lunedì 30 marzo 2015

Photoshop non ti conosco, obbrobrio non ti temo, Paint ti amo – 30 marzo/5 aprile


Questa settimana ho dovuto fare una cernita, le uscite tremende erano così tante – ve l'ho detto, è la primavera – che avrei dovuto scrivere un post lunghissimo. E lunghissimo, per me che sono logorroica e scrivo sempre tanto è veramente, ma veramente lungo.
Ho terminato Il tuo meraviglioso silenzio, libro letto perché tutti ne parlavano benissimo, gente che addirittura gli assegnava 5 stelline più 5, cose cose cose da pazzi. E niente, boh. Sì, per essere un libro per adolescenti va anche bene, sicuramente meglio di Uno splendido disastro, ma poteva pure essere scritto e strutturato in modo migliore, ecco. Ne parleremo approfonditamente in un altro momento, spero. Ieri sera, prima di crollare miseramente, ho iniziato E le stelle non stanno a guardare di Loredana Limone di cui ho letto belle cose in giro. Vediamo un po'.
Intanto, il post sui vaneggiamenti dell'editoria che ho pubblicato l'altro giorno (e che trovate qui) non ha avuto il riscontro sperato. Mi aspettavo che qualcuno venisse a dirmi che avevo torto o ragione o che mi deliziasse con le proprie esperienze. E invece no.
Ma vabbè, nessuno è perfetto. Tranne i libri che vi presento oggi. Perfetti nella loro bruttezza. Pronti?

Sdraiati su un folto prato di stevia, Jos e Dusty... Dusty? Davvero qualcuno chiama il proprio figlio con un nome che inneggia alla polvere? 
Vi dirò una cosa. In dialetto siculo – almeno nel mio paese d'origine – le pallette di polvere che trovi solitamente sotto il letto (avete presente?) si chiamano "racche" che, giuro, è una parola che non ha il corrispettivo in italiano. Alla luce di ciò, Dusty cambierà nome per noi. Dicevamo... Chelsea M. Cameron ci racconta la storia di questi due tizi sdraiti su un folto prato di stevia, che sono Jos e Dusty, per gli amici Racca. A Jos, non si sa perché, crolla il mondo addosso e dopo 9 mesi, successivamente al  trasferimento a casa della sorella e dopo aver anche cambiato college, incontra Racca, "il tipico bad boy che si è prefissato di farla uscire dal suo guscio". Ma Racca nasconde un terribile segreto che riguarda proprio il giorno in cui a Jos è crollato il mondo addosso. Diventeranno amici? Amanti? Si odieranno? Consumeranno stevia insieme? Non si sa, per saperlo dovrei chiedere alla Mondadori una copia del libro e, voglio dire, non c'ho proprio il tempo materiale. Peccato, però, perché ero curiosa di sapere perché Jos indossa una maglia fatta con la carta crespa, quella che usano i fiorai per i bouquet, e perché ha il corpo evanescente. Va bene la spalla smarmellata vicino alla scritta, lì c'è uno smarmellamento generale. Ma l'altra spalla perché è smarmellata? Mistero. Si vede che il grafico aveva voglia di smarmellare a caso e già che c'era... 
L'angolazione di questa foto c'è poco da argomentare, fa proprio cagare.

Quando i grafici fanno le poracciate convinti che nessuno se ne accorga me fanno tajà. Sapete perché? Perché, probabilmente, le persone over 50 a cui hanno fatto vedè questa cover non hanno notato nulla di strano. Nemmeno che – l'immagine è piccola qui e non si vede, ma potete ingrandirla qui – la mano destra della nostra amica presenta evidenti segnali d'essere stata ritagliata male.
Vi ricordate il progetto fotografico di quel giovine che porta la fidanzata in giro per il mondo e la fotografa sempre da dietro, mentre lei gli tende la mano? Ecco, questa tizia me la ricorda veramente troppo. Ora, non voglio pensare male, assolutamente. E però me ce portate, scusate eh. Almeno cercate di non fare tutto bidimensionale, sfondo incluso. Lei, tra le altre cose, sculetta manco poco. Mai vista una persona normale camminare così, con le gambe completamente unite, il busto che si muove così violentemente che per fortuna non c'è nessuno dietro sennò, con quel braccino scheletrico, gli aveva tirato un pugno.
Domani 'sta tipa, che per la cronaca si chiama Tess, avrà dolori in tutto il corpo come minimo, come se avesse scalato un quadro svedese. Mettite i plantari cara, se c'hai di questi problemi.
Ma, direte, perché questo libro si chiama Il profumo delle mele rosse? (Io, comumque, il profumo delle mele rosse non l'ho mai sentito. Diciamo che le mele non è che siano poi così profumate) Eh, si chiama così perché Tess di mestiere scova tesori dal passato dei clienti, proprio lei che un passato vero non ce l'ha, con un padre non pervenuto e una madre che sta sempre in viaggio. Fino a quando, da un nonno mai incontrato (??) eredita un meleto e una sorellastra (??). Certo, perché tutti hanno parenti che lasciano in eredità cose/case/meleti ai nipoti che non hanno mai conosciuto. La sorellastra, invece, che magari s'era fatta il culo ad aiutare il povero vecchio, non riceve niente. Me pare giusto. Tess non solo è una sgorbia, ha pure il coraggio de fà la parassita, brutta arrivista che non è altro. La storia di Tess, l'arrampicatrice sociale, la trovate qui.

