mercoledì 30 novembre 2016

Questione di incipit #15


Ok, cerchiamo di riprendere in mano le fila di tutta la programmazione del blog ché qua sennò va tutto allo scatafascio (e sto solo lavorando part time, se facessi un lavoro vero come andrebbe? Peggio, ve lo dico io).
Dunque, considerando che sto leggendo due libri in spagnolo – attualmente – e uno in italiano (sempre la mia amata Anne), vi posto oggi l'incipit del libro che inizierò successivamente a Anne perché, cioè, sarebbe bello mettere l'incipit di un libro in spagnolo ma me sa che lo capisco solo io e altri 3 cani che mi leggono. Quindi, ecco, non è il caso.
Sono in ritardo nella lettura di zia Anne Tyler perché, dato che vado al lavoro a piedi, la sera sono così stanca che svengo alle 22 circa, praticamente subito dopo cena. Sono pessima, lo so, ma il mio non esattamente atletico fisico deve ancora abituarsi ai dieci chilometri giornalieri.
Dopo anni che non lavoravo più la mattina, sto lentamente abituandomi a svegliarmi, colazionare, docciarmi ed essere fuori casa in 45 minuti. Immagino che mi abituerò presto anche a dosare i livelli di stanchezza e, non appena finita questa settimana, riuscirò anche a non morire sul divano con le gambe stese non appena metto piede in casa.
Il clima ottimistico ci serve perché c'ho un sacco di idee in testa e devo, DEVO, metterle in pratica – oltre al comodino pieno dei libri di cui vi ho parlato qui.
Quindi, dopo un'ardua scelta, oggi vi mostro l'incipit de Lo schiavista di Paul Beatty, pubblicato da Fazi e vincitore del Man Booker Prize 2016.

Nutro grandi, grandissime aspettative. Forse non dovrei, forse dovrei applicare il metodo San Tommaso perché, in fondo, quando qualcosa è un successone a me, alla fine, non piace. Harry Potter a parte, ovviamente.
Però non riesco a essere scettica in questo caso, non ci riesco proprio. Forse è merito dell'originalità della trama, forse della copertina, forse perché spesso i libri che vincono il Man Booker Prize o il Pulitzer finiscono per piacermi sempre... Non lo so. Fatto sta che, se qualcuno di voi qui lo ha già letto, me lo dicesse ché così sappiamo se è bello bello bello davvero oppure no.
È la storia di un uomo che, cresciuto da un padre single, durante l'infanzia si presta a diversi studi psicologici sulla razza. Il padre gli ha sempre fatto credere che i risultati di questi studi sarebbero finiti in un memoir che avrebbe risolto i loro problemi economici. Ma quando il padre viene a mancare, il protagonista si accorge che non esiste alcun memoir. Come se non bastasse, Dickens – la cittadina dove ha sempre vissuto – viene completamente cancellata dalle cartine geografiche. Comincia così la strampalata avventura di un uomo la cui folle idea è quella di ripristinare la schiavitù in America. Che dire? Che qui vi lascio l'incipit, nella traduzione di Silvia Castoldi (che ha già tradotto un bel po' di libri Fazi, tra cui quel gioiello di Olive Kitteridge).

Prologo 

So che detto da un nero è difficile da credere, ma non ho mai rubato niente. Non ho mai evaso le tasse, non ho mai barato a carte. Non sono mai entrato al cinema a scrocco, non ho mai mancato di ridare indietro il resto in eccesso a un cassiere di supermercato, incurante delle regole del mercantilismo e delle prospettive di salario minimo. Non ho mai svaligiato una casa, né rapinato un negozio di alcolici. Non mi sono mai seduto in un posto riservato agli anziani su un autobus o su un vagone della metropolitana strapieni, per poi tirare fuori il mio pene gigantesco e masturbarmi fino all’orgasmo con un’espressione depravata e un po’ avvilita sul volto. Eppure eccomi qui, nelle cupe sale della Corte Suprema degli Stati Uniti d’America, con l’auto, quasi per ironia della sorte, parcheggiata in divieto di sosta su Constitution Avenue, le mani ammanettate dietro la schiena, il diritto di restare in silenzio che mi ha detto addio da un bel pezzo; seduto su una sedia dall’imbottitura spessa che, proprio come questo paese, non è affatto comoda come sembra. 
Sono stato convocato tramite una busta dall’aria ufficiale col timbro «IMPORTANTE!» in grossi caratteri rossi, come l’avviso di una vincita alla lotteria, e da quando sono arrivato in questa città non ho mai smesso di stare sulle spine. 
«Gentile signore», diceva la lettera. 

