mercoledì 21 settembre 2016

Questione di incipit #13



Buongiorno lettori!
Oggi torna Questione di incipit, la rubrica nella quale vi mostro due incipit: uno di un libro normale e uno di un libro di quelli di cui parliamo allegramente il lunedì.
Dopo una pausa molto lunga, dovuta un po' all'estate e un po' al mio trasferimento a Barcellona (che mi ha provata non poco, lo ammetto), ritorniamo a vedere un po' cosa sto leggendo.
Il mese di agosto e di settembre, in quanto a letture, sono davvero imbarazzanti, nel senso che non ho letto praticamente nulla e me ne vergogno. Però, ecco, avevo cose più importanti a cui pensare, detto tra noi. In più, il blocco del lettore mi ha messo – e continua a mettermi – a dura prova.
Semplicemente, non mi va di leggere. Il motivo? Non lo so.
Oggi, comunque, vi mostro le letture del periodo e, in anteprima, il romanzo che farà parte della prossima puntata di So classy! Pronti? Pronti.

Agnes Grey è il primo libro scritto da Anne, la più piccola delle sorelle Brontë disgraziatamente morta a soli 29 anni.
Non ho letto nulla di Anne, ahimè, sebbene mi sia riproposta di farlo praticamente ogni anno. Il suo momento giunge adesso e ho deciso proprio di partire dal suo primo romanzo. Come già i romanzi di Charlotte, anche quello di Anne si basa su esperienze in parte vissute in prima persona dalle sorelle.
Agnes Grey, romanzo narrato in prima persona, racconta la storia di una donna che, in seguito al crollo economico della sua famiglia, decide di partire per lavorare come istitutrice. Già sappiamo che il mestiere di istitutrice non è un mestiere molto amato da nessuna delle tre sorelle Brontë ma che, nonostante tutto, riesce a influenzare la vita di ognuna di loro, di Charlotte in particolare.
Inutile, credo, dire altro su questo romanzo se non che sono certa che sarà una lettura emozionante e che mi riporterà, almeno in parte, a rinnovare la mia stima e la mia ammirazione per le tre sorelle. E per Charlotte, ma vabbè, la mia fissa per lei la conosciamo tutti e anche troppo bene.


I. La canonica
In ogni storia vera è racchiusa una morale; in alcune può essere difficile trovarla e, dopo averla trovata, è così povera e piccola che non valeva la pena schiacciare il guscio per quella noce rinsecchita. Non posso giudicare io se sia o non sia questo il caso per la mia storia. A volte penso che possa rivelarsi utile per alcuni e gradevole per altri; ma sarà la gente a giudicare da sola: protetta dalla mia oscurità, dal trascorrere degli anni e da alcuni nomi inventati, inizio senza timori la mia avventura; e rivelerò in tutta sincerità al pubblico quel che non confiderei all'amica più cara. 
Mio padre era un ecclesiastico dell'Inghilterra settentrionale, rispettato, e a ragione, da chiunque lo conoscesse; da giovane, aveva vissuto confortevolmente del modesto beneficio della sua parrocchia a cui si univa la rendita di una proprietà. Mia madre, che lo aveva sposato contro il parere della famiglia, figlia di un gentiluomo di campagna, era una donna coraggiosa. Inutilmente le fecero notare che, se avesse sposato il povero parroco, avrebbe dovuto rinunciare alla carrozza e alla cameriera personale e al lusso e alla raffinatezza che la ricchezza permette e che per lei erano poco meno che elementari necessità della vita. Una carrozza e una cameriera personale erano senza dubbio piacevoli; ma, grazie al Cielo, lei aveva due piedi con cui camminare e due mani per occuparsi di se stessa. Non era certo il caso di disprezzare una casa elegante e terreni spaziosi; ma lei preferiva vivere con Richard Grey in una casa di campagna piuttosto che in un palazzo con qualsiasi altro uomo al mondo.
Comprendendo che le parole erano inutili, suo padre disse infine ai due innamorati che potevano sposarsi se proprio lo volevano; ma, se lo avessero fatto, sua figlia avrebbe perduto anche la più piccola parte della sua ricchezza. Si aspettava che la notizia raffreddasse l'ardore di entrambi; si ingannava. Mio padre sapeva troppo bene quanto valesse mia madre per non comprendere che costituiva da sola una preziosa ricchezza: purché accettasse di nobilitare il suo umile focolare, lui era lieto di sposarla a qualsiasi condizione; quanto a lei, preferiva dover lavorare pur di non essere separata dall'uomo che amava, di cui si sarebbe dedicata con gioia a costruire la felicità e che già era unito a lei con il cuore e l'anima. La sua dote andò dunque a ingrassare la borsa di una sorella più saggia, che aveva sposato un uomo molto ricco; mentre lei, amorevolmente compianta da tutti i suoi stupefatti conoscenti, andò a seppellirsi nella modesta canonica di un villaggio tra le colline di... Pure, nonostante tutto, a dispetto della temerarietà di mia madre e delle bizzarre idee di mio padre, credo che potreste cercare per tutta l'Inghilterra senza trovare una coppia più felice.
***

