lunedì 26 settembre 2016

Photoshop non ti conosco, obbrobrio non ti temo, Paint ti amo 26 settembre – 2 ottobre


Buongiorno e buon lunedì a tutti!
Come sempre – e quando mai?– me devo da sbrigà perché devo fare una carovana di roba nella giornata di oggi e sono ancora qui, a casa, davanti al computer, con il mio pigiama azzurro puffo. 
Molto lentamente ho deciso che apporterò alcuni cambiamenti da queste parti, vediamo se riuscirò ad attuarli entro il 2036 o, come al mio solito, impiegherò un milione di anni per decidermi.
Eh, so' una tipa pure troppo precisa (ahimè) per fare le cose all'acqua di rose. Potrei parlarvi di un sacco di cose, ma facciamo invece che vediamo subito le copertine sennò se fa notte e io sto ancora qui a cercare di fare un riassunto dei miei ultimi due mesi di vita.
L'unica cosa che posso dirvi è "stay tuned" ché ci saranno un po' di cose nuove, nei giorni a venire.
Adesso, in barba alla mia logorrea, andiamo a vedere cosa potete trovare in libreria questa settimana.


A me, guardando la copertina di Bugie pericolose di Becca Fitzpatrick, mi s'è riproposta la salsa alioli che me so' magnata ieri. Ve lo dico, c'ho avuto un reflusso gastrico all'aglio che avrei potuto, con un solo rutto, stendere un esercito di vampiri (e pure essere umani, nonché ricolorare le pareti del mio appartamento).
Dopo la reazione di puro terrore, mi sono soffermata sui denti della gentil pulzella che abbiamo, purtroppo, alla nostra sinistra. Quante file di denti inferiori ha? Perlomeno due, mi tocca pensare, visto che ce li ha stranamente troppo in avanti. Oppure sta facendo quel gioco con la dentiera che faceva il prete del campo estivo dove andavo io. Il prete era convinto che togliere la dentiera inferiore e spingerla quasi fuori dalla bocca fosse un gioco divertente. Io lo ritenevo così schifoso e terrificante che ho smesso di andare a quel campo estivo: me sentivo in un libro di Stephen King. E invece ero in Sicilia, negli anni '90.
Lo sguardo da trota salmonata cotta con le patate è sexy esattamente come me con il pigiama azzurro puffo. Quello accanto poi chi è? Il fratello? Ha tipo 12 anni e il naso più corto che io abbia mai visto. Tra la fine del suo naso e l'inizio delle sue labbra ce passano almeno un paio d'anni. Io boh, non so che pensare. Probabilmente hanno pensato che, aggiungendo la lista della spesa della mia portiera in copertina (metticele altre du' cose scritte), la gente si sarebbe distratta e non avrebbe visto i denti della tipa. I miei occhi invece continuano a soffermarsi lì. Niente oh, ce provo a guardare il titolo color cemento armato, ma vedo solo i denti.
La scheda dice che Stella non è il suo vero nome, il Nebraska non è la sua vera casa, lei non è lei (magari, se c'abbiamo fortuna, quelli non so' i suoi veri denti), ma adesso è lì e si chiama così perché, dopo aver assistito all'omicidio della madre da parte del suo spacciatore, è finita nel programma di protezione testimoni. Lei odia quel posto e poi vuole tornare dal suo fidanzato, così pensa che rendersi antipatica a tutti, compresi gli agenti che la proteggono, sia una strategia vincente per tornare a casa. Ma poi conosce Chet, che forse fa il dentista, e sticazzi del fidanzato e il Nebraska mai è stato così bello in autunno. Fine.

