lunedì 31 agosto 2015

Photoshop non ti conosco, obbrobrio non ti temo, Paint ti amo 31 agosto – 6 settembre



Lettori, amici, passanti, blogger! Rieccomi, tornata dalle vacanze con un carico di bella roba in uscita in libreria questa settimana.
Tante notizie – no, tante ma anche no però faceva figo dirlo – tra cui la dipartita del mio lettore ebook che, ieri sera, dopo gloriosi cinque anni di egregio servizio, ci ha tristemente lasciati. 
Colpa mia, anche, che camminavo guardando chissà cosa e ho dato una spallata alla porta cosicché il mio e-reader prendesse il volo e mi restasse in mano solo la custodia protettiva, che stavo giustappunto togliendo chissà poi per quale misterioso motivo (per pulirla, probabilmente, dalla sabbia che custodiva gelosamente). E quindi, da quel momento, al posto della simpatica piumetta che mi mostrava quando era spento, mi ha sempre e solo mostrato delle bruttissime righe nere spesse e orizzontali. Cinque anni, signori, so' tanti pure per un citofono, figuriamoci per un e-reader (tant'è che il mio aveva il peso specifico di un libro di 700 pagine, altro che ultra leggero) e quindi, forse, è giusto che lo sostituisca. Al momento, però, sulla carta di credito ho esattamente 44 euro, per cui credo che l'acquisto non avverrà molto presto. Fortuna che ho diversi (leggi: troppi) libri da leggere in casa, altrimenti sarei morta. E fortuna che cotanta disgrazia mi è capitata in casa, se mi fosse successo in vacanza avrei tentato il suicidio.
Comunque, bando alle tristi notizie, la bella notizia è che lammèrda è tornata in libreria!

Di Nalini Singh avevo provato a leggere Il profumo del sangue, interrotto credo a pagina settanta, dopo aver sopportato fin troppo l'abuso della parola uccello (non utilizzato per indicare un simpatico pennuto). E oggi rieccola in libreria con Un bacio di tenebra, il volume numero seimila di una serie che, francamente, ignoro. Per un periodo, tra l'altro, la nostra Nalini è stata oggetto di una campagna contro le serie interrotte perché pareva che la Nord avesse deciso di non continuare la pubblicazione dei volumi (e te credo! Sai il traduttore quanti sinonimi di uccello ha dovuto trovare? Sfiancante eh). Invece pare che no, non abbia smesso di pubblicare la nostra simpatica ornitologa. Anche se la Nord si vergogna di pubblicarla, dato che se fai una ricerca sul sito della casa editrice, ti spunta questa simpatica pagina che ti dice che no, non conoscono assolutamente la signora Singh.
E dunque, che dire. Non che le altre copertine della serie siano fantastiche, c'è l'ultima ad esempio che fa spaventare anche i più coraggiosi (ma che cagata è? Una tizia con le gambe aperte ripresa dal basso e sti cazzo de tatuaggi fatti con la penna cancellabile, tutti uguali e distribuiti sempre in parti del corpo diverse), ma questa davvero è tremenda. 
Lei, la tizia, è chiaramente il risultato di un esonero di fine corso per gli studenti della laurea triennale in Imbalsamatori e Truccatori di morti. 
Presenta poi il braccio più flaccido ever che nemmeno io che lancio coriandoli nel tempo libero. Le ali bidimensionali tatuate proprio lì sfidano tutte le leggi della fisica perché, ecco, lì ci sarebbero delle ossa e il tatuaggio non è che viene poggiato sopra e basta, ma segue il corpo e invece questo qui, dannazione, sembra (che poi non è che sembra, è così) appiccicato a caso con Photoshop. Ma, dico, di cosa parliamo? Di uno che ha avuto la brillante idea di piazzare il cognome dell'autrice sulla faccia della morta? Eddaje. Ma un posto migliore non c'era? Lo sfondo a caso, comunque, tutto nero per richiamare la parola "tenebra" è quanto di più emozionante io abbia visto oggi. La trama riportata da Amazon è irrilevante: Dmitri trova un cadavere con un tatuaggio – aridaje co' sti tatuaggi de merda – che richiama le nebbie del passato blablabla, però essendo il braccio destro dell'arcangelo Vattelapesca non può indagare da solo sulla morte del tizio. Così gli affibbiano la mortale che a lui sta sulle palle ma che, al contempo, vorrebbe farsi in tutte le posizioni del Kamasutra con particolare attenzione alla 69. Fine.

