lunedì 23 gennaio 2017

Nereia vs Barcelona – Capítulo 1. L'approdo.


Dopo tanto rimuginare, parte la rubrica che, fino all'ultimo minuto, non ero sicura di voler scrivere. Questo blog nasce tanti anni fa, con uno scopo ben preciso: parlare di libri. Belli, brutti, da leggere o letti. Con il passare del tempo mi sono accorta, però, che parlare di libri come facevano tutti gli altri mi stava un po' stretto. Sì le recensioni, sì la lista desideri, sì le anteprime, ma cosa mi rendeva differente dagli altri? Niente. Questo blog era semplicemente una copia di tutti gli altri, con molti meno lettori. Ho cercato, piano piano, di dargli un senso e una forma e ho così creato alcune rubriche che lo rendessero solo mio. Ultimamente, poi, mi sono accorta che anche solo parlare di libri era qualcosa che mi andava stretto. Sono cambiata io, in questo ultimo anno, e di conseguenza è cambiata la mia vita. Su valido suggerimento di qualcuno, ho deciso che è giunta l'ora che cambi anche il blog.
Oggi parte quindi Nereia vs Barcelona, di cui vi ho dato un assaggio nel post dedicato al 2016.

Era il 5 agosto del 2016 quando arrivai qui. Atterrai all'aeroporto El Prat con la mia valigia a pois pesante come un macigno e tanta voglia di ricominciare.
Presi il taxi dallo spiazzale dell'aeroporto, diretta a Verdaguer – la zona in cui abito ancora adesso.
Quando scesi dal taxi, vidi subito Lucilla, tutta sorridente davanti al portone in legno del palazzo liberty dove avrei alloggiato – allora credevo solo inizialmente. Ero felice. 
Tutto era nuovo ed entusiasmante: cacchio, Nere, sei in Spagna, la patria della gente sorridente, la patria della rilassatezza mentale e fisica, la patria con la lingua che più ti piace al mondo.
Ci misi qualche giorno a capire e quindi ad accettare che no, Nereia, non stai in Spagna. Sei in Catalogna. 
Perché, vedete, l'idea che si ha di Barcellona dall'esterno è distorta. Barcellona non è in Spagna, gente, Barcellona è in Catalogna e c'è una gran bella differenza. Vivere a Barcellona dieci giorni d'estate non è vivere a Barcellona tutti i giorni, credetemi. Qui non è sempre festa, qui non si è sempre allegri, qui non è semplice fare amicizia, qui la sangria è terribile, qui la gente lavora come in ogni parte del mondo, qui il lunedì è per tutti lunedì, qui non sorridono tutti e, soprattutto, qui la paella non è paella.

La prima persona nella quale mi sono imbattuta è stata Montse, la portiera del palazzo: l'inquietante trasposizione catalana di Sconsolata, ma con i capelli tinti di un rosso pompeiano che, se osservi attentamente per più di un minuto, esperisci stati confusionali che neanche la miglior droga sintetica sul mercato. Di Montse ho appreso subito un po' di cose: anche quando non è presente fisicamente alla guardiola in realtà ti sta comunque osservando, inventa storie fantastiche sulle vite degli inquilini del palazzo, anche se esci in pigiama e con un piccione in fin di vita al posto dei capelli ti dirà sempre "Hola, guapa", lavorare non è il suo forte.
In sostanza, oltre a Montse, non ho avuto il piacere di conoscere gente per un po' di tempo, ma le persone folli ho avuto modo di incontrarle comunque (è una mia specialità, del resto). Qui non è come in altri posti dove esci e al bar conosci qualcuno. Mi è capitato a Madrid, più di una volta, ma a Barcellona è leggermente più difficile. 