Poi dici che uno giudica i libri dalla copertina! Ma, dico, seriamente abbiamo preso il sosia – solo da dietro – di Ben Affleck, lo abbiamo ritagliato male e lo abbiamo piazzato in un appartamento tutto vetri all'Eur, proprio lì dove si vede la ruota panoramica del LunEur?
Ora, io è vero che amo Roma con l'anima e la vedo ovunque, ma raga, quella è chiaramente la ruota panoramica del LunEur, non accetto obiezioni.
La totale assenza di capacità grafiche di chi ha fatto 'sta ciofeca è talmente evidente che non ci sarebbe neanche bisogno di commentarla. Il bianco e nero tattico per non far vedere gli orrori del ritaglio, però, non ha funzionato granché, se non per evidenziare ancora di più le gambe storte del nostro sfortunato Ben. Tesò, io pure ho le ginocchia valghe e però cerco di non metterle in mostra. Dovresti fà lo stesso, ne gioveresti tu e anche chi guarda le foto per le quali ti presti.
Il Times New Roman dimensione 108 regna sovrano insieme all'effetto vignettatura di Instagram. 
La scheda ci dice che Jess è arrivata ai 29 anni "illibata" anche se è interessata agli uomini. Ora, a parte che "illibata" è un termine che sulla faccia della Terra conoscono in 10 e di questi 10 nessuno legge romanzi come questi... Poi, ognuno arriva illibato all'età che gli pare e, soprattutto, una interessata agli uomini deve darla via per forza a 13 anni? Ma 'ndo sta scritto, scusate? Io boh. Come se fossero legate le due cose: interessata agli uomini = la dà via ogni volta che vede un uomo, non interessata agli uomini = illibata fino alla morte. Ma chi le scrive 'ste cose? Io sarò pure troppo interessata alla questione femminile, ma questi concetti maschilisti nei libercoli dei miei coglioni hanno anche un po' stufato. E mo' siccome che a me il maschilismo spicciolo me fa salì in sangue al cervello, manco ve spiego come va a finì questa sensazionale trama, tanto è nammerda.


Io proprio boh. Devo esprimermi davvero? Lo chiedo a voi, devo esprimermi? Perché qui ci starebbe molto più che bene una bella segnalazione muta. 
Soprattutto perché le mani di questa ragazza sembrano le mani di un manichino. Ao', ma quanto ce l'hai lungo il pollice? T'arriva all'indice, t'arriva. 
Ora, io ho fatto la prova. Me so' messa come lei (cioè me so' poggiata una mano sulla tetta, in sostanza) e me so' guardata allo specchio. Niente, il mio pollice rimane delle dimensioni da pollice e cioè, metro alla mano (voi lo sapete che io faccio le cose seriamente), di circa 3 cm più corto dell'indice. Lei, invece, avrà il pollice magico, che ve devo dì. C'ha l'indice di 10 cm e il pollice di 9. E non è neanche imparentata co' ET. Non so come sia possibile.
C'ha anche una ciocca di capelli che segue le stesse leggi della fisica dei capelli di Pippi Calzelunghe, e non so come sia possibile. Cioè no, lo so, per i capelli di Pippi usavano il fil di ferro. Ma lei? Prima d'uscì se mette il fil di ferro in una sola ciocca di capelli?! Tesò, ma stai bene? A me pare pure che stai a morì, dato che hai le mani dello stesso colore di uno morto da un paio di giorni. E stai pure facendo morire il tuo amico, che ha la faccia per metà abbronzata e per metà bianca cadaverica.
Ho guardato la scheda e no, non è la storia di Linda, un vampiro energetico, ma di Saige, la dolce ragazza dai capelli rossi, e di Sylas (che forse si chiama Quinn) che la ha sottovalutata. Ma loro insieme sono una bomba, perché mentono e agiscono sotto copertura. No, tesò, mentire sempre è una patologia, se chiama pseudologia fantastica e se po' curà con uno bravo. Vabbè, ma tanto poi so' morti tutti e due, a giudicare dal colorito, quindi anche chi se ne frega. Un plauso speciale a chi ha scelto il font. Veramente classy.


Per questo lunedì per fortuna è tutto perché se avessi di nuovo ruttato l'alioli di ieri non staremmo qui tutti a parlare allegramente, probabilmente avrei liquefatto il mio computer con la mia fiatella.
Vi auguro una settimana piena di vampiri energetici! 


mercoledì 21 settembre 2016

Questione di incipit #13



Buongiorno lettori!
Oggi torna Questione di incipit, la rubrica nella quale vi mostro due incipit: uno di un libro normale e uno di un libro di quelli di cui parliamo allegramente il lunedì.
Dopo una pausa molto lunga, dovuta un po' all'estate e un po' al mio trasferimento a Barcellona (che mi ha provata non poco, lo ammetto), ritorniamo a vedere un po' cosa sto leggendo.
Il mese di agosto e di settembre, in quanto a letture, sono davvero imbarazzanti, nel senso che non ho letto praticamente nulla e me ne vergogno. Però, ecco, avevo cose più importanti a cui pensare, detto tra noi. In più, il blocco del lettore mi ha messo – e continua a mettermi – a dura prova.
Semplicemente, non mi va di leggere. Il motivo? Non lo so.
Oggi, comunque, vi mostro le letture del periodo e, in anteprima, il romanzo che farà parte della prossima puntata di So classy! Pronti? Pronti.