lunedì 28 novembre 2016

Photoshop non ti conosco, obbrobrio non ti temo, Paint ti amo 28 novembre – 4 dicembre



E siamo tutti di nuovo qui, di ritorno dalla mia pausa di una settimana che mi è stata più o meno utile. Certo, è stata la settimana più breve della mia vita e ho dovuto anche lavorare sabato – pure che non avrei dovuto – e manco solo fino all'1, come speravo, ma fino alle 17,30. Il mio weekend di riposo, quindi, è durato un solo giorno. E dire che io tra sabato e domenica avrei voluto fare un sacco di cose, tra cui scrivere la prima puntata di una nuova rubrica ma... Niente. Vediamo se stasera, di ritorno dalla scuola e dopo aver fatto la spesa mi restano ancora le forze per scrivere.
È quasi dicembre, ormai, e si vede dal numero delle uscite in libreria: poche, perché le case editrici faranno il botto intorno al 15/20 dicembre, così da assicurarsi le montagnette di libri de merda all'ingresso di ogni libreria. Per questa settimana, quindi, abbiamo solo due uscite. Mi dispiace moltissimo, ma l'editoria è un mondo brutto e cattivo, non prendetevela con me.
Comunque, sono felice di comunicarvi che il blocco del lettore è andato via del tutto e che ho ripreso a leggere. Certo, se non fossi stanca morta leggerei più di un paio di pagine prima di crollare, ma confido molto nelle prossime settimane. Credo. Basta però parlare di me e della mia inutile vita da espatriata, parliamo dell'italica editoria e delle uscite meritevoli di questa settimana!


Voi lo sapete, qui il lunedì non si parla solo di romance. Certo, è più probabile che una copertina oscena appartenga a un libro osceno, ma come nel mondo normale esistono le eccezioni che confermano la regola... Anche in editoria funziona allo stesso modo. Ecco perché abbiamo il nonno di Hugh Grant e un travestito nei panni di Meryl Streep che si sono prestati per la copertina di Florence. Copertina che, a prima vista, sembrerebbe appena uscita dai Gialli Mondadori del 1990. Esatto, sì, quelli che uscivano in edicola e che erano a dir poco terrificanti in quanto a grafica. Ma erano pur sempre gli anni '90, gli anni delle spalline, delle giacche da donna blu elettrico, dei bananoni ai capelli e delle frangette cotonate.
Eppure mi dispiace che si sia scelto di far posare il nonno di Hugh Grant e il signor travestito per questa foto, perché il libro non meritava di certo questo trattamento. Poi, ovvio, qualcosa da ridire ce l'ho pure su questa raccapricciante fascetta giallo men at work, che violenta terribilmente la mia retina (oltre a non essere neanche lo stesso giallo utilizzato per il titolo). Inutile soffermarsi a chiedersi il perché di un copia-incolla così poraccio per un libro che costa la bellezza di 18,50 euro... Delle volte Piemme fa di queste cose inspiegabili, inspiegabili soprattutto per chi è invece dotato di raziocinio. Lo sfondo in bianco e nero è semplicemente mostruoso se associato ai due ritagliati male da uno speciale tratto da Donna Moderna. La scheda ci dice che questa è la storia di Florence, la soprano più stonata del mondo, che si esibisce in concerto a New York, nel 1944. E, guardate, non fosse per la copertina da incubo, io questo libro lo avrei probabilmente comprato. Peccato che non sia proprio tutta colpa di Piemme, dato che i due falsi attori qui accanto sono stati presi in prestito (MALE) dalla copertina originale che fa ribrezzo quasi quanto quella italiana e che potete ammirare qui. Oh, che ve devo dì, si vede che Maryl Streep e Hugh Grant, quelli veri, dopo aver girato il film non c'avevano voglia di prestarsi a uno shooting fotografico.