Prendi una foto di Ian Somerhalder di questo servizio fotografico e taglia via proprio la faccia, così non si vede chi è (sono convinta sia lui, riconosco la mascella). Poi prendi una foto di quel cretino che faceva il lupo mannaro in Twilight (oh, stesso profilo, mica dico così per dire) e unisci i loro bicipiti fino a crearne uno unico (ma perché? Cosa mi starebbe a rappresentare? Potere del braccio di luna, vieni a me?! Ma io proprio non lo so). Poi, come sfondo, usa la faccia di una tipa qualunque che interpreti la parte di Hanna, la ragazza divisa tra due amori, con il cuore spezzato a metà. Avevamo lasciato la nostra Hanna in ospedale, in compagnia del grafico che si è occupato della scorsa copertina e pure di questa, senza memoria alcuna degli undici mesi passati. Confusa e felice si ritrovava divisa tra il dannato Nate in possesso delle chiavi di casa sua (??) e un uomo che stava per sposare (che, a occhio e croce, sarà il ritaglio di Ian Somerhalder). In quel libro non deve essere successo davvero un cazzo, dato che anche la trama di questo è uguale a quella, con l'unica eccezione che pare che Hanna sia incinta – ma non sa di chi dei due – e abbia aperto una pasticceria grazie a un anonimo investitore. Occhio Hanna, te lo dico, al prossimo libro si presenta il sosia di Mr Gray e se già scegliere tra due è difficile, con tre so' cazzi veramente. Ma pare che alla nostra amica non importi granché, lei vuole afferrare "il proprio scampolo di felicità". SCAMPOLO? Veramente c'è scritto SCAMPOLO di felicità?! Ok, va bene. Io c'ho uno scampolo di orrore adesso, quindi è meglio che non mi esprima. Voi, che avete ancora uno scampolo di ottimismo, potete invece leggervi la scheda o addirittura acquistare il libro per poi farmi sapere com'è. Oppure no.

giovedì 26 marzo 2015

Che fine faranno i libri? Chiacchierata, a senso unico, con un addetto ai lavori

Buongiorno!
È da ieri sera/notte che penso se sia il caso o meno di scrivere questo post. In effetti è passato giusto un po' di tempo dall'ultimo mio post che riguarda i Vaneggiamenti sull'editoria e, quindi, è forse il caso di rimediare. No? No. In verità se ne poteva fare tranquillamente a meno perché non è che se io parlo di ciò che non mi sta a genio dell'editoria, qualcuno mi legge e dice "ah, però, sta tipa è ganza" e fa qualcosa per cambiare i meccanismi che non vanno. No. In sostanza, come fu per il post Il mercato editoriale lo fa chi (non) legge, me la canto e me la suono. Ma vabbè, tanto al momento non ho niente altro da fare e quindi... Cantiamocela e suoniamocela.
Quando mi sono iscritta al corso in correzione bozze, che mi è piaciuto tantissimo frequentare ma che – all'atto pratico – non ha alcuna utilità dato che pare non fregare niente a nessuno che tu l'abbia frequentato, mi hanno suggerito alcuni saggi da leggere. 
Ora, chi mi conosce lo sa: non amo particolarmente i saggi. Non che siano noiosi o cosa, solo che ne ho letti fin troppi all'università (tra i 4 e i 5 libri per ogni esame) e sebbene fossero interessanti – ché altrimenti non avrei scelto quella facoltà – spesso rubavano tempo ai romanzi belli. E allora, adesso, faccio sì che i romanzi belli rubino tempo ai saggi. Tranne qualche volta. 
È il caso, questo, di Che fine faranno i libri? di Francesco M. Cataluccio, un libriccino (60 pagine!) edito da Nottetempo Edizioni. Mi era stato consigliato, dicevo, al corso in correzione bozze, insieme ad altri libri (alcuni letti, altri no). 
La copia in mio possesso è del 2010 (ma non credo sia stato rivisto e aggiornato), per cui risulta un po' vecchiotto. Purtroppo, quando si scrivono libri sui social network, su internet e sugli ebook, è bene aggiornarli almeno ogni anno dato che l'evoluzione di questi strumenti è talmente tanto veloce che, con i tempi biblici dell'editoria, appena un libro viene pubblicato è già sicuro cambiato qualcosa.
Tra l'altro, per chi è abbastanza addentro al mondo dell'editoria, Che fine faranno i libri? non si rivela essere una lettura da fare necessariamente, anzi. Ma, a differenza di altri libri che parlano di ebook, mi ha offerto tanti spunti interessanti per creare questo post. Conosco poche persone con le quali intraprendere una discussione di questo tipo dal vivo, per cui mi tocca ammorbare chi passa da questi lidi per leggermi. 
Francesco M. Cataluccio, nel suo piccolo saggio, ci parla di ciò che – probabilmente – accadrà ai libri quando i computer e gli ebook (con ciò che ne consegue, smartphone, tablet eccetera) prenderanno il sopravvento. Inutile precisare che, leggendo libri di questo tipo, si ha sempre l'impressione di leggere la scenografia di una sorta di Ritorno al futuro che, se per alcune cose può averci anche preso, per altre diciamo che siamo lontani anni luce. Sono quindi convinta che, prima che la carta sparisca del tutto comportando un risparmio sulla cellulosa e lasciando spazio alle foreste (nel mondo, dice Cataluccio a pagina 43, si vendono circa 3 miliardi di libri l'anno, cosa che comporta l'abbattimento di 9.316.770,1 alberi considerando libri formati mediamente da 250 pagine) passerà un bel po' di tempo.
Che fine faranno i libri? inizia con un breve riassunto di ciò che è accaduto negli anni, la nascita dell'ipod, la nascita del kindle e dei tablet, per poi focalizzarsi sul mondo dell'editoria. 
A questo punto, subito dopo una previsione che vedrà carta e ebook convinvere tranquillamente per trasformarsi, poi, in una netta vincita del secondo sul primo, a pagina 15 leggo che:
"Fare libri costerà poco e anche nell'editoria sarà possibile venire incontro a una delle tendenze del nostro mondo ipermoderno: i consumatori diventeranno parte attiva della produzione".
Già qui ero in preda a un attacco di ridarella isterica tanto potente da causare la fuoriuscita di fluidi dai dotti lacrimali e il mio successivo svenimento.
Questo vale sicuramente per le altre aziende che non fanno altro che indire ricerche di mercato (qualitative e quantitative) per qualunque cosa, compreso l'assaggio di prodotti da immettere sul mercato. Ma, purtroppo, non vale per l'azienda editoriale che – come è noto ormai anche ai muri – non solo non tiene quasi in considerazione l'opinione dei lettori ma, anzi, li taccia di essere individui che, dato che non lavorano in campo editoriale, non ci capiscono una fava. 
Giustamente, chi meglio di chi fruisce il prodotto è in grado di darne un'opinione? Ma, senza che si torni a scomode e annose questioni, ricordate sempre che il libro è un prodotto ma un altro tipo di prodotto (quando je pare a loro). Comunque, andiamo avanti.