Agnes Grey è il primo libro scritto da Anne, la più piccola delle sorelle Brontë disgraziatamente morta a soli 29 anni.
Non ho letto nulla di Anne, ahimè, sebbene mi sia riproposta di farlo praticamente ogni anno. Il suo momento giunge adesso e ho deciso proprio di partire dal suo primo romanzo. Come già i romanzi di Charlotte, anche quello di Anne si basa su esperienze in parte vissute in prima persona dalle sorelle.
Agnes Grey, romanzo narrato in prima persona, racconta la storia di una donna che, in seguito al crollo economico della sua famiglia, decide di partire per lavorare come istitutrice. Già sappiamo che il mestiere di istitutrice non è un mestiere molto amato da nessuna delle tre sorelle Brontë ma che, nonostante tutto, riesce a influenzare la vita di ognuna di loro, di Charlotte in particolare.
Inutile, credo, dire altro su questo romanzo se non che sono certa che sarà una lettura emozionante e che mi riporterà, almeno in parte, a rinnovare la mia stima e la mia ammirazione per le tre sorelle. E per Charlotte, ma vabbè, la mia fissa per lei la conosciamo tutti e anche troppo bene.


I. La canonica
In ogni storia vera è racchiusa una morale; in alcune può essere difficile trovarla e, dopo averla trovata, è così povera e piccola che non valeva la pena schiacciare il guscio per quella noce rinsecchita. Non posso giudicare io se sia o non sia questo il caso per la mia storia. A volte penso che possa rivelarsi utile per alcuni e gradevole per altri; ma sarà la gente a giudicare da sola: protetta dalla mia oscurità, dal trascorrere degli anni e da alcuni nomi inventati, inizio senza timori la mia avventura; e rivelerò in tutta sincerità al pubblico quel che non confiderei all'amica più cara. 
Mio padre era un ecclesiastico dell'Inghilterra settentrionale, rispettato, e a ragione, da chiunque lo conoscesse; da giovane, aveva vissuto confortevolmente del modesto beneficio della sua parrocchia a cui si univa la rendita di una proprietà. Mia madre, che lo aveva sposato contro il parere della famiglia, figlia di un gentiluomo di campagna, era una donna coraggiosa. Inutilmente le fecero notare che, se avesse sposato il povero parroco, avrebbe dovuto rinunciare alla carrozza e alla cameriera personale e al lusso e alla raffinatezza che la ricchezza permette e che per lei erano poco meno che elementari necessità della vita. Una carrozza e una cameriera personale erano senza dubbio piacevoli; ma, grazie al Cielo, lei aveva due piedi con cui camminare e due mani per occuparsi di se stessa. Non era certo il caso di disprezzare una casa elegante e terreni spaziosi; ma lei preferiva vivere con Richard Grey in una casa di campagna piuttosto che in un palazzo con qualsiasi altro uomo al mondo.
Comprendendo che le parole erano inutili, suo padre disse infine ai due innamorati che potevano sposarsi se proprio lo volevano; ma, se lo avessero fatto, sua figlia avrebbe perduto anche la più piccola parte della sua ricchezza. Si aspettava che la notizia raffreddasse l'ardore di entrambi; si ingannava. Mio padre sapeva troppo bene quanto valesse mia madre per non comprendere che costituiva da sola una preziosa ricchezza: purché accettasse di nobilitare il suo umile focolare, lui era lieto di sposarla a qualsiasi condizione; quanto a lei, preferiva dover lavorare pur di non essere separata dall'uomo che amava, di cui si sarebbe dedicata con gioia a costruire la felicità e che già era unito a lei con il cuore e l'anima. La sua dote andò dunque a ingrassare la borsa di una sorella più saggia, che aveva sposato un uomo molto ricco; mentre lei, amorevolmente compianta da tutti i suoi stupefatti conoscenti, andò a seppellirsi nella modesta canonica di un villaggio tra le colline di... Pure, nonostante tutto, a dispetto della temerarietà di mia madre e delle bizzarre idee di mio padre, credo che potreste cercare per tutta l'Inghilterra senza trovare una coppia più felice.

lunedì 19 settembre 2016

Photoshop non ti conosco, obbrobrio non ti temo, Paint ti amo 19/25 settembre


Buongiorno!
Sono sveglia da circa un quarto d'ora, con in corpo ancora un solo caffè (al momento sono le 9,25) e me devo pure da sbrigà ché oggi devo fare un sacco di cose e sto pure aspettando un pacco e sono vestita come una deficiente e se suona il corriere devo pure scendere giù. E capite che, vestita da demente (che poi no, cioè, rapportato al contesto "notte" va anche bene, ma magari rapportato al contento "relazioni sociali" no) non posso fare quattro piani di scale. Giusto? Giusto.
Approfitto per comunicare ufficialmente che da questa settimana tornerà anche Questione di incipit. Eh, ce metto tanto io a riprendermi dalle ferie, problemi?
E comunque la quantità di tempo a disposizione che avevo prima, non so perché, ma è tipo sparita.
In che cosa mi perdo devo ancora capirlo. Ma, e dico ma, adesso è giunto il momento di uno sguardo – schifato, mi raccomando – all'editoria italica.