Che c'avrà da ride 'sta tizia in copricostume io non me lo so spiegare. Una che cammina e se sganascia, da sola, sicuro tanto bene non sta. Magari ride della povertà grafica del poster di Benji e Fede (che io devo ancora capì che fanno nella vita pe' campà), o magari ride del fatto che ha il piede destro numero 48 e l'altro solo un misero 41, va' a sapè. 
Non lo troverei divertente, fossi in lei, e certamente non lo metterei in mostra con una ciavatta a infradito. Ma io so' io e la gente che se sganascia camminando non è me, me pare piuttosto evidente.
Io guardate, veramente, non so in che modo esprimere la mia preoccupazione circa la deriva che il mondo dell'editoria – e della grafica editoriale – stia prendendo. 
A parte la mia ignoranza sulla vita di questi Benji e Fede (e pure su 'sta Sharon, ma uno con un nome normale lo mettiamo per favore? Sharon, Benji, ma che è? Me pare un cartone animato a me), ma perché sembrano appena usciti dai Bee Hive? Perché nel 2016 sono vestiti come Mirko e Satomi nel 1985? Che cosa mi sono persa? Una si assenta una settimana dal mondo dell'internet e delle uscite editoriali e si ritrova libri di questo tipo. Ma poi chi l'ha scritto sto libro? Perché da qui pare che l'abbia scritto solo Sharon, ma la scheda non è d'accordo. Vabbè, fossero stati in tre a scriverlo, dovrebbe avere una trama almeno accettabile, dici, no? No. Nadia ha 17 anni e per le vacanze di fine scuola va a casa del cugino Marco al mare. E dici, sticazzi? No, perché così, di punto in bianco, due star famose (che so' 'sti Benji e Fede), vanno a vivere con lei. E uno diventa un amico, mentre l'altro invece c'ha gli occhi azzurri e quindi lei si innamora. Ma non cederà come fanno tutte, nossignore. Eh? Cioè, fateme capì: perché in tutte le vacanze passate, cacchio ne so, a Margherita di Savoia, nella casa dove stavo io non è mai venuto a bussare alla porta con la valigia, che so io, Gianni Morandi? O anche, se vogliamo renderla internazionale, Robin Williams? No, al massimo suonava la madre della signora con cui eravamo amici, per offrirci un po' di sugo di seppioline o dei taralli fatti in casa. Che va bene eh, però, via... Vuoi mette il sugo di seppia con Benji e Fede?



Per questo lunedì è tutto, vi auguro una settimana piena di pasta al sugo di seppia e taralli al peperoncino fatti in casa. Mi raccomando: Baby I love you I wonder thing undone, Baby I need you, vorrei vederti ma tu...

lunedì 14 novembre 2016

Photoshop non ti conosco, obbrobrio non ti temo, Paint ti amo 14/20 novembre


E ciao gente, buon lunedì di merda a voi tutti!
Oggi, sebbene sia lunedì, sono contenta. Eh, lo so, c'avete ragione: Nereia contenta potrebbe voler dire Nereia meno cattiva, cinica e acida. No, gente, non preoccupatevi: Nereia, di fronte allo scempio, è sempre cinica e cattiva, anche quando è contenta.
Sono contenta perché ho finalmente uno scopo: andare a uno stage. Certo, non è il lavoro della vita e, tra l'altro, praticamente lo faccio gratis, ma stavo quasi per considerare l'omicidio/suicidio, quindi mi sta bene anche vedere altri essere umani e utilizzare finalmente il mio spagnosardo – sì, parlo spagnolo come fossi sarda – anche con altra gente, oltre che a quel poveraccio del mio coinquilino che non fa che sorbirsi i miei discorsi con tempi verbali completamente casuali.
Inoltre, sono contenta anche perché la mia vita continua a somigliare a un cartone animato e sabato sera qualcuno, per strada, mi ha guardato il deretano e poi mi detto "pagafanta" (che sarebbe una di quelle ragazze che si fa offrire da bere e poi ti lascia in 13, da solo, con 50 euro de meno). Ora, io stavo da sola e il mio terribile mojito da 7 euro me l'ero pure pagato, ma sono sottigliezze che il tale – ubriaco alle già 23 – non poteva cogliere.
Comunque, sono contenta che l'ubriacone pensasse che con il mio deretano posso farmi offrire da bere; toccherà che pensi seriamente ad avviare un business. Se volete, fateme un fischio e vediamo di unirci, noi pagafanta, per fare un tour de baretti, che so' io. Così alziamo due lire e via, verso nuove mete. Detto ciò, passiamo a quello che possiamo trovare in libreria. E sbrigamose pure che c'ho da fà, daje.

