Gente, buongiorno!
Finalmente oggi vi parlo de La casa di Parigi di Elizabeth Bowen, letto in pochissimo tempo ma che ha, invece, richiesto tanto tempo per essere metabolizzato. Strano che per alcuni libri il tempo di lettura sia inversamente proporzionale al tempo di "digestione". Con la vecchiaia, sic, mi accade più spesso di quanto si immagini. Forse perché scelgo libri più complessi, diciamo così, rispetto a quelli che leggevo prima. Comunque, i miei complimenti a Sonzogno che da un po' di tempo a questa parte sta pubblicando tutta bella robetta che qui, in casa Nereia, è molto ben gradita (ma la copertina? Eh? La copertina?! Oddeo!).
Titolo: La casa di Parigi
Autore: Elizabeth Bowen
Editore: Sonzogno
Traduttore: Alessandra Di Luzio
Pagine: 286
Prezzo: 16 €
Il mio voto: 3,5 piume
Trama
Siamo a Parigi, in inverno, la Grande guerra è finita da poco, aleggia sulla città un'atmosfera cupa e vischiosa. Alla Gare du Nord scende Henrietta, undici anni, con in mano la sua scimmietta di pezza. Viene a prenderla la signorina Fisher, un'amica di famiglia che la ospiterà per una intera giornata in un elegante appartamento, in attesa di farla ripartire per il Sud della Francia. In quella casa borghese, dal confortevole odore di pulito, Henrietta si imbatte in una gradita sorpresa: c'è un suo coetaneo, il fragile Leopold, avviato verso un futuro incerto. Tra i due bambini, estremamente sensibili e inquieti, dopo l'iniziale diffidenza, si accende la curiosità: di ciascuno nei confronti dell'altro, e di entrambi verso il misterioso mondo degli adulti. I due fanciulli, grazie agli indizi disseminati attorno a loro, rivivono, tra immaginazione e realtà, le tormentate storie d'amore dei grandi, in particolare quella scandalosa tra la madre di Leopold e il suo padre naturale. Acclamato come un classico al momento della pubblicazione (1935), "La casa di Parigi", oltre a mettere in scena una rovente passione sentimentale, è un acuto studio psicologico e un esercizio di finezza letteraria sulla prima irruzione del dolore, sulla scoperta del sesso e sulla perdita dell'innocenza.
Siamo a Parigi, in inverno, la Grande guerra è finita da poco, aleggia sulla città un'atmosfera cupa e vischiosa. Alla Gare du Nord scende Henrietta, undici anni, con in mano la sua scimmietta di pezza. Viene a prenderla la signorina Fisher, un'amica di famiglia che la ospiterà per una intera giornata in un elegante appartamento, in attesa di farla ripartire per il Sud della Francia. In quella casa borghese, dal confortevole odore di pulito, Henrietta si imbatte in una gradita sorpresa: c'è un suo coetaneo, il fragile Leopold, avviato verso un futuro incerto. Tra i due bambini, estremamente sensibili e inquieti, dopo l'iniziale diffidenza, si accende la curiosità: di ciascuno nei confronti dell'altro, e di entrambi verso il misterioso mondo degli adulti. I due fanciulli, grazie agli indizi disseminati attorno a loro, rivivono, tra immaginazione e realtà, le tormentate storie d'amore dei grandi, in particolare quella scandalosa tra la madre di Leopold e il suo padre naturale. Acclamato come un classico al momento della pubblicazione (1935), "La casa di Parigi", oltre a mettere in scena una rovente passione sentimentale, è un acuto studio psicologico e un esercizio di finezza letteraria sulla prima irruzione del dolore, sulla scoperta del sesso e sulla perdita dell'innocenza.
La recensione
Dopo diverso rimuginare (e rimandare!), sono riuscita a scrivere la recensione de La casa di Parigi di Elizabeth Bowen, pubblicato da Sonzogno nella traduzione di Alessandra Di Luzio.
È un'impressione che avevo avuto già leggendo La morte del cuore, pubblicato da Neri Pozza nel 2012, quella che la traduzione dei testi della Bowen non sia poi cosa leggera. Un po' per il lessico utilizzato e il registro stilistico dell'autrice e, in larga parte, per i suoi repentini cambi di punti di vista. È un'autrice difficile la Bowen, da leggere e da tradurre.
La casa di Parigi, apprendo solo dopo averlo letto, è il quinto romanzo di Elizabeth Bowen, autrice irlandese vissuta tra il 1899 e il 1973 di cui avevo scoperto le uniche due opere pubblicate in Italia grazie alla biblioteca vicino casa mia.
La Bowen, insieme ad altri illustri artisti quali la Virginia Woolf – che ne era anche la fondatrice insieme al fratello –, Lytton Strachey ed Edward Morgan Forster faceva parte del Bloomsbury Group, nato come un'assemblea sociale informale di neolaureati all'Università di Cambridge. Sebbene si occupassero di arte in modi diversi, del gruppo non facevano parte solo scrittori ma anche pittori, critici e musicisti, accomunati dallo stesso pensiero: l'importanza dell'arte. Le loro singole opere, perché come gruppo non produssero mai nulla, influenzarono la letteratura, la critica, l'economia e furono di grande riferimento per movimenti quali il femminismo e il pacifismo.
La Bowen, insieme ad altri illustri artisti quali la Virginia Woolf – che ne era anche la fondatrice insieme al fratello –, Lytton Strachey ed Edward Morgan Forster faceva parte del Bloomsbury Group, nato come un'assemblea sociale informale di neolaureati all'Università di Cambridge. Sebbene si occupassero di arte in modi diversi, del gruppo non facevano parte solo scrittori ma anche pittori, critici e musicisti, accomunati dallo stesso pensiero: l'importanza dell'arte. Le loro singole opere, perché come gruppo non produssero mai nulla, influenzarono la letteratura, la critica, l'economia e furono di grande riferimento per movimenti quali il femminismo e il pacifismo.
Leggendo le opere di Elizabeth Bowen, autrice praticamente sconosciuta in Italia, non è difficile immaginare in che modo la sua scrittura abbia influenzato la letteratura anglosassone.
Nello scrivere La casa di Parigi, la Bowen si avvale del concetto filosofico del tempo, suddividendo il romanzo in presente, passato e presente progressivo (presente continuous in inglese, tempo verbale non appartenente alla lingua italiana) e ambienta gran parte della vicenda, salvo il passato, in un unico luogo: la casa di Parigi della signorina Fisher.
È interessante questo aspetto del romanzo perché il tempo è un non tempo: tutto rimane sospeso, senza che il tempo fisico corrisponda mai al tempo mentale.