lunedì 23 marzo 2015

Photoshop non ti conosco, obbrobrio non ti temo, Paint ti amo – 23/29 marzo



Finalmente è lunedì! Sapete che, ultimamente, mi trovo a pensare al post del lunedì anche durante la settimana? Nel senso che, anche se è ancora mercoledì, io penso già che devo avere la domenica sera tutta per me per poter scrivere questo post. Probabilmente è uno dei primi sintomi della follia che sto maturando piano piano. 
Questa settimana in libreria esce davvero un sacco di roba, non me lo aspettavo assolutamente. I libri con le copertine di merda, evidentemente, sono come gli amori: in primavera ne nascono di più (escludendo il periodo di Natale, ovvio).
Niente, inutile aggiornarvi sulle mie letture – che procedono al rilento – perché c'è poco da dire se non che ho iniziato Il tuo meraviglioso silenzio di Katja Millay perché, come di Uno splendido disastro, ne parlano tutti e allora è bene conoscere il proprio nemico.
Il titolo originale, The sea of tranquility, era ovviamente meno idiota e aveva anche senso ma, che volete farci, ormai se in un titolo per young adult non ci sta meraviglioso, splendido, fantastico e altre scempiaggini di questo tipo non si è contenti.
Ma vediamo cosa ci riservano le case editrici questa settimana. Mi raccomando, penna alla mano per appuntare tutti i titoli eh, ci conto.

Appurato che chi si è occupato della copertina dell'ultimo libro di Anna Gavalda si è occupato anche delle immagini per l'Expo 2015, la domanda sorge comunque spontanea: perché?
Io non lo so cosa ha fatto la povera Anna per meritarsi questo orrendo trattamento. Figure umane con evidenti problemi alle gambe (lei) e presenza di gobbe in giovane età (lui), scontornate male (entrambi) e appiccicati su uno sfondo con altre figure umane non solo sfocate, che già rendevano la copertina di una bruttezza imbarazzante, ma anche color seppia. E il cielo per metà azzurro, perché l'altra metà è del colore dello smog? 
E poi, scusate, ma perché sembra che gli unici due colorati siano stati disegnati alla bell'e meglio, dalla nipote del grafico, con i pastelli a cera? Lui, comunque, ha dei problemi di salute dato che lei è vestita come fosse il 15 agosto e lui invece indossa addirittura una felpa con le maniche lunghe.
Vediamo un po' la trama per cercare di capire se lui presenta problemi alla temperatura corporea o è già in rigor mortis.
Come ci dice la scheda, La vita in meglio racconta la storia di Mathilde che va in giro con diecimila euro (DIECIMILA EURO!) in borsa e, un po' brilla, dimentica DIECIMILA EURO in un bar. No, dico, vai a ubriacarti con diecimila euro in borsa, ok. Ma amici, tranquilli, ci sarà Jean-Baptiste, giovane cuoco,  che le consegnerà a casa la borsa (dove ci sono ancora tutti i diecimila euro) e le chiede di uscire. Inizia così una breve relazione che terminerà con la sparizione di lui. Non si capisce in che modo, ma poco ci importa sapere se lui l'ha piantata in asso o se la temperatura corporea troppo bassa l'ha fatto entrare in uno stato comatoso dal quale non si è più ripreso. E comunque, chi se ne frega. Il dettaglio importante erano i diecimila euro. Di un prestito. Certo, no? Ché uno se li fa consegnare contanti e li mette in borsa. E poi magari ci prende l'autobus, per dire. O la metro. Ti credo che Jean-Baptiste t'ha mollata, strano pure che non s'è rubato i diecimila euro già che c'era, prima di farti credere di essere morto assiderato nella cella frigorifera del ristorante per il quale lavora.

Giocatore di rugby, esci dal corpo della povera signora Fletcher! 
No, seriamente, ma cosa è successo alle spalle dell'arzilla (e iettatrice, sempre pensato) Signora in giallo? Quando ha deciso di iniziare a pomparsi con lezioni devastanti di zumba?
Io poi me la ricordavo con i capelli biondi e non di una gradazione di arancio rosato, ma magari sono io eh, che lo guardavo distrattamente prima di cadere in un sonno profondo che nemmeno la morfina.
So, però, a chi si sono ispirati quelli della Sperling e Kupfer per il progetto grafico di questa copertina: non so se notate anche voi delle inquietanti somiglianze con lo sfondo di Felice Caccamo.
Ma, suvvia, vediamo la trama ché mica i libri si possono giudicare sempre e solo dalla copertina. 
Sono passati diversi anni dall'ultima volta che Jessica Fletcher ha tenuto una lezione di criminologia – e, voglio dì, considerata l'età dell'attrice che recitava il ruolo di Jessica non ci sarebbe manco da chiedersi il perché, cazzarola, è uno zombie tra un po' – così quando viene invitata a tenere una lezione in un college alle Hawaii non sa se accettare. Probabilmente ha paura che, non appena metterà piede nell'isola qualcuno morirà... E infatti così accade.
Inutile che vi racconti i dettagli, tanto poi alla fine l'assassino confessa. Confessano sempre non appena vedono la capoccia bionda della Fletcher. Temono, probabilmente, che lei si rechi di proposito dalle loro famiglie, facendoli morire tutti. Se vi interessa sul serio, leggete la scheda, altrimenti anche no. Rimanete un po' con me ad ammirare la scogliera piena di muschio, tipica delle isole Hawaii, alla sinistra del lottatore di sumo travestito da Jessica.