Conosciamo molto bene, ormai (o dovrei dire purtroppo?) questa serie scritta dalla mia nuova amica Abbi Glines. Insuperabile è quello che io credevo essere il secondo volume di quella che, sempre io, credevo una trilogia e che invece purtroppo (e qui ce sta molto bene, il purtroppo), vanta dei volumi di troppo. Tipo questo, che ho quasi terminato, e che è esattamente uguale al primo (di cui vi ho parlato in Francamente me ne infischio e di cui vi ho mostrato anche l'incipit) ma, piuttosto che essere raccontato dal punto di vista della disadattata di turno, è raccontato dal punto di vista di chi le vergini le riconosce dal bacio. Però è il quarto. Insomma, ho fatto un casino, ma co' sti nomi tutti uguali – e con la storia più idiota ever – ho preso l'ultimo volume per secondo. Ma tranquilli, è una serie così fatta bene e interessante, che potrebbe pure esse il secondo. Tanto è uguale al primo.
Che dire in merito? Niente, se non che è più trash del primo, considerando anche il fatto che lui avrà 24 anni, sarà palestrato, andrà a letto anche coi manichini ma è arrapato come neanche un coniglio in calore. E dice cose che io proprio, ragà fermatemi prima che ce scappi il morto. Ve lo consiglio, vivamente. Davvero una lettura interessante, intensa, e con le scene ipoteticamente erotiche più noiose di sempre. E scritte coi piedi, anche, ovviamente.

Prologo

Dicono che non c’è nulla di più innocente del cuore dei bambini. Dicono che i bambini non possono odiare, perché non sono davvero in grado di comprendere un sentimento come l’odio. I bambini perdonano e dimenticano in fretta.
Sì, dicono un sacco di stronzate del genere, perché così dormono meglio la notte. Perché così possono farsi qualche bel quadretto con frasi rassicuranti da appendere alle pareti di casa e guardare compiaciuti.
Io conosco un’altra storia, però. I bambini amano come nessun altro. I bambini sono capaci di amare con un’intensità unica, e su questo non ho dubbi. Lo so per certo, perché l’ho vissuto sulla mia pelle. A dieci anni sapevo cosa fosse l’odio e cosa fosse l’amore. Emozioni totalizzanti, entrambe. Capaci di cambiarti la vita. E di accecarti completamente.
Ripensandoci ora, avrei voluto che qualcuno se ne accorgesse, quando mia madre lavorava per instillare il seme dell’odio in me e mia sorella. Se ci fosse stato qualcuno a salvarci dalle bugie e dall’amarezza che mettevano radici dentro di noi, perché lei voleva così, forse le cose sarebbero andate diversamente. Per tutti.
Io non avrei mai fatto scelte così stupide. Che una ragazzina fosse costretta a prendersi cura “da sola, della madre malata… non sarebbe stata colpa mia. Che accanto alla tomba, quella ragazzina piangesse disperata, convinta di aver perso l’unica persona al mondo che la amava… non sarebbe stata colpa mia. Che un uomo si autodistruggesse, trasformando la propria vita in un involucro vuoto con mille crepe… nemmeno questo sarebbe stato per colpa mia.
Ma nessuno mi ha salvato.
Nessuno ha salvato me o mia sorella. Noi credevamo a quelle menzogne. Entrambi ci aggrappavamo al nostro odio. Ma soltanto io ho distrutto la vita di una ragazza innocente.
Dicono che si raccoglie ciò che si semina. Stronzata, anche questa. Perché io, per i miei peccati, a quest’ora dovrei bruciare all’inferno… Non dovrei avere il privilegio di svegliarmi ogni mattina con una bellissima donna fra le braccia, una donna che mi ama incondizionatamente. Non dovrei avere il privilegio di tenere in braccio mio figlio e conoscere una gioia tanto pura.
Invece è così.
Perché, alla fine, qualcuno mi ha salvato. Non me lo meritavo: diamine, mia sorella ne aveva bisogno molto più di me. Lei non aveva agito spinta dall’odio, non aveva manipolato il destino di un’altra famiglia fregandosene delle conseguenze. Lei è ancora preda del rancore “che le è stato instillato da bambina, mentre io me ne sono liberato. Ed è stato merito di una ragazza… Anzi, no: non è una semplice ragazza. Lei è un angelo. Il mio angelo. Un angelo bellissimo, forte, orgoglioso e fedele, che è apparso nella mia vita a bordo di un pick-up, con una pistola in mano.
*** 

Bello, bello ma che dico? Bellissimo e toccante questo prologo, così toccante che sto annegando nel mio stesso muco, dovuto alla commozione. Veramente. Adesso scusate, vado a prendere un salvagente e due braccioli che potrei non sopravvivere alle onde anomale di muco. Se c'avete una zattera prestatemela, per favore.

2 commenti:

  1. grandissimo rientro Nereia. Trasferimento definitivo nella città fancazzista?

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    1. Al momento sì. Non so quanto resterò, se trovo un lavoro spero per il più lungo tempo possibile. Mi incanta la Spagna, sempre ritenuto un posto dove vale la pena vivere. Per ora sto qui e, come si dice in spagnolo, la disfruto! ;)

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