No, ragà, no, questa copertina non l'ho fatta io per prendervi in giro, sebbene per essere preparata richieda le mie stesse capacità grafiche. E cioè NULLE.
A parte le opinioni personali sull'azzurro Tiffany che ho sempre trovato vomitevole (e non perché non ho 350 euro per un anello – ma manco quando lavoravo ce li avevo –), ma quella cacchetta viola lì in mezzo?
LA CACCHETTA VIOLA LÌ IN MEZZO?!
E quelle lineette attorno cosa dovrebbero rappresentarmi? Che è una cacca appena sfornata da un san bernardo?
Va bene tutto ragà, ma una copertina fatta con Power Point mi sembra veramente troppo. Con una cacca viola in copertina. Che ha l'aureola. Dove diavolo sono i grafici veri, cazzo? Io ne conosco diversi e giuro, giuro, che nessuno di loro avrebbe non solo mai fatto una cagata di queste proporzioni – in tutti i sensi possibili – ma si sarebbero pure rifiutati di usare Power Point!
La scelta del font è raccapricciante, e non sto esagerando, con la parola "stronzo" in maiuscolo e con un carattere che potevano utilizzà le Spice Girls negli anni '90.
Inutile dire che io, a prima vista, forse accecata dal verde vomitevole e dalla presunta santità della cacchetta viola, al posto di "detox" ho letto "dolox", che è un medicinale utilizzato in veterinaria – e confermava perfettamente la mia tesi sull'improvviso attacco di colite del san bernando del grafico che ha ideato e poi disegnato questa copertina.
La scheda, guardate, io non la commento neanche, vi riporto solo un pezzo: "Dobbiamo assolutamente cambiare il nostro atteggiamento, smettere di credere alle favole, al principe azzurro, a tutte quelle minchiate dei film e dei libri (sì anche i miei!) e afferrare la vita per le palle. E stringere!".
Sipario.

Sto piangendo. E non si tratta di commozione, proprio no. Piuttosto è orrore, ecco. Piango anche quando ho paura io, tipo quando vedo i filmati dell'11 settembre, tipo. Che ho paura di cose così grandi che nessuno può controllare. Succede che io pianga anche quando la mia minuta persona (e la mia incolumità) venga disturbata dalla presenza di un ragno di qualsivoglia dimensione nelle mie vicinanze. O anche quando vedo il figlio illegittimo di Hitler sulla copertina di un libro, ad esempio.
Ragazzo, che razza di taglio di capelli hai? E quei baffi? Per favore, siamo seri. Cos'è, la storia d'amore di un naziskin nostalgico e innamorato di una ragazza che vive a Berlino est? Quando siamo, esattamente? Nel 1989, poco prima della caduta del muro? E lui farebbe bene a sbrigasse ad andà dal barbiere, ché non è carino che uno sta lì con l'aspetto del Führer mentre cade il muro, sai com'è.
Non credo che Penelope Douglas sappia manco dove stava piazzata Berlino est, quindi questo richiamo al nazismo veramente mi perplime.
La scheda non ci racconta – figurarsi – niente che c'abbia a che vedè con la storia o con la politica, ma ci dice che questo è il capitolo conclusivo di una serie (e quando mai!) con protagonisti gli stessi due mentecatti: Tatum e Jared. Lei corre, lui partecipa a competizioni de non so che (su chi è il sosia più vero tra i sosia de Hitler, probabilmente) e niente, pare che prima stavano insieme e poi no. Ma poi lui torna in città e: – Hey, Tatum, che ne dici del mio nuovo taglio alla Fantaghirò? E il mio nuovo tatuaggio di un'aquila sul petto? Eh? Eh? Eh?
Ma a Shelburn Coso – il nome della città che non me ricordo –, tutto è cambiato perché è Tatum a dettà le regole. Io, comunque, da una che se chiama Tatum manco un'informazione me farei dà, figurarsi a farmi comandare da lei. Tzè.