venerdì 20 marzo 2015

Ciarlando allegramente di... #11

Ok, dunque. Mi è servito tanto coraggio per decidermi a scrivere questo post, ma sono riuscita a raccoglierne un po', l'ho messo insieme, ed eccomi qua. 
Ho una sfiga colossale. Non lo dico come le protagoniste degli young adult che dicono di essere sfigate e non lo sono, che dicono di essere dei sacchi di juta ambulanti e poi sono delle fighe impossibili, che dicono di essere imbranate solo perché inciampano a causa dei marciapiedi sconnessi di Roma. No, dico che ho una sfiga colossale perché è così. Ultimamente, almeno. 
Non che normalmente sia proprio la diretta discendente di Gastone Paperone, anzi. Però diciamo che in questo periodo la sfiga si è intensificata. 
Così, tra le altre cose di cui non sto qui a raccontarvi, da gennaio mi è capitato di leggere solo libri brutti o comunque da me considerati "meh", ad esclusione de Il commesso di Bernard Malamud – che però non vale perché l'ho iniziato a dicembre – e La strage dei congiuntivi di Massimo Roscia. Tutto il resto sarebbe stato meglio se non lo avessi letto. E con questo mi riferisco anche ai due libri di cui vi parlerò in questa puntata di Ciarlando allegramente di...
Sapete della storia del barattolo dei to be read, no? Un'abitudine tanto in voga nella parte anglosassone del mondo. Sebbene in molti mi abbiano detto che è un'idiozia, io la trovo invece un'ottima occasione per leggere libri che, magari, campeggiano nella mia libreria da diversi anni e che, per un motivo o per un altro, non mi viene mai in mente di leggere – copertina poco invitante, dimenticanza, altro. Non sono stata particolamente fortunata nemmeno con la bottiglia/barattolo dei to be read dato che il primo bigliettino estratto è stato Library of the dead di Glenn Cooper, libro ottenuto attraverso uno scambio su Bookmooch – per chi sono sapesse cosa è, s'informasse – qualche mese fa. Manco c'era arrivato al lusso di uno scaffale, s'era fermato al tavolinetto basso. Vabbè.

La domanda, com'è legittimo, sorge spontanea: perché ho deciso di leggere questo libro? Ho deciso, sarò onesta, dopo averci molto pensato. Diverse persone me ne hanno parlato discretamente, sebbene si tratti di un bestseller. Così, spinta dalla curiosità, ho deciso che lo avrei letto solo se lo avessi trovato al mercatino o in biblioteca. Pare, però, che sia ancora uno dei libri più letti anche dopo diversi anni – ridendo è scherzando si tratta di un libro del 2009 – e, quindi, difficile da reperire nella biblioteca vicino casa senza mettersi in fila. E io, con la cosa che non inseguo i libri che mi interessano ma non troppo, sapevo che mai lo avrei prenotato. Così, lo vedo in lingua in scambio su Bookmooch e taaac, preso. 
Vuoi che si trattasse del primo libro per adulti che ho letto in inglese (gli altri erano più che altro per adolescenti), vuoi che il thriller storico mi interessi relativamente, vuoi che nutrissi un certo scetticismo verso il fatto che si tratta pur sempre di un bestseller ma... A me non è che sia proprio piaciuto.
Trovo l'idea di base, quella della biblioteca appunto, molto interessante e anche lo svolgersi della vicenda abbastanza intelligente. Il problema è che, purtroppo, Glenn Cooper non è riuscito a farmi incuriosire. Non ho trovato alcuna traccia del thriller, né del giallo in verità. Non avevo alcuna curiosità, né mi domandavo come mai le persone morissero né perché, prima di lasciarci le penne, ricevessero una cartolina con la loro data di morte. Verso la metà del romanzo ho intuito chi potesse essere responsabile anche se non ho centrato il modo – ma, d'altronde, mica l'ho scritto io 'sto libro (SPOILER avevo capito che Mark e la sua Area 51 c'entrassero in qualche modo, semplicemente però credevo che, nei sotterranei dell'Area 51, ci tenessero altri ammanuensi a fare lo stesso mestiere, magari dotati di Ipad, così da non morire sfiniti dopo aver scritto h 24 per tutta la loro vita). Quando l'avanzare delle pagine mi ha confermato che avevo ragione – troppe puntate di CSI viste durante l'adolescenza – ho perso quel minimo di interesse che mi aveva spinta fino a lì. Di tutto il resto non mi è fregato nulla, ho solo contato le pagine per arrivare alla fine. Interessante, anche, che Glenn Cooper abbia scelto di mostrarci l'America del 2009 – con tutti i suoi personaggi – e il prima dell'anno 1000 in Britannia per metterci al corrente della nascita e, in un certo senso, dell'evolversi della biblioteca. Ho trovato superflue, invece, le parentesi sul passato che includevano Churchill, ad esempio, e avrei cercato di rendere il tutto leggermente più dinamico ma, lo ribadisco, di thriller storici non ne capisco una fava, quindi la mia opinione è praticamente quella di una profana. Sappiate che con Idelfonso Falcones e il suo La cattedrale del mare – altro romanzo storico al quale mi sono approcciata – non è finita molto bene. Quindi, ecco, come dire... Probabilmente il problema sono io. 
A ogni modo, trovo che Library of the dead sia leggermente sopravvalutato, sebbene Will – il detective – sia un personaggio che ho trovato simpatico e, in un certo qual senso, accattivante. Peccato, però, per la presenza di un paio di cliché che io ho di certo notato perché leggevo il libro come se lo stessi analizzando al microscopio ma che, sono sicura, chi lo ha apprezzato non ha notato. Will è un po' il prototipo del belloccio di mezza età, con matrimonio fallito alle spalle, dalla scorza dura ma animo alla fin fine tenero che, infatti, trova attraente Nancy, la partner dell'età della figlia (primo cliché). Ma vabbè, direte voi, mo' uno in un libro non può mai mettere uno di cinquant'anni che si innamora della venti/trentenne? Eh, c'avete ragione. Diventa un cliché, però, quando si svolge proprio come il cliché, soprattutto se lui comincia a trovarla attraente quando lei si mette a dieta. Essù, dai eh. Insomma, niente altro da dire. Un romanzo da ombrellone, tralasciabile. 