Non conoscendo molta gente, uscivo per lo più da sola, ma ho comunque avuto modo di apprendere molte cose, sebbene non ci fosse nessuno a raccontarmele:
La bufera che ti avvolge ai tornelli.
- alle uscite della metro tira sempre vento. Giuro. Un vento terribile che non ti spieghi per quale strana legge della fisica sia concentrato tra i tornelli e le scale dell'uscita. Una specie di bufera che ti sconvolge i capelli e che si concentra in meno di un paio di metri. Alcune volte, specie d'inverno, il vento è così freddo e forte che ostacola anche la tua salita. In questi giorni, poi, è quasi siberiano. 
La cosa sensazionale è che, non appena sali un tot di gradini, il vento sparisce. Un fenomeno climatico che, secondo me, andrebbe studiato;
- su Passeig de Sant Joan è possibile viaggiare nel tempo. Se cammini ai lati, vicino ai negozi, è un giorno della settimana lavorativo qualunque, magari un giovedì mattina. Tutti camminano a un ritmo abbastanza sostenuto, ci sono persone che entrano in banca, altre che fanno le consegne, chi va al lavoro, chi corre (ma non troppo) per prendere l'autobus. Se però attraversi e ti sposti nella parte centrale, nella zona pedonale e dove si trova la pista ciclabile, è come fosse sempre domenica mattina. Gli anziani sono seduti sulle panchine, al sole, la gente porta a spasso il cane, i bambini giocano nelle aree dedicate, i ragazzi fanno partite di ping pong, è possibile incrociare anziani che guardano anziani che giocano a bocce. Se sei fortunato, incontri anche anziani che guardano gli anziani che guardano i giardinieri che guardano gli anziani che giocano a bocce;
- la cucaracha non è solo una canzone messicana, ma è un insetto orribile che, però, è tenuto in grande considerazione. È presente per le strade (e non solo) della città ed è possibile incontrarlo anche quando non ce lo si aspetta. La gente, tra l'altro, racconta anche aneddoti interessanti che lo vedono come protagonista. "Ti ricordi quella volta che stavamo al ristorante e, quando ci siamo voltati, c'era una parete piena di cucaracha?" "Sì!" "Ah, che schifo!" e giù di grasse risate;
- quando qualcuno si presenta, non ti porge la mano. No, proprio no. Questa cosa distaccata e demodé non si usa. Qui a Barcellona magari non ti salutiamo quando entri in un negozio, però quando ci vieni presentato ti diamo subito due baci, perché ci piace metterti a disagio. E i baci, giusto perché non sei già abbastanza a disagio, si danno anche al contrario, così c'è pure il rischio di un quasi incrocio di labbra con uno sconosciuto perché porgi la guancia sbagliata;
- il café cortado (che sarebbe il caffè macchiato) è possibile berlo solo se, prima di arrivare al bar, ci si è ricordati di foderare la lingua con uno spesso strato d'amianto. La temperatura del caffè raggiunge livelli da considerare praticamente illegali. Di contro, il caffè freddo viene servito caldo e, accanto alla tazzina, avrete un comodo bicchiere dotato di cubetto di ghiaccio;
- i catalani sono un po' freddi. Non tutti, ovviamente, ma la maggior parte delle persone –soprattutto quelle che hanno a che fare con il pubblico – è un po' distaccata;
- è possibile, soprattutto se sei deciso a rimanere qui e devi quindi occuparti delle beghe burocratiche, che tu diventi pazzo e mediti di commettere un omicidio di massa (ma questo merita un capitolo a parte);
- il reparto dedicato ai biscotti e alle minchiatine per fare colazione è il reparto più triste di tutti i supermercati (insieme a quello dei detergenti intimi). Dimenticate pareti piene di biscotti di tutti i tipi e dimenticate di poter scegliere fra 50 detergenti intimi differenti. No. Niente Mulino Bianco, niente equivalente del Mulino Bianco. Niente di niente. Quattro biscotti in croce, tre tipi di merendine tristi e sole. Dimenticate Neutromed, Lactacyd, Aveno, Venus, Lycia. Di contro, se vuoi scegliere un prosciutto crudo, hai l'imbarazzo della scelta. Dal più economico a quello che, pregiato per quanto è, costa anche oltre i 50 euro al kg. 



Questa primo capitolo è solo un'introduzione alla mia vita versus Barcellona, perché in realtà mi sono successe diverse cose belle che vi racconterò, piano piano, volta per volta. Come di quella volta che ho rivisto una persona che ho conosciuto una notte, in un bar, circa 9 anni fa e che, nonostante il passare dei 9 anni e la nostra conoscenza un po' blanda, ha deciso di ospitarmi in casa sua. Questo perché sì, qui è possibile incontrare gente un po' fredda, ma è possibile anche trovare persone meravigliose. 
Normalmente, questa rubrica verrà pubblicata di venerdì, una volta al mese. Ci vediamo il 10 Febbraio, gente, con il Capítulo 2.

2 commenti:

  1. Quanto mi piace 'sta nuova rubrica Nereia! Come forse ti avevo già scritto sono stata a Barcellona l'anno scorso e mi è piaciuta parecchio, anche se l'ho trovata piuttosto distante dagli stereotipi che le vengono attribuiti e più simile a come la descrivi tu... a ben pensarci... per tante cose è come stare qui a Torino :-p

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    1. Sì, diciamo che la gente che viene qui d'estate ha davvero poco a che fare con i catalani nel senso che sì, feste, party in spiaggia, grandi bevute ma con i catalani non credo ci parli molto (anzi, forse per niente). Insomma, un po' come a Rimini no? Che vai lì, te spacchi, ma scommetto che non parli con nessun abitante del luogo. Insomma, se la vivi è molto diversa. Non brutta eh, diversa.

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