lunedì 12 settembre 2016

Photoshop non ti conosco, obbrobrio non ti temo, Paint ti amo 12/18 settembre



Buon lunedì a tutti, adorabili amanti del brutto!
Ieri mi sono fatta una maratona di Friends che lèvate, avrò visto circa 15 puntate una dietro l'altra. Questa cosa, ovviamente, non mi fa onore dato che avrei dovuto fare altro (studiare un po' di spagnolo, ad esempio), e quindi oggi mi punirò e, al posto di studiare solo un paio d'ore, cercherò di recuperare le due ore di ieri. 
Per il resto tutto bene, il blog sta lentamente tornando alla normalità, non appena riuscirò a tornare in carreggiata pubblicherò anche delle recensioni (vere magari, e non un Francamente me ne infischio) e torneranno anche Questione di incipit e So classy!.
Pensavo anche di movimentare la situazione da queste parti e cercare di inventarmi qualcosa, ma vediamo un po' se il mio progetto interiore è attuabile oppure no. Ci stiamo (io e la mia doppia personalità) lavorando, l'unica cosa è capire come fare quello che ho in mente. Perché dentro di me è tutto perfetto poi, però, quando devo scriverlo è tutto n'altra cosa. Comunque, mi devo da sbrigà che c'ho un po' di cose da fare oggi e, invece, mi sto ancora gingillando qui nell'introduzione.
Andiamo a vedere cosa di brutto potete trovare in libreria questa settimana.

A me, veramente, lo chef de La prova del cuoco me fa quasi tenerezza. In senso quasi un po' simile alla pena, per essere precisi, ma non stiamo a sottilizzare. 
Ci sono volte, ahimè, in cui la natura è stata particolarmente avara con la gente (me inclusa eh, che ve pensate) e io trovo davvero una cattiveria che si cerchi di evidenziare questo fatto nelle persone. Cioè, fosse che Renato va in giro cantando "Sono brutto, sono feo*, da quando son gordo** son meglio che da sordo", allora dici... Vabbè, gli piace parlar male di se stesso, chi so' io per dirgli di non farlo? 
Però, eddaje, ma era necessario mettere proprio questa foto in copertina? Con lui con il cappello del vestito tipico catalano e gli occhi straordinariamente vicini tra loro?
Poi chi l'ha ritagliata sta foto? Mia madre con il tagliaunghie e senza indossare gli occhiali per vederci da vicino?
Non c'ho parole. E manco chi ha scritto la scheda c'aveva troppe parole da sprecare. A fà le schede in questo modo riesco anche io eh gente! Semplice semplice è la storia di come Renato Salvatori è diventato Renatone. Mo', io non so' se c'è da vantarsi a fasse chiamà Renatone però oh, io me faccio chiamà Nereia, non è che posso dire qualcosa in effetti. 
Comunque Renatone è Renatone perché c'ha lo stabilimento sul Lido di Maccarese o era lo zio, ma tanto che ce frega, sta a La prova del cuoco e tanto basta pe' esse un bel Renatone con gli occhi da pesce palla. Fine.
* feo vuol dire brutto in spagnolo. ** Gordo vuol dire "in carne" in spagnolo.

Io questa autrice non la conosco (per la solita cosa che mi disinteresso quasi totalmente della letteratura italica), e mi dispiace veramente che le abbiano fatto questa pessima copertina. Perché, vedete, nessuno se la merita. 
No, aspettate, forse qualcuno di quei libri di cui parliamo qui sopra se la merita anche, ma trattiamo almeno decentemente la nostra poderosa produzione letteraria, no? Evidentemente no. 
Partiamo dal fatto che io ci ho messo circa un minuto per capire che questo braccio indossa un guanto e che, invece, non si sta lentamente sciogliendo a causa dell'acido muriatico contenuto in quel panno o a causa di una epidemia di lebbra imminente. 
Gli anelli del Principe Giovanni danno poi quel tocco di classe che mancava, ve? Indossati sui guanti poi. Sarà una nuova moda che impazza a Milano, che ve devo dì. Scommetto che chi ha ideato questo progetto grafico è uno che se intende un sacco di cartoni animati. E di moda. 
La scheda ci racconta la storia di Enza che, mi auguro con meno anelli e un paio di guanti migliori, fa le pulizie in un palazzo Liberty a Milano (Enza, ti capisco, i palazzi Liberty sono una cosa meravigliosa) e, contemporaneamente, sta dietro alle amiche che devono per forza farla accasare. Enza, capisco pure questa cosa che, tra le altre cose, non condivido. Dico, ma una secchiata di cazzi propri no? Sarà che sei pure libera di non voler vedere i maschi manco nelle pubblicità d'intimo maschile (sebbene, comunque, nelle pubblicità d'intimo stiano zitti e elegantemente in mutande, e quindi, alla fine, n'occhiata gliela puoi pure dare, non stanno lì a inventare scuse becere per non impegnarsi)? Fino a quando, un giorno, un mistero avvolge il carlino della vicina e boh, non me ricordo, c'entrano qualcosa altre donne che lavorano nel quartiere. Qualcosa da ridire, comunque, ce l'avrei anche con questo orrido titolo perché, serio, nun se po' sentì. Così, leggendo solo il titolo e guardando la foto del braccio di una tizia morta annegata e in avanzato stato di decomposizione, me viè in mente un thriller scritto da Sconsolata. E non so se è un bene o un male. Sia l'ipotesi concreta della sua esistenza che anche solo il pensiero che possa esistere. 