lunedì 16 marzo 2015

Photoshop non ti conosco, obbrobrio non ti temo, Paint ti amo – 16/22 marzo


Come avete potuto leggere da qualche altra parte, sono stata a Libri Come dove ho avuto una bruttissima esperienza con il cibo. Questo, ovviamente, mi ha fatto pensare che a breve è tempo di Torino. Sì, anche la prima volta che sono stata a Torino ho avuto una brutta, bruttissima esperienza con il cibo e il caldo. Adesso basta, è tempo di agire. Quest'anno a Torino andrò con una bottiglia d'acqua da un litro e mezzo – peserà, ma pazienza. Il caldo mi fa seccare le fauci –, vari cibi di varia natura dentro la borsa, suddivisi in comode razioni simili a quelle degli Hobbit de La compagnia dell'anello, e abiti a strati dove l'ultimo strato è composto da una canottina e dei pantaloncini invisibili. No, davvero, non si può.
Detto ciò, avevo iniziato Suite francese che, però, mi trovo a dover mettere da parte per via dei altri libri da leggere che, nella scala degli impegni, vengono prima. Lo riprenderò il mese prossimo, spero. Anche perché, altrimenti, non riuscirò mai a diminuire la lista dei to be read. Peccato perché Suite francese cadeva a pennello con una nuova rubrica a cui volevo dedicare un post al mese e invece... Invece niente. E comunque, per dire, mi sono veramente stancata di leggere libri mediocri. Cioè, da Gennaio – tra i libri cominciati nel 2015 – ho letto un solo libro bello (La strage dei congiuntivi di Massimo Roscia) poi, per il resto, solo roba che avrei potuto tranquillamente trascurare. E che vi pensate che con Glenn Cooper sia andata meglio? Manco per il piffero! 
Vabbè, vabbè, non mi ci fate pensare ché mi agito, parliamo invece delle uscite dei libri escrementizi di questa settimana.

Sono convinta che il grafico che si è occupato delle copertine di Daniela Sacerdoti adesso lavora per Mondadori.
C'è questa moda di dividere le copertine a metà e metterci dentro elementi casuali senza alcuna correlazione tra loro. E quindi abbiamo qui una ragazza con un vestito che nemmeno io, che non so cucire, riuscirei a fare due bretelle così diverse tra loro. In basso troviamo una... un... Non lo so che cosa è, a me sembra un osservatorio astronomico o, in alternativa, una tomba di famiglia. Che cosa c'entri, poi, non sta a noi scoprirlo. E tu, povero stolto, che stai qui a domandardelo non c'hai proprio capito niente. L'avevano già in repertorio per un libro sui templari. Chiaro, no?
Le fiamme, devo ammetterlo, sono un tocco di classe. Poi, dico, per metà questo libro è ambientato all'inferno, come facciamo a farlo capire ai lettori? Eh, mettiamoci le fiamme tutto intorno che fanno da cornicetta, dai! E così, ecco le fiamme. Belle, molto belle. La trama pure è bella, a quanto dice la scheda, così originale che mai nessuno ne aveva ancora mai parlato (solo i greci, con il mito di Orfeo, ma vojo dì, ma chi cazzo so' i greci agli occhi dell'ammericano medio? Nessuno, e quindi rimescoliamo un po' le carte in tavola). 
Dunque, Lela e Nadia sono amiche per la pelle pure che una è traumatizzata e l'altra no, come se fosse una discriminante poi.
Tra le due uno penserebbe che quella che si toglie dalle scatole sia Lela la traumatizzata e invece no, colpo di scena (!!), Nadia si toglie misteriosamente la vita. Così Lela che fa? Panino con la porchetta nello zaino, torcia in mano, tre barrette energetiche e 'n paio d'euro in tasca, parte alla ricerca della sua amica negli Inferi, tra mostri e creature demoniache. Ma, zanzan!, chi te incontra? Malachi! E chi è Malachi? La guardia delle anime perse che, ovviamente, è di quella particolare bellezza che solo quelli che abitano gli Inferi possono avere – non so' d'accordo, Dante non li descriveva poi così belli, ma so' opinioni. 
Poi, voglio dire, è gia "bollente" (cogliete il fine doppio senso?) perché campa in mezzo alle fiamme, impossibile resistere anche alle fiamme della passione.
Ammetto, quest'ultima frase è mia. Scusate, vado subito a mandare il curriculum a Mondadori per propormi come scrittrice di quarte di copertina per i libri de merda.

Ci deve essere una sorta di convinzione, forse, un credo magari o anche un accordo scritto tra case editrici e grafici: "ragà, se si tratta di un fantasy, siete autorizzati a fà delle copertine di merda. Tanto è fantasy!". 
Comunque, Spire di fuoco, con quella U che pare tanto una V, è il terzo romanzo della nostra italianissimissima Marta Palazzesi che io avevo già sentito nominare per la sua non eccelsa opera prima "Il bacio della morte" che è uguale ad Half blood di Jennifer Armentrout (ve ne ho parlato qui) che, a sua volta, è uguale a L'accademia dei vampiri di Richelle Mead.
Comunque, niente, questa mal vestita qui accanto – perché è mal vestita, ha l'abito fatto di quel tipo di stoffa che cambia colore con la luce (che io trovo agghiacciante) e che sicuro prende fuoco non appena si avvicina anche solo a un termosifone acceso – è  Thea, la cacciatrice di demoni Azura. Il muretto alle sue spalle indica che il romanzo è ambientato in Romania perché, voi lo sapete, i rumeni non fanno altro che costruire muretti in pietra, tutto il giorno, in qualunque paese si trovino. Tu pensi ai rumeni e, automaticamente, nella tua mente si materializza un muretto in pietra. E dragostea din tei. No?
Ma, dicevamo, la spavalderia di Thea sta vacillando e, durante una spedizione "nei boschi rumeni" – specifichiamolo ché, voglio dire, dovessero esserci boschi spagnoli in Romania, poi come la mettiamo? –, incontra le Vâle Nere e boh, non lo so che succede dopo. Leggetevi la scheda e cercate di capire perché questa tizia, vestita come se stesse andando al ballo delle debuttanti, è inginocchiata davanti a un muretto di pietra "rumeno" (attenzione, specificare è importante) appoggiata a una brutta spada. 

