mercoledì 22 giugno 2016

Canto della pianura, Kent Haruf – recensione

Avrei voluto che questo post uscisse la settimana scorsa, ma non ci sono riuscita. E non per questioni di tempo, sia chiaro – anche se pure quello ultimamente scarseggia un po' –, quanto piuttosto perché non sapevo in che modo affrontare Canto della pianura.
Mi succede più spesso di quanto immaginiate, soprattutto con quei libri che, davvero, non hanno bisogno della mia opinione. Ci provo comunque, conscia di non essere all'altezza di un romanzo così.

Canto della pianura – sebbene in molti non lo sappiano e dicano che no, non è così è il secondo perché il primo è Benedizione – è il primo romanzo della Trilogia della pianura (controllare su wikipedia prima di lasciare qualsivoglia commento su questa faccenda). 
La diatriba è aperta e fa molto discutere. Io ho scelto di leggere i romanzi nell'ordine con il quale sono stati scritti, sebbene questa non sia una vera e propria trilogia – e anche Haruf stesso lo sosteneva.
Ho iniziato, quindi, da Canto della pianura perché avevo la possibilità di leggere Crepuscolo insieme al gruppo di lettura de Il tè tostato. È insensato, o forse no, ma è davvero andata così. Potevo confrontarmi con Laura, che stimo molto, su un titolo (o meglio, un autore) che stava facendo molto parlare di sé e ho colto l'occasione per acquistare (e leggere in circa 24 ore) il primo volume.

Haruf ha impiegato praticamente 16 anni per completare la stesura della trilogia e questo potrebbe voler dire che, in fondo, davvero la reputava una trilogia non trilogia; oppure, semplicemente, gli ci sono voluti diversi anni per elaborare quanto aveva da raccontare.
E non mi risulta difficile da credere, considerando che, ogni giorno, Kent Haruf si sedeva alla macchina da scrivere indossando un berretto di lana fino a coprirsi gli occhi così da poter scrivere ciecamente, immergendosi pienamente nella piccola città da lui creata in Colorado, sfondo e contemporaneamente protagonista di ognuno dei tre romanzi della trilogia. Non doveva essere semplice isolarsi del tutto, non doveva essere per niente semplice tornare, con la mente, ai luoghi in cui aveva vissuto da bambino (luoghi che Haruf ha incontrato nei diversi posti in cui ha vissuto, ma che attribuisce a Holt, città che, in realtà, non esiste).
Non che, comunque, di norma fosse un autore particolarmente veloce nella sua produzione e, a dimostrazione di ciò, vi è l'esiguo numero di libri scritti dal 1984 al 2014, anno della sua morte (l'ultimo libro è, infatti, stato pubblicato postumo).

Già Rizzoli, nel 2000, aveva colto il potenziale di questo romanzo e lo aveva fatto approdare in Italia a un solo anno di distanza dalla pubblicazione in America. Forse i tempi non erano maturi, forse il progetto grafico della copertina non era adeguato al momento storico dell'editoria italica (sebbene avessero scelto, stranamente, di mantenere la copertina originale) o forse, semplicemente, Haruf era in anticipo. Succede, alle volte, che un autore sia in anticipo rispetto al periodo storico in generale e di un paese in particolare.
A tal proposito mi viene in mente l'enorme successo di John Fante a seguito della sua ripubblicazione da parte di Einaudi, successo che, invece, con Marcos y Marcos era stato molto contenuto. Non ricordo assolutamente cosa andasse di moda in Italia nel 2000, ma forse Haruf non rispecchiava le esigenze dei lettori in quel momento.
A oggi, per fortuna, le cose stanno diversamente. Il successo di molte ripubblicazioni, da parte delle case editrici, di grandissimi autori americani del passato e del presente (penso a Fazi con la Baker e la serie dei Cazalet, a Bompiani che ripubblica Lethem, ad esempio) e il crescente interesse dei lettori verso le piccole e medie case editrici ha fatto sì che Haruf trovasse una montagna di morbidi cuscini ad attenderlo al suo lancio.

A dispetto di una scrittura (e una più che egregia traduzione operata da Fabio Cremonesi) semplice, asciutta e priva di fronzoli, Canto della pianura non è un libro affatto semplice e ho come l'impressione che nessuno dei libri della trilogia lo sia davvero (per la sottoscritta, in verità, non è semplice neanche parlarne).
Non ci sono esclamazioni ed eccessi in questo romanzo, nessuno urla mai, nessuno perde mai davvero la testa, a esclusione di un unico avvenimento che è comunque raccontato con un garbo e una linearità che è difficile trovare in letteratura. 
E infatti ci ho riflettuto, ci ho riflettuto davvero moltissimo, e non sono riuscita a trovare un equivalente di Haruf nella letteratura americana e non. 
Nessuno è come Kent Haruf, nessuno ti mostra la normalità e la quotidianità della vita in questo modo, con questi toni, con questa attenzione all'ambiente circostante. Una normalità che, però, nasconde un malessere, una fragilità e alcune volte anche un profondo disagio che contribuiscono a rendere l'universo di Holt e dei suoi personaggi estremamente realistico.
Nessun essere umano è veramente perfetto, né nella vita vera, né nella pacata e pianeggiante Holt.  E neanche Holt è perfetta, con i suoi inverni rigidi, le sue copiose nevicate, il vento tagliente. 