Guardando la copertina ho subito pensato che questo libro raccontasse la storia di Liv, una ragazza interrotta che, dopo essere stata ricoverata con la forza, fosse diventata pazza in un istituto psichiatrico. E invece no. Ma nemmeno si tratta dello spirito della dama bianca – cosa che giustificherebbe almeno la postura scomodissima. No, si tratta di Liv che, ci dice la scheda su Amazon, vince una borsa di studio per la Wickham Hall, la più bellissima e fichissima accademia d'arte che c'è. 
Insomma, ovviamente mica può andare tutto bene, e infatti la nostra Liv arriva in un posto che racchiude misteri, scie di sangue, robbe sinistre etc etc. E conosce il tipo più bello dell'accademia che, guarda caso, si innamora di lei.
Non era meglio se questo libro raccontava, che so io, la storia di una ragazza che di giorno si divertiva a assumere – e mantenere! – scomode posizioni nel giardino privato dell'istituto psichiatrico Wickham e la notte andava in giro a strappare la giugulare ai ratti della superstrada?! Non era una trama mille volte migliore?
Ma non distraiamoci: questa copertina fa pietà. Non solo fa pietà perché l'insieme di Arial grassetto e non grassetto, il finto effetto arcobalenato, e le scarpe da francescana della tizia mi disturbano non poco, fa pietà perché non c'entra una mazza con la storia. Ovviamente. Ve l'ho detto, secondo me la trama iniziale era un'altra. Poi Amy Talkington ha cambiato le carte in tavola, ma avevano già acquistato i diritti per la foto che ritrae una pazza e quindi... Se la so' tenuta.

C'è chi dice amore e c'è chi, invece, dice che questo è il peggior collage che abbia mai visto in vita propria. Ragazzi, io veramente alzo bandiera bianca. 2 milioni di lettori per questa cagata? Con due tizi direttamente dagli anni '90, ritagliati (male!) da un fotoromanzo di Cioè, vicino a una parete di lucette di Natale che, a prima vista, a me sembrava fatta di cera (e, infatti, la domanda è subito stata: "Una parete di cera?! WTF?!").
Stelle cadenti Series, ma siamo seri? Poi uno si va a leggere la scheda perché, dice, voglio proprio vedè la serie delle stelle cadenti che storia racconta. E soprattutto in che senso è una serie delle stelle cadenti.
Nova e Quinton (Nova?? E Quinton, mortacci vostra!, QUINTON?? Mi sento svenire) sono due mentecatti. Lei ha fatto i conti col passato e ha vinto, lui invece è stato battuto dalla vita a causa di una mano infausta a tresette e ha perso il piatto, con tutto quel popò di bottino (ok, non è andata proprio così, ma il senso è quello).
Lei pensa a lui che chissà dove si sta struggendo di dolore, lui pensa a lei ma è convinto che il suo compito nella vita è soffrire. Lei lo va a cercare, lui a quel punto cerca di convincerla a togliersi dalle palle, ma lei invece è convinta di volerlo salvare. Insomma, lei fa un po' la parte del gatto attaccato ai coglioni, lui del rimbambito con la personalità incisiva come quella di un paguro morto. Unico riferimento alle stelle? Il nome di lei: Nova. 
Comunque, tranquilli, i titoli italiani dei romanzi della nostra Jessica Sorensen non si somigliano pegniente, oltre a non mettere per niente ansia (tutti quei per sempre mi fanno sentire osservata), quindi sono certa che ve li ricorderete tutti senza confonderli.

Per questo lunedì è tutto, vi auguro una parete di cera lunga almeno un km e un vocabolario dei sinonimi e dei contrari con diverse pagine dedicate alla parola uccello. Alla prossima settimana!