martedì 10 marzo 2015

Recensione – in anteprima – Ritratto di un matrimonio

Salve gente!
Finalmente sono tornata per parlarvi di Ritratto di un matrimonio di Robin Black. Libro che ho letto in due puntate perché mi faceva arrabbiare. Comunque ieri ho iniziato Suite francese, prima di realizzare che ho tipo altri tre libri in attesa e quindi, forse, devo rivalutare la mia tabella di marcia. Oppure fare una full immersion e in questo periodo non mi è esattamente possibile. Vediamo cosa riesco a combinare, mi lascerò stupire da me stessa (e, voglio dire, non è che è propriamente un affare). Ma, via, posso farcela.


Titolo: Ritratto di un matrimonio
Autore: Robin Black
Editore: Neri Pozza
Pagine: 256
Prezzo: 16,50 € (disponibile dal 19 marzo)
Il mio voto: 3 piume

Trama 

Gus e Owen hanno scelto di lasciare Filadelfia per condurre una vita più tranquilla in campagna. Vogliono dedicarsi alla loro arte, la pittura per Gus e la scrittura per Owen. Sentono il bisogno di lasciarsi alle spalle un periodo difficile e di recuperare l’amore di un tempo. Ma non è facile trovare un nuovo equilibrio. E quando nella casa accanto si stabilisce Alison Hemmings, Gus sente l’istintivo bisogno di farsi un’amica. Owen è restio a relazionarsi con la nuova arrivata, ma Gus non ci mette molto a fidarsi di quella vicina spontanea e sincera, e a confessarle non solo il vero motivo che li ha spinti a cambiare vita – dopo aver cercato invano di restare incinta, Gus ha avuto una relazione con il padre di un’alunna –, ma anche tutta la sua frustrazione per il rapporto logorato con un marito ossessionato dal blocco dello scrittore. Alison sembra capirla al volo e le rivela a sua volta un segreto: si è trasferita lì per fuggire da un marito violento. È così tra le due donne nasce una grande complicità. Ma quando in paese arriva Nora, la bella figlia di Alison, che non si preoccupa di nascondere il proprio debole per Owen, gli eventi volgono improvvisamente al peggio. E tra confessioni scioccanti, fughe in auto e nuovi arrivi imprevisti, la vita delle due famiglie si intreccia fino a implicare emozioni così forti, che un minimo passo falso rischia di far precipitare nell’abisso l’esistenza di ciascuno. Robin Black ci regala il ritratto commovente di un matrimonio esemplare alle prese col tradimento. Con una scrittura tesa e precisa, in grado di portare a galla i risentimenti e le gelosie più nascoste di una coppia, il romanzo è un intensissimo affresco domestico dei sogni infranti e di quei segreti che alimentano e, nello stesso tempo, minacciano di distruggere l’amore.

La recensione

Un inizio molto delicato e al contempo coinvolgente, una parte centrale intensa – e non solo di belle sensazioni – e un finale un po' deludente. 
Molti i temi trattati da Robin Black in questo romanzo. Molti, ma soprattutto maledettamente umani. Con uno stile asciutto ma comunque elegante, Ritratto di un matrimonio ci parla di sentimenti profondi e complessi, di relazioni umane contorte e mai banali.
Gus e Owen, dopo una crisi matrimoniale a seguito del tradimento di Gus, decidono di trasferirsi fuori città, in campagna. Per isolarsi, forse, o semplicemente per ritrovare un amore che, piuttosto che esser svanito, sembra solo essersi arrugginito. In campagna, Gus e Owen troveranno la loro dimensione, senza intrusi a curiosare nella loro vita famigliare, senza sconosciuti con cui doversi rapportare, lontano da tutti e da tutto. Fino a quando, a scombussolare la loro routine, arriverà Alison, la nuova vicina. Gus, anaffettiva e un po' burbera, si lascerà subito avvolgere dall'entusiasmo di Alison che porterà nella sua vita il calore e l'affetto che le sono sempre mancati, a causa di un padre distante e la morte della madre quando era appena una bambina.
Sia Gus che Owen, la accoglieranno felicemente nella loro vita, sebbene all'inizio sentissero minacciato il loro isolamento – non solo fisico ma anche in un certo qual modo emotivo. Isolamento che, credono entrambi, abbia loro offerto un equilibrio perfetto. Equilibrio, invece, che perfetto proprio non è, considerando che è talmente alta la quantità di non detti e di argomenti che non si possono affrontare per non turbare questa "pace" che a me, più che una coppia che funziona e si ama, è sembrata una coppia che sta insieme perché non sa dove altro andare.
Owen, ex docente e scrittore fallito, acclamato dalla critica ma misconosciuto dal pubblico è quanto di più abitudinario e anonimo si possa immaginare.
Gus, ex docente di pittura e pittrice, ha una personalità molto forte ma è sostanzialmente una donna triste alla quale è stata negata la possibilità di essere madre perché Owen è sterile e che porta con sé, come un macigno, la colpa del tradimento. Colpa che è presente per tutto il romanzo, alternata alla colpa (latente) che lei appioppa al marito. Gus non fa che ripetere che, dopo la sua breve relazione con Bill, ha scelto comunque di rimanere con il marito, sebbene lui non potesse renderla madre; non fa che ripetere che non lo incolpa della sterilità; non fa che dire che essere madre sarebbe stato un regalo stupendo ma che non può per la sterilità di Owen, di cui comunque lui non ha colpa.