Ma da quand'è che è legale prendere un'immagine da Second Life (o la prima versione di The sims per pc), metterci uno sfondo di un arancione terrificante e farla passare per un lavoro di grafica che, addirittura, merita una copertina di un libro? No, ditemelo, perché io non pensavo che uno potesse fà na foto mentre sta a giocà a The Sims e poi usare l'immagine a scopi commerciali. Cioè, chiaramente la simmina stava andando ad affacciarsi alla finestra – ogni tanto i sims lo fanno, soprattutto nel 2 che ci sono le stagioni e se piove loro si affacciano e normalmente bestemmiano in simlandese – e il grafico, a sua insaputa, le ha fatto una foto. Ora, io non lo trovo affatto giusto. Abbiamo avvertito la Electronic Arts? Chiamateli, per favore, sennò lo faccio io da qui.
Ma poi lei completamente finta e quadrata (proprio come in The Sims 1, vi invito ad aprire questa immagine) e lo sfondo, preso da una cartolina di zia Lilla che è andata a Parigi e photoshoppato a membro di cane? Il cielo arancione "men at work" poi è un pugno in un occhio che pure l'Anas insieme alla Società Autostrade, sicuro, c'hanno qualcosa da dire in merito. Ma poi che messaggio vogliamo lanciare alla gente? Una, su un ponte, con la scritta "sei pronta a sacrificarti per amore"? Stiamo incitando la gente pixelata a uccidersi per caso? Uno già c'ha i complessi che pare appena uscito da un videogioco dei primi anni 2000, deve pure suicidarsi per amore? La scheda dice che la nostra amica pixelata si domanda come era la vita di Vincent prima di chiudersi a giocà a The Sims h24 e creare lei. Eh, amica, sicuro era meglio, perlomeno parlava con gli esseri umani e non coi Sims. Poi, sia chiaro, io sono una vera fan del gioco, cioè ce l'ho ovviamente installato sul pc e ce passo le ore vere, però non mi fidanzo con Maurizio Alberghini (solo i veri nerd potranno capire a chi mi riferisco, lo siento per tutti gli altri). Ovviamente, non dimentico di menzionare la mano sinistra che ospita l'indice di ET in mezzo a dita normali. E vabbè, il tocco alieno ce sta sempre bene.

giovedì 10 novembre 2016

5 is megl che one #3 – ovvero 5 libri che voglio leggere asap


Eccomi, eccomi. Con un giorno di ritardo, lo so, ma c'è una ragione. La ragione è che mi sono preparata per il mio primo colloquio qui in Spagna e, quindi, vi lascio immaginare il mio stato d'animo tra martedì e ieri. In un'immagine? Se avessi potuto, avrei rosicchiato pure le unghie dei passanti, dato che le mie le avevo ridotte all'osso. Ebbene, il colloquio è andato – ormai è cosa passata – e quindi possiamo occuparci allegramente della terza puntata di 5 is megl che one, rubrica che forse piace più a me che a chi la legge. Ma anche chi se ne importa: a me piace e ya está. Mi piace scriverla, mi piace pensarla, mi piace l'idea, mi piace tutto. Eh, ce lo so che mi sto un attimo vantando ma hey, ogni tanto mi piace sentirmi una blogger talentuosa. E ricordate che il mio sogno nel cassetto è essere Carry Bradshaw, quindi ce devo crede almeno, no?
Oggi, finalmente, torno su questo blog per parlarvi di libri perché – sebbene qui tiri un vento che manco a Trieste – ieri è stata una fantasticherrima giornata e me ne auguro almeno altre 100 uguali a quella. E quando torna il buonumore, torna anche la voglia di stare in mezzo alle cose belle (cioè ai libri). 
Oggi voglio mostrarvi i 5 libri che voglio leggere il prima possibile. Ce li ho già tutti fisicamente, tranne uno, che sarà presto mio (e con presto intendo tra un'ora e mezza circa).