martedì 11 agosto 2015

In my bookshelf #25


In my bookshelf, ve la ricordate? La rubrica che, senza un vero motivo, ho abbandonato a un destino di solitudine e tristezza.
In verità un motivo per cui l'ho interrotta c'è. L'ultima puntata risale al giugno dello scorso anno (potete rileggerla qui), poi non ho più scritto nulla perché, grazie anche al Bookclub Neri Pozza ho comprato decisamente meno libri. Le occasioni in cui ho fatto grandi acquisti sono state Più libri più liberi e Il Salone Internazionale del Libro di Torino, a cui però dedico dei post esclusivi.
Eppure In my bookshelf era nata con l'intenzione di raccontarvi il mio mese di libri comprati, prestati, recuperati, non aveva importanza.
Poi, una sera, parlando con Letture Sconclusionate, ho scoperto che aveva deciso di riprendere una vecchia rubrica, abbandonata per mancanza di tempo: Diario di un mese di libri, rubrica che prende spunto da ciò che Nick Hornby si dilettava a fare in The Believer, ossia raccontare il suo mese di libri (acquisti, libri letti, prestiti, ritrovamenti).
Mi sono detta che, in effetti, il mio In my bookshelf era la stessa cosa, senza che io però fossi Nick Hornby. E quindi niente, ci riproviamo e ci riproviamo per bene. Dal triste abbandono, al banner casereccio, che salto di qualità! Eh, scusate, ma io non sono brava a utilizzare Photoshop e compagnia bella, quindi mi accontento dei siti internet che ti permettono di fare un banner in 3 semplici mosse. Solo che, capite, non è che c'è poi tutta sta scelta. Vabbè, ma anche chissenefrega, va benissimo così com'è.
Ve lo dico adesso, se mi assento di nuovo picchiatemi eh. Anche perché adesso abbiamo il banner, scioè, è tutto molto più serio. E quindi, cominciamo!
Non farò un riassunto di un anno, ovviamente, ma solo del mese di luglio, ché sennò vi lascio stecchiti.

Nella mia libreria, nel mese di luglio – complice il mio compleanno – è approdata diversa roba. Un misto tra regali, omaggi e acquisti (sia cartacei che ebook). In ordine sparso:
- Il terrorista e il professore, Vito Faenza – Spartaco Edizioni.
- Divergent, Veronica Roth – HarperCollins (in lettura che volge al termine, ve ne parlerò presto spero).
- Romanzi sciocchi di signore romanziere, George Eliot – Apice Libri.
- Gli amanti farfalla, Benjamin Lacombe – Rizzoli.
- Generazione A, Douglas Coupland – Isbn Edizioni.
- Player One, Ernest Cline – Isbn Edizioni.
- Buon compleanno Malcom, David Whitehouse – Isbn Edizioni.
- Alta definzione, Adam Wilson – Isbn Edizioni.
- Sembrava una felicità, Jenny Offill – NN Editore.  

domenica 2 agosto 2015

Recensione Quando le chitarre facevano l'amore

Il mese è infausto, il giorno scelto per pubblicare la recensione pure. Starete tutti al mare, alla faccia mia che invece lotto con i circa 40 pizzichi di zanzara che ho sparsi ovunque (il numero non è inventato) in 155 cm di altezza. Ho le gambe completamente ricoperte di ponfi che nemmeno la peste bubbonica. Il prossimo anno mi porto lo zampirone dietro, lo metto in un marsupio e lo porto dovunque vado perché, seriamente, non ce la posso fare. Pensate che l'anno scorso le zanzare sono riuscite comunque a superare la barriera dello zampirone, dell'Autan e della piastrina. Incredibile, devo proprio avere un sangue dal sapore pazzesco. Mandatemi un vampiro, ché io non ne conosco, così posso chiedere a lui che ne pensa.
Ma veniamo a noi! Oggi voglio parlarvi di Quando le chitarre facevano l'amore di Lorenzo Mazzoni, edito da Edizioni Spartaco, di cui la casa editrice mi ha gentilmente omaggiata. Edizioni Spartaco la lovvavo già in segreto, adesso proprio è amore dichiarato al mondo.

Titolo: Quando le chitarre facevano l'amore
Autore: Lorenzo Mazzoni
Editore: Edizioni Spartaco
Pagine: 348
Prezzo: 12 €
Il mio voto: 4 piume