lunedì 9 marzo 2015

Photoshop non ti conosco, obbrobrio non ti temo, Paint ti amo – 9/15 marzo


Oook, è già lunedì. E qualcuno deve avercela tremendamente con me, in questo periodo, perché il mio corpo mi sta abbandonando e nemmeno troppo lentamente. A parte i dettagli fisici e anatomici dell'organismo Nereia, di cui dovrei parlare con il mio medico curante magari, è stata una settimana normale. Sapete, no, quando siete sopraffatti dalla routine che, nel mio caso, è cercare qualcosa da fare per non impazzire...?! Quindi, ecco, tutto nella norma. 
No, inutile cercare di indorare la pillola. Nella mia vita questa settimana non è successo un emerito cazzo. Così va meglio. Per fortuna, però, ci sono loro, i libri di merda, a tenermi compagnia in allegria – la rima non era voluta, nda.
Intanto, per dirvi che ho terminato Ritratto di un matrimonio di Robin Black, di cui vi parlerò molto presto e ho iniziato Suite francesce di Irène Némirovsky (la bottiglia dei to be read ha parlato).
E sto ancora portandomi dietro la palla al piede di Glenn Cooper, ma non è colpa sua porello. È che non mi appassiona... Ma posso farcela, mi mancano solo un centinaio di pagine, sono fiduciosa. Ma dicevamo, i libri di merda in uscita questa settimana eccoli qua.

Alla fine, dopotutto, i tizi della Sperling & Kupfer non mi avevano bannata dal loro sito. E meno male! Altrimenti mi sarei persa la scheda dell'ultimo volume della trilogia della cera, non me lo sarei mai riuscita a perdonare. Avevamo lasciato l'amica Monica a darci dentro con il suo capo. Ora, Monica ci ha già sfracellato abbastanza i maroni per 489 pagine totali con questa storia del suo capo, cosa potrebbe succedere in altre 336 pagine, dannazione? Eh, succede che lui ha dei segreti, ma dei segreti, ma dei segreti così segreti, siora mia, ma che je lo dico affà. Ma poi che segreti ci può avere uno che lavora in albergo? Non lavorava in albergo lui?!
Segreti che, comunque, causano panico, paura e troppi problemi. Pare che questi problemi mettano alla prova i nostri amanti così che Monica e Gianfranco – non mi ricordo il nome e sono troppo pigra per controllare – pare dovranno combattere (??) per affermare agli altri (ma a chi?) e a loro stessi che la loro storia è più forte di qualunque ostacolo (??).
Secondo me Monica è un'imbecille, ma è giusto la mia opinione, anche se leggo dalla scheda :"[...] Monica è solo un fascio di nervi scoperti e carichi di emozione, come se tutto questo l’avesse resa più sensibile, vulnerabile e stupida". Ve lo avevo detto io.
Dato che questo è l'ultimo romanzo della serie, in casa editrice adesso possono finalmente buttare la rosa finta che hanno usato per la serie di copertine e licenziare lo stagista. Mi piace un dettaglio, però, di questa cover: che le dita, piuttosto che finire in ombra, vengono nettamente troncate dalle tenebre. C'è la famosa tenebraccetta, non la conoscete? Conoscevatela, funziona bene anche nelle altre copertine della signora CD. Il sottotitolo, a ogni modo, fa pensare che finisca bene. Finalmente si sposano e si levano dai coglioni.

mercoledì 4 marzo 2015

Vincitore del traguardo importante dell'altro giorno

Buongiorno!
Non mi sono assolutamente dimenticata dell'unico giveaway da me organizzato in questi lunghi anni, assolutamente. Avrei dovuto scrivere questo post ieri, ma la vita sociale mi ha voluta con sé. Oggi, invece, dopo un traumatico risveglio, eccomi qui.
Dopo essere stata in grado di beccare l'unica giornata all'anno, credo, durante la quale Random.org è in manutenzione e aver inserito i vostri nomi per circa mezz'ora di fila, ottenendo sempre un errore diverso del server (prima il 3, poi l'8, poi il 2 e, infine, il semplice error) e dopo aver ottenuto codesta pagina



ho deciso di proseguire in maniera classica, un po' vintage forse, ma che assicura l'effetto random quasi quanto il sito internet.
E quindi ho messo insieme dei fogliettini con i vostri nomi, inserendo arbitrariamente La Leggivendola, perché non sapevo se il suo commento fosse di gaudiosa partecipazione o no. 
E poi, boh, le regole le ho stabilite io e quindi per me quel messaggio poteva andare. Di questo originalissimo moto di ingegno e della modernissima modalità di estrazione vi mostro – ovviamente – di seguito le diapositive. 
E quindi, avvalendomi di uno strumento di rara complessità e ancor più rara manifattura che potete
scorgere qui a sinistra, ho eseguito l'estrazione. Ho inserito all'interno di questo reperto archeologico risalente alla mia vacanza in Polacchia nel lontano luglio 2013 dei fogliettini recanti il vostro nome. Ho poi shakerato il tutto per bene, o almeno credo – ci ho sicuro messo una tale quantità di forza che, credetemi, non pensavo assolutamente di possedere – e ne ho poi pescato uno a occhi chiusi. Gli occhi chiusi non so perché onestamente, i biglietti erano piegati quindi non è che avrei potuto in alcun modo sbirciare. Ma, d'altronde, anche la bambina che pesca i numeri del lotto alle 8 (ma la fanno ancora così l'estrazione? Ditemi, ditemi) da quella specie di macchina infernale è bendata. E dire che le pallette, comunque, sono chiuse e quindi... Vabbè, insomma, a occhi chiusi ho pescato il nome di...

Rullo di tamburi, ansia, suspance, serial killer che si aggirano al buio, bambine gemelle di Shining

 Ophelinha!