Sarò stupida, e nessuno lo mette in dubbio, ma quando ho visto Vivi Greene ho in realtà letto "Vivi Green" e stavo già subito per lanciarmi nella crociata del "o mettiamo una cosa in italiano o la mettiamo in inglese, che cagata è questo misto inutile? Vivi Green?!". Quando ho realizzato che Greene è il cognome di una che si chiama Vivian probabilmente (me lo auguro!) e se fa chiamà Vivi, ho reagito anche peggio, se possibile.
Vogliamo soffermarci un momento su questa cosa schifosa che vanta il nome di progetto grafico? Un misto fra Paso Adelante, I Simpson e una copertina di Cioè degli anni '90?
Mi sembra un finto tentativo di imitare la pop art, però molto molto molto male. Facciamo che è l'imitazione della pop art che potrebbe fare Angelo, il figlio di 4 anni della mia vicina di casa. 
La bomba in basso a sinistra non so se mi causa un conato di vomito o un fortissimo attacco di emicrania, peggiorato dal fatto che la tizia sembra avere il mento più grosso che io abbia mai visto. E la bocca storta. Ma il grafico aveva speso tutte le sue energie per le stelline vicino al titolo e non ce la faceva anche a mettergli dritta la bocca. Troppo complesso. 
La manica della maglia sulla destra smarmellata male, il LOL sullo sfondo... Sto per avere un mancamento, veramente. 
La scheda, purtroppo, non migliora la situazione (e quando mai!).
Sing. La musica dell'estate ci racconta la storia di Lily Ross, vincitrice di un tir pieno di dischi di platino nonché cantante di estremo successo che cioè, ma chi cazz so i Rolling Stones? Se non hai mai sentito nominare Lily non capisci una fava di musica, ancora lì a resuscità i Led Zeppelin. Comunque, anche Lily – come nessuno mai ha fatto in questi libri, è bene ricordarlo – ha deciso che basta uomini! Basta, chiaro? Da oggi solo cani e pupazzetti di peluche, che gli uomini non so' boni manco a pettinasse i capelli. Così decide di andare a trovare le sue anonime amiche nel Maine fino a quando non incontra proprio il ragazzo dei suoi sogni. E quegli sporchi abitanti del Maine lo tenevano nascosto l'uomo perfetto, capite? Che tragggedia, veramente. 


Per questo lunedì è tutto, vi auguro una settimana piena di bombe che quando esplodono fanno BANG! Al prossimo lunedì gente, abbracciamoci.

venerdì 9 settembre 2016

Francamente me ne infischio #8 – Rosmary Beach #1


Buongiorno miei prodi,
è passato del tempo dall'ultima volta che qui si è parlato intensamente di un libro de merda, me ne rendo conto. Purtroppo anche io, alle volte, ho bisogno di leggere qualcosa di davvero interessante e di non perdere tempo con inutili fandonie. 
È pur vero che il mio sogno è essere una vera conoscitrice dell'editoria e quindi, nella più delle irreali ipotesi in cui dovessi lavorare in libreria, è bene conoscere, anche solo in modo approssimativo, parte del marcato di cui, invece, francamente me ne infischio. Per questo motivo e, inoltre, per la mia innata predisposizione al brutto, è bene che ogni tanto mi dedichi a ciò che campeggia in libreria e che pare abbia discreto successo. 
In una giornata calda e afosa di non so manco più che mese, ho scelto quindi di avvicinarmi all'autrice che ha fatto scaldare i cuori (e non solo) di milioni di donzelle nel mondo (ahimè Italia inclusa). No, non sto parlando della mia amica Jami McGuire, ma di Abbi Glines autrice de un sacco de libri ma proprio così un sacco che io mi chiedo quanto ci mette staggente a scrivere un libro. Io pe' un racconto (de 6 pagine co' un sacco de spazi) su richiesta c'ho messo un mese, ma vabbè.
Quindi Abbi Glines, autrice de un sacco de robba oscena, è autrice pure della serie di cui ci occuperemo approfonditamente. C'avevo così tanto da dì che, raga, ho dovuto dividere i post. Anche perché è una trilogia di così alto livello che Tolkien, per favore, levete che la tua Terra di Mezzo è n'incredibile ciofèca a confronto. 
Oggi parliamo del primo volume di questa trilogia (sto piangendo, sapevatelo, mentre scrivo 'ste cose) che si chiama Irraggiungibile.

