per gli altri – il mio vecchio, nello specifico –, sicuramente fa bene alle finanze. E ai to be read presenti in casa che non diminuiscono ma nemmeno aumentano. Ma veniamo a noi, ché io sono logorroica e ogni volta faccio un'introduzione di un secolo e mezzo. Il libro dell'amore perduto di Lucy Foley.

Titolo: Il libro dell'amore perduto
Autore: Lucy Foley
Editore: Neri Pozza
Pagine: 368
Prezzo: 18 € (disponibile dal 26 febbraio)
Il mio voto: 3 piume

Trama

Kate è una giovane fotografa che ha appena perso la madre, la famosa ballerina June Darling. Come se quel dolore non fosse già abbastanza, sua nonna Evie le rivela che June non era figlia sua, ma le era stata affidata da una signora che voleva restare anonima. Kate è sconvolta: deve assolutamente saperne di più. Partendo da una serie di lettere che la madre biologica aveva scritto a June fingendosi un’ammiratrice, e da un disegno firmato dal celebre artista Tom Stafford che ritrae una donna misteriosa, Kate decide di rintracciare Tom e chiedergli se la donna del ritratto è la sua vera nonna. Tom Stafford, però, è uno degli artisti più famosi d’America, mettersi in contatto con lui non è una cosa da poco. Quando Kate, però, mostra il ritratto alla sorella di Tom, lei decide di aiutarla e le dà l’indirizzo di una casa in Corsica, dove il fratello le svelerà la verità. Tom e Alice (così si chiama la protagonista del ritratto) erano stati vicini di casa da bambini, ma si erano persi ed erano tornati a incontrarsi prima nel 1928, a Londra, e poi di nuovo nel 1939, a Parigi. Il mondo è molto diverso da quello della loro infanzia. Il crollo delle borse ha ridotto alla fame molte famiglie e per le strade c’è chi parla di una Seconda Guerra mondiale alle porte. Eppure loro si sentono ancora innamorati come allora. Allora perché, come racconta Tom, Alice lo ha lasciato senza una spiegazione? Serviranno altre ricerche, per scoprire che Alice se n’era andata per occuparsi della figlia che portava in grembo (June), e lasciare a Tom la possibilità di diventare il grande artista che aveva sempre sognato. Il libro dell’amore perduto – i cui diritti sono già stati acquistati in più di dieci paesi – è un romanzo straordinario, pieno di poesia, che segue le vite di due innamorati attraverso l’Europa del Novecento. Ricostruendo epoche e atmosfere con l’abilità di una storica, e consegnandoci una delle più belle storie d’amore scritte negli ultimi anni, Lucy Foley ci parla di quelle esistenze che continuano a sfiorarsi, ma sono destinate a perdersi; e dell’amore più puro e infinito che esista: quello che poteva essere e non è stato.

La recensione

Il libro dell'amore perduto, in inglese The book of lost & found, viene presentato come un romanzo avvincente e selvaggiamente romantico. Ammetto di essere, in parte, in disaccordo con questa definizione lanciata dal Daily Mail e riportata in copertina.
Si tratta, senza ombra di dubbio, di un libro molto romantico e, forse, la scelta di definirlo "selvaggiamente" romantico è più che azzeccata. Purtroppo, però, Lucy Foley non ci narra una storia che io definirei avvincente.
Kate, fotografa rimasta orfana di madre da pochissimo tempo a causa di un incedente, viene a conoscenza di un segreto che riguarda la sua famiglia d'origine. Evie, nonna adottiva, in punto di morte le confessa di aver tenuto nascosto a June – madre di Kate e famosissima ballerina classica – di essere stata un tempo contattata da una donna, Célia, la quale sosteneva di essere la madre biologica di June. Evie, però, non ha mai avuto il coraggio di ricontattare quella donna, per paura che June ne rimanesse ferita e che Célia non fosse altro che un'arrivista, intenzionata a servirsi dell'enorme successo ottenuto da June fino a quel momento.
Kate, quindi, decide di indagare nel passato di della madre e, rovistando tra vecchie lettere, entra in possesso di un disegno che ritrae una donna che somiglia in modo incredibile alla madre.
Quel ritratto, scoprirà successivamente la nostra Kate, è stato fatto da Tom Stafford, famoso pittore, agli inizi della sua carriera. Kate, decisa più che mai a scoprire la verità, si imbarcherà in un viaggio che la porterà a scoprire la Corsica, Parigi e, infine, New York e che si rivelerà essere non solo un viaggio attraverso diversi Paesi ma, soprattutto, un viaggio attraverso il tempo e i forti sentimenti.
Fin qui tutto bene, la storia presentata dall'autrice – sebbene non si possa dire sia particolarmente orginale – è interessante e si pressuppone, già dalle prime pagine del romanzo, che verrà raccontata una storia d'amore a dir poco travagliata. D'altronde, la scelta del titolo non è casuale.
Qualcosa, però, nella costruzione del romanzo non ha funzionato. Non si tratta dello stile dell'autrice, molto semplice e che non si lascia andare a inutili descrizioni di luoghi o paesaggi non strettamente necessari. Non si tratta nemmeno dell'intreccio narrativo, seppure un po' troppo lineare per i miei gusti. Purtroppo, e mi dispiace davvero tanto dirlo perché volevo che questo libro mi piacesse più di "così-così", ho trovato tutto troppo scontato e prevedibile.