«Fuori, il vento era aumentato rispetto al pomeriggio. Lo sentivano ululare attorno alla casa, gemere e rumoreggiare fra gli alberi spogli. La neve farinosa, sollevata dal vento, passava davanti alle finistre e sfrecciava in raffiche improvvise attraverso il cortile gelato, alla luce di un fanale appeso a un palo del telefono sul retro. Candidi, vorticosi mulinelli nella luce azzurrina. In casa regnava il silenzio».

Canto della pianura racconta le vite di persone comuni e, allo stesso tempo, uniche e straordinarie. Personaggio centrale, importante ed estremamente positivo è Maggie Jones, una donna forte e decisa che riuscirà, con un solo gesto, a salvare quattro vite e a migliorarne un'altra ma che, nonostante tutto, non è estranea al disagio. Nessuno, in Canto della pianura, è veramente estraneo al disagio, anzi. Le vite dei personaggi di Holt sono, in un modo o in un altro, toccate da tragedie e mi viene da pensare che, se si fossero trovati in un posto diverso da Holt, nessuno di loro sarebbe sopravvissuto.
Forse i protagonisti non sono le persone, non sono i fratelli McPheron – contadini dalle mani callose, dalla faccia arrossata dal freddo e dal sole ma dall'altruismo disarmante –, non è Guthrie – docente e padre apprensivo –, non è Victoria – delicata e preziosa creatura, docile e ingenua, destinata a offrire amore incondizionato a chi, di amore, nella vita ne ha ricevuto ben poco. 
Forse, appunto, i protagonisti di questo romanzo non sono le persone, ma lo sono invece le vite di queste persone, le azioni e le decisioni che contribuiscono al cambiamento e al conseguente assestamento di una nuova quotidianità. 


Titolo: Canto della pianura
Autore: Kent Haruf
Traduttore: Fabio Cremonesi
Editore: NN Editore
Prezzo: 18 €
Pagine: 304
Il mio voto: 4 piume
Maggiori informazioni: scheda sul sito di NN

10 commenti:

  1. Io ho deciso di seguire l'ordine di pubblicazione di NN e quindi sono partita da Benedizione che, manco a dirlo, è meraviglioso. Inutile specificare che il giorno dopo ho ordinato appunto Canto della Pianura e Crepuscolo. Non vedo l'ora di conoscere i fratelli McPheron, anche se in Benedizione Dad li cita, quindi, a grandi linee, conosco i tratti della loro storia.

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    1. I fratelli McPheron sono <3. Ecco, ho detto tutto. Li adoro, immensamente. E non perché sono troppo perfetti per essere veri o cosa, nono. Perché sono personaggi bellissimi, straordinari ma anche equilibrati. Belli, davvero.
      Benedizione lo comprerò, ma non voglio leggerlo subito però. Voglio attendere un po', almeno un paio di mesi.

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  2. Ciao! Questa trilogia di Kent Haruf ultimamente mi sta perseguitando, in senso positivo naturalmente! Tante parole spese per descrivere un romanzo che a detto di tutti vale veramente la pena leggere e mi avete convinto, lo leggerò! Ho scoperto il tuo blog per caso e la tua recensione ha confermato ogni mio dubbio!
    Mi sono unita ai tuoi lettori e ho inserito il tuo blog nella mia homepage tra quelli che seguo, se ti va di passare da me mi trovi qui:
    www.incantodeilibri.blogspot.it
    un abbraccio, Rosa

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    1. Sì, direi che una lettura la merita davvero! Se hai tempo e voglia, entra anche tu nel mondo di Holt, non te ne pentirai.
      Carino il tuo blog, in questi giorni vengo a spulciarlo bene. Torna presto a trovarmi :)

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  3. basta, ne parlate tutti troppo bene.
    e per tutti, intendo i tutti di cui mi fido, ché sono una stronza schizzinosa quando si tratta di dar credito a chi suggerisce libri.

    beh, vado a buttare roba in wishlist, ciao!

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    1. Ahahaha scusa, non volevo farti mettere un altro libro in lista desideri xD

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  4. Il modo di scrivere di haruf ti prende immediatamente. ..Ti affascina e ti trasferisce nella vasta provincia americana con storie quotidiane comuni a tutti i paesi del mondo. La scrittura semplice apparentemente, pur assomigliando hai racconti della Munro, secondo me, è ancora più efficace. Si legge meravigliosamente bene e ti porta in un mondo appena dell'altro ieri. Chi come me ha vissuto negli anni 50/60 ritrova quei problemi e quelle creature pure che vivevano facendo del bene. Io sono contemporanea dello scrittore e sicuramente questo mi ha fatto apprezzare ancor di più questa trilogia

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  5. Il modo di scrivere di haruf ti prende immediatamente. ..Ti affascina e ti trasferisce nella vasta provincia americana con storie quotidiane comuni a tutti i paesi del mondo. La scrittura semplice apparentemente, pur assomigliando hai racconti della Munro, secondo me, è ancora più efficace. Si legge meravigliosamente bene e ti porta in un mondo appena dell'altro ieri. Chi come me ha vissuto negli anni 50/60 ritrova quei problemi e quelle creature pure che vivevano facendo del bene. Io sono contemporanea dello scrittore e sicuramente questo mi ha fatto apprezzare ancor di più questa trilogia

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    1. Leggo questo commento solo ora (ma perché? Perché?) quindi rispondo con un po' di ritardo.
      Non ho mai letto nulla della Munro, non so perché ma i suoi libri non mi attirano così tanto da avvicinarmi a lei. Forse dovrei, probabilmente dovrei. Di Haruf sì, ho apprezzato il fatto che si faccia leggere meravigliosamente bene, hai usato l'espressione corretta :)

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