Partiamo col dire che la copertina con i due tipi in rigor mortis non lascia già ben sperare, ma io volevo dare una chance ad Abbi. Il pregiudizio, si sa, logora gli animi e uccide la democrazia e blabla. E quindi, via i pregiudizi!, mi son detta, iniziamo questo ammasso di carta.
La trama è più o meno questa qui: Blaire, orfana di madre da 36 giorni (o erano 6? Non me ricordo, ma tanto è un dettaglio inutile), decide di recarsi dal padre a chiedere aiuto. Il padre, infatti, ha abbandonato moglie e figlia quando la moglie s'è ammalata per andare a vivere con un'altra donna. Un simpaticone, non c'è che dire. 
Il libro inizia con Blaire che giunge col suo pick-up sfasciato in una villa stratosferica con un sacco di macchinoni parcheggiati davanti all'ingresso: la nuova casa di suo padre. 
Mentre è lì che si domanda se questo posto abitato da esseri umani molto ricchi è un posto sicuro (capitela, lei viene dal nulla, dove la cosa più divertente che potevi fare era osservare una mucca che scaccia le mosche con la coda, non è abituata alle Range Rover, si pensa che da parcheggiate aggrediscano la gente), qualcuno le apre la portiera. E lei, grande guerriera di 19 anni, probabilmente cresciuta a pancake e tiro al piattello, che fa? Punta una pistola sulla faccia del malcapitato di turno. 
La mia faccia a pagina 8, tipo.
Ora, a parte che poteva pure tranquillamente essere quello stronzo che ti apre la portiera per galanteria e dopo ti parcheggia la macchina (e lo fa guadagnando due lire in croce), ma dico, ma sei seria? Cioè, se uno per sbaglio passava di lì e le chiedeva l'ora? Un pugno sui denti e un morso al ginocchio così ci assicuriamo di smantellargli il legamento crociato anteriore? 
Comunque, non si trattava del parcheggiatore ma di Grant, fratellastro/amico/essere inutile del protagonista maschile principale che si chiama Rush (sul quale torneremo tra poco). Quindi Grant, dopo aver rischiato probabilmente un attacco di cuore a poco più di 20 anni, spiega a Blaire che si trova in un posto civile e che la caccia al piccione tra i ricchi non si fa, così lei conserva la pistola ed è tutto risolto. A quel punto appare Rush, che si scopre essere il figlio della nuova moglie del padre di Blaire – che si informa brevemente delle generalità di Blaire e le comunica che suo padre è in vacanza con la nuova moglie e che chissà quando cazzo si degnerà di tornare a casa, ma tanto a noi che ce frega, siamo ricchi, i genitori non ci servono. Rush le concede comunque di rimanere in casa:
«Stasera c'è una stanza vuota. Lo resterà finché mia madre non torna. Quando lei va in vacanza, non voglio avere intorno la sua domestica, Henrietta. La faccio venire soltanto una volta la settimana. Puoi usare camera sua, nel sottoscala. È piccola, ma un letto c'è». 

lunedì 5 settembre 2016

Photoshop non ti conosco, obbrobrio non ti temo, Paint ti amo 5/11 settembre



Buongiorno gente!
Torniamo con il botto e torniamo male, ovviamente, dato che pubblico questo post in ritardo rispetto al solito. Ma si sa, gli inizi dopo le vacanze sono sempre in salita. Giusto? Giusto. L'importante, me lo diceva sempre un mio amico d'infanzia, è crederci fortemente.
Inizio, dicevamo quindi, in salita. In salita anche per l'italica editoria che per questa settimana ci aggrada con pochissime uscite interessevoli. Sono convinta, però, che con il ritorno al lavoro di tutti i poveri stagisti salumieri al loro posto di grafici editoriali andrà tutto per il meglio.
Che dire, per il resto? Che sono contenta di essere tornata attiva, anche se con qualche piccolo inconveniente. 
Bene, detto questo, fatti gli abbracci di rito, alzati i calici di buon auspicio e ingurgitati due cicchetti per festeggiare il mio spumeggiante rientro, andiamo a incominciare!