lunedì 2 febbraio 2015

Photoshop non ti conosco, obbrobrio non ti temo, Paint ti amo – special edition



Amici, che piacere essere di nuovo da queste parti!
C'è stato il rischio che questa settimana non scrivessi niente. "Perché?" –  direte voi. Eh, perché questa settimana sembra che non ci siano libri dalle brutte copertine in libreria. Cioè, no. Se entri in libreria vieni praticamente investito dall'enorme quantità di libri con le copertine brutte.
Qualche sera fa sono entrata in una libreria di catena, di cui non farò il nome Ibs.it, con un mio amico e all'ingresso ho dovuto quasi chiudere gli occhi per non essere accecata dalle oscenità degli young adult che luccicavano, tronfi, nelle loro orrorifiche cover plastificate. Ho proseguito praticamente a tentoni verso i libri per adulti e ho sicuramente riportato dei danni permanenti alla retina.
Ma, dicevo. Questa settimana non troverete nuovi volumi dalle copertine brutte perché si dà il caso che esca solo l'ultimo libro della Sánchez. Che, rispetto ad altri libri, ha una copertina accettabile, anche se da Garzanti c'è ormai una svendita di petali e foglie dall'anno scorso che, pare, non sia ancora giunta al termine. Vi porto degli esempi, perché sennò sembra che sono la solita esagerata. Questa è la copertina di Le mille luci del mattino, ultima fatica della nostra Clara (ho messo questa immagine così potete vedere bene l'alluce che la tipa sfoggia al posto del pollice), questa invece è la copertina di Il sentiero dei profumi (che poteva essere fatta meglio, ammettiamolo), Il profumo delle foglie di limone, La voce invisibile del vento, Entra nella mia vita, Le cose che sai di me, La città delle ribelli e mi fermo qui ché non posso perdere tempo dietro il catalogo Garzanti. Poi sennò dovrei aprire una parentesi sui titoli e non ne ho voglia. Comunque, sto tubrinio di foglie, parchi, alberi e piste ciclabili finirà prima o poi, mi auguro.
Comunque, dato che il mercato italiano non ci offriva granché, ho deciso di metter su un'edizione speciale di questa rubrica. Siori e siore, vi presento Photoshop non ti conosco, obbrobrio non ti temo, Paint ti amo foreign edition!

