mercoledì 13 luglio 2016

Questione di incipit #11



Buongiorno gente (disse quella che augura il buongiorno alle quattro di pomeriggio)!
Anche oggi, come la volta scorsa, vi mostrerò solo l'incipit del libro che sto leggendo e non perché non abbia libri brutti in serbo per voi, sia chiaro, ma solo perché non sono stata in grado di sceglierne uno che mi va anche di leggere. Ne ho diversi in arretrato, così userò questa settimana per mettere chiarezza dentro di me e scegliere bene a cosa dare una chance. Tra l'altro non riesco a capire come mai ma, più avanza l'estate, meno tempo ho a disposizione. O meglio, non so in cosa lo perdo. 
Cosa faccio, a parte boccheggiare, dalla mattina alla sera? Davvero non me lo spiego. A parte cominciare a somigliare a un barattolo sempre di più, ma di quelli delle conserve, belli ciotti, col tappo con scritto "Quattro stagioni", presente?, non so davvero in cosa perda il mio tempo. Se dovessi mai scoprirlo ve lo faccio sapere, ché lo so che siete curiosi. Noto con piacere che blogspot ha rimesso a posto le immagini, dopo avermi fatto penare non poco, ma oggi ha un altro problema: a intermittenza mi dice che si è verificato un problema nel salvataggio del post. Ora, è vero io non sono la persona più paziente del mondo e rischio l'esplosione anche per cose minori, ma davvero blogspot mi sta facendo uscire dai gangheri in questi giorni. Non ce la posso fare.
Se riuscissi a utilizzare un po' del tempo che non so in che modo perdo, potrei migrare su wordpress. Però mo' basta eh, ogni volta c'ho il cappello introduttivo più lungo dell'anteprima del libro che sto leggendo, non va mica bene 'sta cosa.

Ho acquistato questo libro diverso tempo fa, non appena il mio corso in correzione bozze è volto al termine. Il motivo? Con l'insegnante, Leonardo, eravamo andati in tipografia affinché lui ci mostrasse come veniva stampato un libro. La tipografia stava stampando i libri di 66thand2nd e ne aveva a migliaia! Tanti, tantissimi, freschi di stampa e profumelli di inchiostro.
Shoeless Joe, nello specifico, non c'era ma ricordo che una volta tornata a casa mi misi a spulciare il loro catalogo e boh, rimasi forse colpita dai colori di questa copertina? Non saprei, onestamente. Shoeless Joe è la storia di Ray che vive con la moglie e la figlia nella propria fattoria di Iowa. Un giorno, una voce lo convinverà a costruire un campo da baseball tra le piante di granturco per far tornare a giocare "lui", ossia proprio Shoeless Joe Jackson, campione coinvolto in uno scandalo nel 1919. La stessa voce, qualche tempo più tardi, lo convincerà a intraprendere un viaggio per strappare Salinger (quel Salinger!) dal suo isolamento volontario. Sarà forse stato il riferimento a Salinger? Chi lo sa, fatto sta che l'ho comprato e poi accantonato tra i libri da leggere prima di morire. Qualche giorno fa la mia bottiglia dei to be read ha sputato fuori il bigliettino con scritto il titolo di questo libro e, quindi, eccoci qua. Contrariamente a quanto si legge in giro, non è stato prima girato il film – che in italiano si chiama L'uomo dei sogni proprio per somigliare meglio a un romance da due soldi – e poi scritto il libro, ovviamente (dico ovviamente perché io, altrimenti, non lo avrei acquistato). 