La piccola libreria di New York, ci dice la scheda sul sito, è un piccolo gioiello, probabilmente scritto da una piccola autrice per una piccola casa editrice e la copertina è stata fatta da un piccolo grafico affetto da una piccola miopia e un piccolo, piccolissimo, senso dell'estetica, con una ancor più piccola considerazione dei contorni delle immagini, tipo, e dei trucchi base – disponibili anche nell'internet per chi avesse voglia di approfondire – per non far notare il fotomontaggio. 
Lo so, stiamo abusando della parola "piccolo", ma anche chi se ne frega, è trandy, è chic, è alla moda. Piccolo is the new black, gente!
E quindi, in questa piccola libreria nella piccola New York ci lavora Bea James, la nostra amica che probabilmente ha il braccio sinistro più piccolo di quello destro (dicevamo, appunto, che piccolo è trandy e lei ha deciso di tagliarsi gli avanzi di un braccio, d'altronde Van Gogh s'è tajato 'na recchia, voi vedè che io nun me posso tajà un braccio). Lavora in questo posto ma, a giudicare dalla considerazione che ha dell'ordine, probabilmente finge solo di lavorare, pensando piuttosto a quale altra parte del corpo può rendere piccola (alle dimensioni del cervello sicuro c'ha già pensato Madre Natura). Quindi, andrebbe tutto bene se non fosse che, stanca degli uomini, decide che non li vuole vedere manco in cartolina. E il pensiero è così intelligente e per niente diffuso tra i protagonisti dei libri de merda, che anche uno psichiatra affermatissimo nel mondo degli psichiatri, e che si chiama Jake, pensa lo stesso. Però con le donne, ovviamente. Solo che poi vanno a una festa e si incontrano. E vuoi vedè che si mettono insieme? So' contenta per Bea, ché magari questo Jake le mostra la via del riordino e le fa buttare quell'inutile ricettacolo di germi e polvere, che la gente comunemente chiama centrino, che sta lì sulla mensola a richiamare ragni e acari della carta.  E rifatte pure la tinta, Bea, che sto rosso dagli inserti lilla nun se po' guardà. 

Perché, per la copertina di un libro, non si può utilizzare una foto il cui deretano della modella non sia messo a fuoco meglio di tutto il resto? Perché? Perché no, invece? E infatti, bando al buon gusto e all'inutile dettaglio che First. La mia prima volta non sia, purtroppo!, la confezione di un paio di culotte da donna, c'hanno pensato a mettere un deretano e delle cosce in copertina. 
Sappiamo già che a Newton Compton le cosce in copertina piacciono in particolar modo (qui) e quindi non ci stupiamo più di nulla, ma la messa a fuoco è davvero terrificante. Me sembra sapete cosa? La foto che il cretino del fratello undicenne le ha fatto di nascosto per farla vedere ai compagni cerebrolesi e vantarsi, così, di conoscere parti del corpo femminili che gli altri sfigati non hanno mai visto.
– Ohhh guarda che bel culo che ha tua sorella!!
– Eh, visto amico? Domani ne faccio una in cui si intravedono anche le mutandine bianche!
E via, giù di risate e pacche sulla spalla, puzza di sudore adolescenziale, la mitica niurura e potenziali Milaus. 
Un plauso a chi ha deciso di mettere la scritta esplicativa proprio lì, perché probabilmente si intravedeva un pezzo di mutanda (o non mutanda?) e poi sembrava troppo osé, e noi le cose osé non le facciamo, le leggiamo soltanto.
Sicuramente questo stesso scatto è stato utilizzato solo in due occasioni: per invogliare vecchi sporcaccioni a comprare qualcosa che includa la pedofilia e per una copertina di un libro de merda. 
La scheda, tra l'altro, racconta una trama raccapricciante: Mercedes ha 17 anni e apre la sua camera da letto SOLO ai ragazzi che non hanno mai fatto sesso (quindi metà del liceo del paese, per intenderci), così che loro possano rendere "speciale" la prima volta delle loro ragazze. Che? Cioè, questa si prostituisce, gratis per giunta, per non far fare brutta figura a chi non ha mai fatto sesso? Ma è deficiente? Amica, te c'hai davvero bisogno di una sprangata sulle gengive, completamente gratis eh, ci mancherebbe. E di un corso di economia pure, ché sei la persona meno indicata per fare affari, fattelo dì. 


Per questa settimana, purtroppo, è tutto. Spero che qualcuno, entro la fine della giornata, vi regali un bel centrino e un pugnetto di acari della carta. Al prossimo lunedì!