Dunque, Tide è il secondo volume della trilogia di Sarah Midnight scritta da Daniela Sacerdoti, che è italiana ma viene pubblicata in Inghilterra. Questa ragazza con gravi problemi agli arti superiori, le labbra rifatte da un macellaio e un più che pronunciato strabismo di Venere è Sarah Midnight, per l'appunto, cacciatrice di demoni dalla nascita. Il motivo per cui indossi una camicia da notte non è ben chiaro, come non lo è il mare? il deserto? la strada? che le fa da sfondo. 
La testa inquietante che vedete tra le scogliere (??) in alto a destra e che aleggia lì, poggiata proprio sul nulla cosmico, non è la versione maschile di Mirtilla Malcontenta ma Nicholas il quale, dice la scheda, è enigmatico e a quanto pare proprio irresistibile.
Ora, la trama è più o meno inesistente proprio come lo sono i fantasmi nella storia, quindi non riesco a capire perché a sto poveraccio gli hanno tagliato la testa e lo hanno reso trasparente. Il fatto che si trovi sulle montagne, o scogliere o semplicemente rocce forse si tratta di un indizio. Il vero mistero, però, è come sia possibile riempire 416 pagine di nulla perché, io ve lo dico, sono logorroica ma 416 pagine so' proprio tante pure per me. Comunque, per fare un favore all'umanità e contribuire alla scienza, ho preso questo libro e anche il primo della trilogia. Ché, ecco, io sono curiosa e poi i fantasmi me so' sempre piaciuti, se lo sono per finta ancora meglio. Poi l'effetto 3 di spade sul titolo è una roba così di classe che non ho saputo resistergli. Tranquilli, non preoccupatevi voi non amanti della lingua inglese, la Newton Compton ha iniziato a pubblicare la nostra Sacerdoti qui in Italia. Contenti? Io na cifra.

A parte che adesso voglio sapere da voi cosa cazzo avrà mai fatto di male Nicholas, decapitato a ogni piè sospinto e messo sempre sulla cima di qualche cosa. 
E poi, lei chi cavolo è? Non è la tizia di prima, sebbene presenti gli stessi problemi fisici agli arti superiori e la stessa identica e brutta, bruttissima, camicia da notte. Doveva esserci un'offertona al mercato, un 3x2 o anche un "Signora, se ne porta via dieci le regalo cinquanta euro". E poi cosa fa? Annega? Il corpo non è nemmeno sfumato, è tranciato di netto in mezzo al nulla... Vabbè, ma io ancora che mi stupisco e sto qui a parlare di una copertina che presenta solo la testa di uno dei personaggi.
La scheda parla addirittura di alcune amiche di Sarah che, ragazzi, io non so proprio da dove siano uscite fuori dato che nel volume di prima non se ne faceva menzione. Ma, ad ogni modo, la cosa più importante è il riferimento alle "antiche foreste della Polonia", quindi ecco spiegati gli alberi che reggono la testa del povero Nick. Mi fa piacere notare che almeno non è più nella sua versione fantasma, poveraccio. Non so voi ma ci vedo tanta Leggereditore in questa copertina, ho avuto un déjà vu tra uccelli pipistrelli e persone decapitate...

E niente, poi girando qua è là su Amazon trovi la ragazza piovra con la camicia e l'angelo con le mutande da centurione in un'unica copertina. Non solo, in un unico romanzo! Ma, dico, scherziamo? È imperdibile.
Joey W. Hill scrive solo libri poporno che spesso includono due vampiri e una donna, lo schiavo della regina dei vampiri, angeli e sirene (??), angeli e piovre.
Quindi, la piovra in camicia si chiama Mina – poi mica ho capito se è una piovra. Idee? Suggerimenti? – e pare sia innamorata del centurione David, nato da un essere umano e un angelo. Vabbè, sentite, la trama non me la ricordo tutta, quando guardo questa copertina vengo distratta dalla pioggia torrenziale, dal centurione in mutande che è chiaramente Mitch di Baywatch con una saetta (??) in mano, dal font del titolo, da quella doppia W nel nome della scrittrice che, non so perché, sembra troppo più grande delle altre lettere.
Le ali di Mitch, poi, emettono luce per caso? Non capisco quel vortice più chiaro perché è solo da un lato... Forse è il vento, l'aura, la luce divina? Ma poi dove diavolo stanno, sospesi nel nulla nel bel mezzo di una discarica a cielo aperto? Scusate, quello sulla sinistra è un mucchietto di monnezza? Mi pare un materasso abbandonato a me... Io comunque non voglio saperne niente, qui c'è la scheda, vedete un po' voi se volete davvero leggervela, c'ha pure il coraggio di costare 15 dollari sta cagata.

Al prossimo lunedì e, nell'attesa, mille cascate di teste mozzate e seducenti piovre in camicia per voi!