Brava Ophelinha, i miei complimenti! Cioè, brava poi. Di che? Non è che ti abbia chiesto un componimento in endecasillabi per cui complimentarmi. E quindi sarebbe più corretto dire qualcosa tipo: "Grande Ophelinha, che gran bella botta di culo!".
E quindi, mia cara, ti scrivo, ti contatto, ti stalkero per avere il tuo indirizzo e inviarti a casuccia il buono Feltrinelli. Chiaramente poi voglio sapere cosa hai acquistato o cosa ho contribuito ad acquistare. Un libro bello però, mi raccomando.
Di seguito le diapositive che provano l'esistenza del bigliettino di Ophelinha, eccetera eccetera eccetera.



Al prossimo traguardo! :)

lunedì 2 marzo 2015

Photoshop non ti conosco, obbrobrio non ti temo, Paint ti amo – 2/8 marzo



Il lunedì, da quando mi diletto a scrivere questa rubrica, è diventata una giornata meno oscena per me. Sempre odiato il lunedì, pure quando andavo a scuola. Per me la settimana è sempre iniziata di martedì e finita di sabato. La domenica e il lunedì li ho sempre detestati. Poi ho imparato a ignorarla la domenica, impegnandola a fare altro (ad esempio una camminata senza meta lunga quasi tutto il pomeriggio) e quindi adesso mi sta meno antipatica. Ma il lunedì proprio non lo digerisco. Non è un caso che abbia scelto questo giorno per una rubrica che parla di cose brutte.
Comunque, bando alle ciance, eccovi gli unici due titoli in uscita questa settimana. Lo so, dovrebbe essere dichiarato illegale fare uscire solo due titoli brutti in una settimana ma tranquilli, dalla prossima si ritorna in carreggiata.


Allora, questa schifezzuola qui a sinistra non è il nuovo numero di Top Girl che regala il poster di Lorenzo Fragola. Il poster c'è però eh, non preoccupatevi. Io ci avrei messo anche gli stickers, presente? O avrei inserito un paio di pagine per la raccolta di figurine.
Pare, a ogni modo, che questo Lorenzo Fragola non sia un alieno, anche se gli occhi azzurro Twitter spaventano e soprattutto inquietano non poco. Ma poi cos'è? Una foto segnaletica?! Quanta tristezza.
Dunque, dicevo. Questo libro, apprendo dalla scheda, racconta la storia di Lorenzo, il cantante che ha stregato tutta l'Italia. Premessa: non guardo la tv, mai. Dico sul serio, MAI. E non ascolto la radio. Per cui non ho idea di chi sia Lorenzo Fragola e di cosa canti. Con questa faccia sicuro canta canzoni che non mi piacciono.
Comunque, evidentemente è uno dalla vita interessantissima se questa tipa, Bianca Asaghini, ha deciso di raccontarci la sua storia. Leggo, poi, che ha 19 anni. Cosa diamine avrà mai di interessante da raccontare? E cosa è questa impaginazione alla Cioè?! Ma perché? E poi mi spiegate perché un tipo che ha 19 anni, dopo essersi sottoposto a Photoshop, piuttosto che sembrare più giovane o più bello, sembra un alieno di 30 anni? Dato che sono una tipa curiosa ho cercato di raccogliere informazioni su Bianca Asaghini e ho scoperto che ha scritto solo questo libro. Pensate che culo eh, potersi vantare di aver scritto la biografia di Lorenzo Fragola.
Comunque, il sito di Sperling & Kupfer mi si è oscurato proprio mentre scrivevo di questo libro. Coincidenze? Io non credo. Tra l'altro continua a non funzionare a meno che io non cambi il mio indirizzo ip con uno che mi colloca all'estero. Lo sapevo, sono venuti a conoscenza di questa rubrica e mi hanno punita. Proprio prima dell'uscita dell'ultimo volume della trilogia della cera (quella di CD Reiss) poi. Maledetti! E allora, dato che mi avete punita: questa copertina è unammmerda, chiaro? Fa così schifo e pietà che nemmeno il giornalino del mio municipio è impaginato così a mmminchia.


Non so, questa deve essere la settimana dedicata agli incontri ravvicinati del terzo tipo. C'è un raduno per i grafici che preferirebbero creare brutte copertine con gli alieni, forse? 
La luce bianca accecante dietro alla signorina senza faccia è inquietante quasi quanto gli occhi azzurro Twitter di Fragola.
I miei complimenti, comunque, per la sovrapposizione del corpetto. È così perfettamente sovrapposto, i contorni così perfettamente livellati che per un attimo ho pensato che questa cover fosse il risultato ottenuto con Gira la moda che, per chi non lo sapesse, contribuiva a creare cose tipo questa qui. Che dire, poi, della frasetta che avverte le lettrici porcelline, eh?! Attenzione: alto contenuto erotico! È così alto (e così insolito poi per Newton Compton pubblicare libri di questo tipo) che ci hanno messo anche il punto esclamativo. Con questo titolo originalissimo, comunque, hanno fatto bene a specificarlo ché, in effetti, poteva trarre in inganno. Perché una passeggiando per gli scaffali della Mondadori vede una tizia in baby doll in copertina, il titolo SONO TUA (il maiuscolo carattere 36 è ideale pure per i miopi), e pensa che sia un libro sulle razze di cani, no? O sulla pesca con la mosca. Certo.
Dando uno sguardo alla trama, che potete anche voi leggere – oppure no eh – sulla scheda, apprendo che questo non è il solito romanzo erotico. Ma è un giallo erotico! E allora, porca miseria, non capisco cosa state facendo ancora sul mio blog. L'ebook di questa lettura superba (lo ha detto Nicole, dice il sito di Newton Compton) è già disponibile, compratelo subito, forza! FORZA!1!!11

Purtroppo per questo lunedì è tutto. Vi auguro una settimana piena zeppa di superbe letture sulla pesca con la mosca!