domenica 2 agosto 2015

Recensione Quando le chitarre facevano l'amore

Il mese è infausto, il giorno scelto per pubblicare la recensione pure. Starete tutti al mare, alla faccia mia che invece lotto con i circa 40 pizzichi di zanzara che ho sparsi ovunque (il numero non è inventato) in 155 cm di altezza. Ho le gambe completamente ricoperte di ponfi che nemmeno la peste bubbonica. Il prossimo anno mi porto lo zampirone dietro, lo metto in un marsupio e lo porto dovunque vado perché, seriamente, non ce la posso fare. Pensate che l'anno scorso le zanzare sono riuscite comunque a superare la barriera dello zampirone, dell'Autan e della piastrina. Incredibile, devo proprio avere un sangue dal sapore pazzesco. Mandatemi un vampiro, ché io non ne conosco, così posso chiedere a lui che ne pensa.
Ma veniamo a noi! Oggi voglio parlarvi di Quando le chitarre facevano l'amore di Lorenzo Mazzoni, edito da Edizioni Spartaco, di cui la casa editrice mi ha gentilmente omaggiata. Edizioni Spartaco la lovvavo già in segreto, adesso proprio è amore dichiarato al mondo.

Titolo: Quando le chitarre facevano l'amore
Autore: Lorenzo Mazzoni
Editore: Edizioni Spartaco
Pagine: 348
Prezzo: 12 €
Il mio voto: 4 piume

Trama 

il 2 maggio del 1945. Martin Bormann, braccio destro di Adolf Hitler, scompare per le strade di Berlino durante l'avanzata sovietica. Vent'anni dopo, fonti prossime alla CIA lo identificano come Martin Weisberg, finanziatore eccentrico e pacifista della rock band The Love's White Rabbits vicina al Movimento radicale. Da qui ha inizio una caccia all'uomo che coinvolgerà settori deviati dei servizi segreti americani e israeliani, uno scovanazisti italiano, un attore cieco fan di Charles Bronson, un reduce dal Vietnam fuori di testa. La vicenda è ambientata prevalentemente negli Stati Uniti, con incursioni fra Città del Guatemala, Singapore, Saigon. Sullo sfondo il clima esplosivo dell'estate del '68. Storia, cronaca e finzione si rincorrono fondendosi dalla prima all'ultima pagina di questo originale romanzo dal ritmo incalzante e dal finale al cardiopalma. Così accade che una spia in gonnella semini il Caos. Uno scheletro sia perdutamente innamorato di Anita Garibaldi. Una chitarra racconti la Beat generation. Una scultrice plasmi marijuana e hashish. Uno spietato killer del Mossad adori indossare scarpe rosa coi tacchi a spillo. E mentre scorrono fiumi di limonata all'LSD, esplode la questione nera, le università sono in rivolta, la musica psichedelica spopola tra i giovani e gli agenti dell'FBI reprimono le proteste.

La recensione

Lorenzo Mazzoni è nato a Ferrara nel 1974 e, prima di Quando le chitarre facevano l'amore, ha pubblicato diversi altri romanzi. Ammetto, senza vergogna, che non lo conoscevo e che dopo aver letto il suo ultimo libro, un po' forse dovrei vergognarmi di non aver letto nulla di suo. Rimedierò senz'altro.
Mi riesce difficile parlare di questo romanzo, ho creduto anche di non essere preparata abbastanza per poter espriremere un parere articolato. Mi risulta difficile perché anche solo riassumerne la trama costutiusce un ostacolo non da poco. Ma andiamo con calma, ordine e precisione, perché ci tengo a recensirlo e a recensirlo per bene.

In Quando le chitarre facevano l'amore è il pieno degli anni '60 quando uno scovanazisti italiano – Luigi Portaleone –, una coppia di omosessuali messicani che non parlano spagnolo, un Vecchio che di vecchio non ha proprio nulla, un ragazzo sopravvissuto alla guerra del Vietnam con l'amore come missione, un attore cieco che si finge il Presidente del Guatemala, una matrona bionda – Lolicia Smith –, e la sua sexy segretaria si mettono, per diversi motivi, sulle tracce di Martin Bormann, ex segretario personale nonché braccio destro di Adolf Hitler durante il periodo nazista.
Pare, infatti, che Martin Bormann non sia morto a Berlino nella notte tra l'uno e il due maggio del 1945 come tutti credono, ma sia vivo e vegeto e che passi la sua esistenza in una fantastica casa ad Anita, una cittadina del Texas fondata da un italiano. Martin Bormann, ormai Martin Weisberg, è cambiato e sono cambiati anche i suoi interessi: diventato pacifista e specializzato nella preparazione della sua famosa limonata, ha preso a cuore una rock band di giovani spostati, The Love's White Rabbits. Nella comune dove vivono i componenti dei The Love's White Rabbits e Martin Weisberg, si aggirano altri strani individui tra cui un gruppo di Hare Krishna e una povera tartaruga.