Trama 

il 2 maggio del 1945. Martin Bormann, braccio destro di Adolf Hitler, scompare per le strade di Berlino durante l'avanzata sovietica. Vent'anni dopo, fonti prossime alla CIA lo identificano come Martin Weisberg, finanziatore eccentrico e pacifista della rock band The Love's White Rabbits vicina al Movimento radicale. Da qui ha inizio una caccia all'uomo che coinvolgerà settori deviati dei servizi segreti americani e israeliani, uno scovanazisti italiano, un attore cieco fan di Charles Bronson, un reduce dal Vietnam fuori di testa. La vicenda è ambientata prevalentemente negli Stati Uniti, con incursioni fra Città del Guatemala, Singapore, Saigon. Sullo sfondo il clima esplosivo dell'estate del '68. Storia, cronaca e finzione si rincorrono fondendosi dalla prima all'ultima pagina di questo originale romanzo dal ritmo incalzante e dal finale al cardiopalma. Così accade che una spia in gonnella semini il Caos. Uno scheletro sia perdutamente innamorato di Anita Garibaldi. Una chitarra racconti la Beat generation. Una scultrice plasmi marijuana e hashish. Uno spietato killer del Mossad adori indossare scarpe rosa coi tacchi a spillo. E mentre scorrono fiumi di limonata all'LSD, esplode la questione nera, le università sono in rivolta, la musica psichedelica spopola tra i giovani e gli agenti dell'FBI reprimono le proteste.

La recensione

Lorenzo Mazzoni è nato a Ferrara nel 1974 e, prima di Quando le chitarre facevano l'amore, ha pubblicato diversi altri romanzi. Ammetto, senza vergogna, che non lo conoscevo e che dopo aver letto il suo ultimo libro, un po' forse dovrei vergognarmi di non aver letto nulla di suo. Rimedierò senz'altro.
Mi riesce difficile parlare di questo romanzo, ho creduto anche di non essere preparata abbastanza per poter espriremere un parere articolato. Mi risulta difficile perché anche solo riassumerne la trama costutiusce un ostacolo non da poco. Ma andiamo con calma, ordine e precisione, perché ci tengo a recensirlo e a recensirlo per bene.

In Quando le chitarre facevano l'amore è il pieno degli anni '60 quando uno scovanazisti italiano – Luigi Portaleone –, una coppia di omosessuali messicani che non parlano spagnolo, un Vecchio che di vecchio non ha proprio nulla, un ragazzo sopravvissuto alla guerra del Vietnam con l'amore come missione, un attore cieco che si finge il Presidente del Guatemala, una matrona bionda – Lolicia Smith –, e la sua sexy segretaria si mettono, per diversi motivi, sulle tracce di Martin Bormann, ex segretario personale nonché braccio destro di Adolf Hitler durante il periodo nazista.
Pare, infatti, che Martin Bormann non sia morto a Berlino nella notte tra l'uno e il due maggio del 1945 come tutti credono, ma sia vivo e vegeto e che passi la sua esistenza in una fantastica casa ad Anita, una cittadina del Texas fondata da un italiano. Martin Bormann, ormai Martin Weisberg, è cambiato e sono cambiati anche i suoi interessi: diventato pacifista e specializzato nella preparazione della sua famosa limonata, ha preso a cuore una rock band di giovani spostati, The Love's White Rabbits. Nella comune dove vivono i componenti dei The Love's White Rabbits e Martin Weisberg, si aggirano altri strani individui tra cui un gruppo di Hare Krishna e una povera tartaruga.

Neanche a dirlo, le strade di ogni personaggio si incontreranno e attraverso malintesi e strani avvenimenti le loro vite si intrecceranno. Questo è forse uno degli aspetti che più mi ha divertito del romanzo: la possibilità di seguire le vicende di ogni personaggio – chitarre incluse – raccontate seguendoli da vicino, passo dopo passo, durante il loro assurdo viaggio verso Anita. Cittadina che, grazie alle descrizioni delle strade percorse dai personaggi e dai loro itinerari di viaggio, sembra esista davvero. Almeno, io ci ho fermamente creduto che potesse esistere fino alla fine del romanzo per poi scoprire, invece, che in Texas non vi è alcuna Anita ma ce ne sta una in Iowa, che ospita 454 famiglie.
Ma dicevo, è un romanzo che mi ha divertita. Sembra strano, me ne rendo conto, considerando anche il non trascurabile dettaglio che, in fondo, il protagonista attorno cui tutto ruota è un uomo che, nel corso della sua miserabile vita, ha compiuto orribili crimini. Non sempre leggo volentieri romanzi che trattano argomenti importanti e terribili come l'Olocausto, perché è difficile che riesca a scindere il piacere della lettura dall'immensa tristezza che le morti dovute alla mera cattiveria umana mi suscita.
Nel caso di questo romanzo però è diverso, perché l'ironia e la scrittura piacevolmente accattivante di Lorenzo Mazzoni, in perfetto connubio con un interessante e ben sviluppato intreccio narrativo, rendono la lettura di Quando le chitarre facevano l'amore uno spasso.