***

1. Shoeless Joe arriva in Iowa

Mio padre raccontava di averlo visto giocare anni dopo in una lega di quart'ordine per una cittadina tessile della Carolina, con le scarpe ai piedi e sotto falso nome.
«Aveva messo su una ventina di chili e lo scatto nell'outfield non era più quello di una volta, ma sapeva ancora battere. Ah, quanto era bravo a colpire una palla quell'uomo! Nessuno è mai stato bravo a battere come Shoeless Joe».
Tre anni fa, in una sera di primavera con un cielo azzurro come le uova di pettirosso e il vento leggero come un pulcino appena nato, me ne stavo seduto sulla veranda della mia fattoria nell'Iowa orientale quando una voce mi ha detto chiaramente:
«Se lo costruisci, lui verrà».
Era la voce di uno speaker da stadio. Mentre parlava, ho avuto la visione immediata del prodotto finito che – lo sentivo – ero stato chiamato a realizzare. Vedevo gli altroparlanti squadrati e scuri, simili al berretto dei marinai di un tempo, appollaiati sui pali della luce color alluminio che infiammavano il campo da baseball. In quel momento esatto io mi trovavo dietro la casa base.
A dire il vero, chiunque altro lì davanti a me avrebbe visto solo un prato spelacchiato, con qualche soffione e la gramigna, che confinava con il campo di granturco posto a una cinquantina di metri da casa. 
«Chiunque altro» sarebbero mia moglie Annie, mia figlia Karin, un collie giallo come il grano chiamato Carmelita Pope e Junior, un porcellino d'India bianco e ocra goloso di spaghetti che squittiva contento ogni volta che qualcuno apriva lo sportello del frigo. Karin e il cane non avevano ancora compiuto due anni.
«Se lo costurisci, lui verrà» ha ripetuto lo speaker nell'inglese gracchiante tipico del Midwest, come se la voce fosse stata registrata su un disco a 78 giri.
Una conferenza di tre ore o un manuale di cinquecento pagine non avrebbero potuto fornirmi indicazioni più precise: le dimensioni del campo da baseball hanno cominciato a saltellarmi intorno come pulci e il prezzo dei pali della luce e dei riflettori mi ronzava in testa come le falene che svolazzano contro il lume sopra di me.
Sono state le uniche istruzioni che ho ricevuto: due annunci e la visione di un campo da baseball. Sono rimasto seduto lì finché quel buio di seta non è diventato totale. Qualche nuvola rappresa striava la luna. Il silenzio era così profondo che riuscivo a sentire le palpebre muoversi.

***

Non me ne vogliate, è corto perché ho dovuto copiarlo manualmente e fa veramente troppo caldo per riuscire a stare davanti al computer a fà 'ste cose per più di un tot. 
Tra l'altro, so perfettamente che questo non è il tipo di libro che vi aspettereste di trovare da queste parti ma, in effetti, qualcosa che vi aspettate di trovare qui sopra c'è mai? Perché ho come l'impressione di leggere cose casuali e completamente diverse tra loro, oltre che essere usciti il mese scorso oppure nel 2009 – come questo libro, ad esempio. Forse dovrei chiedere a Quelo perché stiamo andando e dove, soprattutto, per capire che problemi ho nello scegliere i libri da leggere. 
Se voi lo sapete o pensate di averlo intuito ditemelo tranquillamente eh, magari mi si apre un mondo.
Al prossimo mercoledì con il libro bello ma anche quello brutto (soprattutto con quello brutto!).
Io me vado a vedè Orange is the new black, cià cià.

4 commenti:

  1. "un cielo azzurro come le uova di pettirosso" quanto mi fa incazzare 'sta cosa! Le uova dei pettirossi nostrani non sono azzurre cielo. Lo sono quelle dei Robin, uccelli della regione dei grandi laghi a noi sconosciuti. Allora, te traduttore, non ci puoi mette un po' di fantasia?! O cambi l'uccello, o cambi il colore del cielo
    ipse dixit
    daje Nereia chè ha rinfrescato

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    1. Eh, non so perché non ci aggiungono azzurro come le uova del pettirosso Robin. Forse perché se pensano che la gente pensa che Robin è il pettirosso dello scrittore? Vabbè, bastava mettere "americano" subito dopo pettirosso anche senza specificare la razza e andava bene lo stesso.
      È un errore molto comunque, comunque. Forse sarebbe meglio dire imprecisione? Dimenticanza? Comunque, lo fanno tutti. Il perché è sconosciuto.

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  2. Fa caldo anche qui, così caldo che non riesco più neanche a pensare! Io sto leggendo "L'inconfondibile tristezza della torta al limone" di Aimee Bender (altro libro scartato dalla biblioteca locale), meriterebbe più attenzione di quella che riesco a dargli :)

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    1. Scartato dalla biblioteca locale? O_o E perché mai?
      Com'è la torta al limone? Della Bender ho letto solo Un segno invisibile e mio e boh, bello in alcune parti e WTF? in altre. Non so mica se m'è piaciuto o no.

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