Neanche a dirlo, le strade di ogni personaggio si incontreranno e attraverso malintesi e strani avvenimenti le loro vite si intrecceranno. Questo è forse uno degli aspetti che più mi ha divertito del romanzo: la possibilità di seguire le vicende di ogni personaggio – chitarre incluse – raccontate seguendoli da vicino, passo dopo passo, durante il loro assurdo viaggio verso Anita. Cittadina che, grazie alle descrizioni delle strade percorse dai personaggi e dai loro itinerari di viaggio, sembra esista davvero. Almeno, io ci ho fermamente creduto che potesse esistere fino alla fine del romanzo per poi scoprire, invece, che in Texas non vi è alcuna Anita ma ce ne sta una in Iowa, che ospita 454 famiglie.
Ma dicevo, è un romanzo che mi ha divertita. Sembra strano, me ne rendo conto, considerando anche il non trascurabile dettaglio che, in fondo, il protagonista attorno cui tutto ruota è un uomo che, nel corso della sua miserabile vita, ha compiuto orribili crimini. Non sempre leggo volentieri romanzi che trattano argomenti importanti e terribili come l'Olocausto, perché è difficile che riesca a scindere il piacere della lettura dall'immensa tristezza che le morti dovute alla mera cattiveria umana mi suscita.
Nel caso di questo romanzo però è diverso, perché l'ironia e la scrittura piacevolmente accattivante di Lorenzo Mazzoni, in perfetto connubio con un interessante e ben sviluppato intreccio narrativo, rendono la lettura di Quando le chitarre facevano l'amore uno spasso.

Non so bene perché, forse perché la lettura di questo libro l'ho completata in treno, dove i miei pensieri vagano e vagano e vagano perdendosi nel paesaggio ma, terminata la lettura, non ho potuto fare a meno di pensare a I love Radio Rock, un film inglese scritto e diretto da Richard Curtis che racconta la storia delle radio pirata inglesi degli anni sessanta.
In I love Radio Rock di spostati ce ne sono diversi, ma sopratutto c'è la stessa atmosfera e lo stesso amore per la musica che ho ritrovato nelle pagine di Lorenzo Mazzoni.
Perché dico questo? Perché Luigi Portaleone, di mestiere scovanazisti, di musica ne sa davvero molto poco ma non si può dire lo stesso dell'autore che, invece, sapientemente inserisce riferimenti alla musica di quegli anni sia americana sia italiana. Un amore per la musica che si intravede anche in molti dialoghi:
"«Martin Bormann è morto, amico, e adesso anche i tedeschi hanno Dio dalla loro parte[1]. Se senti il bisogno di scontrarti con il Sistema è Chicago il posto giusto. Le forze dell'ordine sono irrequiete, hanno bisogno di un posto dove andare[2] e si recheranno a Chicago, durante la Convention dei Democratici, a organizzare il loro picnic di repressione. Io andrei là se volessi battermi con i fantasmi di Bormann e di quegli altri fottuti nazisti. Mi batterei con i porci, con gli sbirri nazionalsocialisti americani, ma io credo proprio di averne avuto abbastanza[3], io sono fuori da queste cose. Sai, la vita a volte deve scorrere stando da soli[4]»".
Dove i riferimenti sono, rispettivamente, a strofe delle canzoni: [1] With God on our side di Bob Dylan ("The Germans now too have/ God on their side"), [2] Desolation Row di Bob Dylan ("And the riot squad they're restless/they need somewhere to go"), [3] Just like Tom Thumb's blues di Bob Dylan ("I do believe I've had enough"), [4] It's alright ma (I'm only bleeding) di Bob Dylan ("Life sometimes must get lonely"), [5] Ballad of a thin man di Bob Dylan ("Something is happening here/but you don't know what it is/do you Mister Jones").
E poi:
"«Senti, ma che cosa passa adesso alla radio?». 
[...]
«Mah... La bambola di Patty Pravo... Angeli negri, che la canta Leali, e poi quel pezzo, Luglio». E iniziò a canticchiare con voce leggiadra.
Luigi strinse forte la cornetta per l’irritazione. «Poi?». «Non so, Luigi... mi sembri matto... Caterina Caselli, Orietta Berti, Gianni Morandi... e Piccola Katy dei Pooh, che mi piace tanto». E cantò anche una strofa di Piccola Katy, mentre lui si sforzava di non urlare la sua esasperazione alla folla aeroportuale." 

Un romanzo allegro, alcune volte assurdo, con una trama sicuramente fuori dagli schemi. Un libro che, se non è ancora abbastanza chiaro, vi consiglio di leggere soprattutto se cercate una storia che vi faccia passare alcune ore in compagnia di gente che di normale ha ben poco.

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