1. Lo schiavista di Paul Betty (The sellout).
Sì, è sulla bocca di tutti e voi sapete quanto io odi questa cosa, quanto io perda irrimediabilmente interesse per una cosa quando se ne parla in continuazione. Sono, infatti, ancora digiuna di tutto ciò che è uscito in libreria (o al cinema) e se ne è parlato a non finire: non ho ancora letto la Ferrante, non ho ancora letto Stieg Larsson, non ho ancora letto Stoner. E forse sono una delle poche a non aver ancora visto The Beach con Di Caprio. Con Lo schiavista, invece, il mio atteggiamento è differente (va' a sapè perché), forse è merito del booktrailer – che è un metodo di sponsorizzare i libri che ho sempre un po' snobbato –, forse è merito della copertina, o magari della trama.
È la storia di Bonbon, un nero della lower middle class che si presta a improbabili esperimenti sulla razza (e già qui il libro mi aveva conquistata); quando il padre viene ucciso da una sparatoria dalla polizia, si trova a dover fronteggiare le spese del funerale. Ma il girone della sfiga non è ancora terminato perché, come se tutto non fosse già allucinante, la cittadina nella quale è nato e vive, viene cancellata dalle carte geografiche. Insomma, questo Bonbon già mi sta simpatico alla quarta riga della trama. E lui, che pensa di fare? Ripristinare la schiavitù e la segregazione razziale nei ghetti. Che dire? Che ho proprio bisogno di una storia assurda e di un protagonista cinico. E provocatorio. E nero. E che fa parte di una minoranza.

2. No culpes al karma de lo que te pasa por gilipollas di Laura Norton.
Sì, è un chick lit e in spagnolo, per giunta. Scoperto per caso, grazie al trailer del film che uscirà nelle sale di tutta Spagna domani (qui se volete vederlo) è la storia di Sara, una ragazza che lavora in un negozio di piume. Sara, proprio come la Nereia di questi ultimi anni, è anche lei contornata dalla sfiga e da cose allucinanti che le succedono: gli affari non vanno bene, a lei succedono sempre cose cretine e fastidiose, i suoi genitori si trasferiscono nel suo appartamento (incubo!), la sua vita sentimentale è disastrosa – te capisco, amica, eccome se te capisco, qua coi casi umani abbiamo riempito anni e anni e anni della nostra vita – e la sorella... Be', la sorella comincia a frequentare il ragazzo di cui Sara era innamorata al liceo. Dici, altro? Be', sicuramente sì ed è quello che voglio scoprire quanto prima. Mi piace questo libro e mi dispiace che non sia stato tradotto in italiano perché sono sicura che parecchie di noi, in questo momento, abbiamo bisogno di una lettura così: divertente, leggera e, in un certo senso, rincuorante. Io sto uscendo per andarlo a comprare, così posso anche vedere il film il prima possibile. E voi? E voi se non parlate lo spagnolo, potete aspettare che ve lo traduca io (cosa super illegale eh, ma posso anche cimentarmi per qualche amica). E sennò: tutti a fare un corso base di spagnolo, forza!

3. It's kind of a funny story di Ned Vizzini.
In realtà questo libro esiste anche in italiano, si chiama Mi amazzo, per il resto tutto ok ed è fuori catalogo (co' 'sto titolo, non me stupisce che in Italia non se lo sia filato nessuno). Io, come la maggior parte dei libri in lingua che ho in casa, l'ho scoperto per caso su Goodreads (ti amo Goodreads, ti amo profondamente). 
È la storia di Craig, un ragazzo che soffre di alcuni problemi: per lui è difficile prendere voti alti a scuola, fare i compiti, comportarsi in modo normale con le ragazze, stare con gli altri, prendere decisioni, persino sorridere per lui è molto difficile. Un giorno, proprio quando decide di togliersi la vita, trova il coraggio di chiamare il Telefono Amico (si chiamerà così in Italia?) e farsi ricoverare. Lì, troverà medici, infermieri e altri pazienti che lo faranno tornare alla vita, lo faranno sentire di nuovo "normale". Sì, forse è un libro un po' triste, e di certo non ho bisogno di tristezza nella mia vita in questo momento. 
Però mi trasmette un non so che di positivo, un messaggio di gioia nascosta e speranza. E boh, secondo me è proprio un gran bel libro. Questo ce l'ho già, in ebook per giunta, e non devo quindi uscire di corsa per andarlo a comprare. Lo leggerò, vi farò sapere. La copertina originale è stupenderrima, ma io purtroppo ho la versione con la locandina del film, cosa che odio profondamente ma vabbè.

lunedì 7 novembre 2016

Photoshop non ti conosco, obbrobrio non ti temo, Paint ti amo 7/13 novembre


E anche oggi è lunedì (di già). Poi mi dite come fa il tempo a correre così, senza avvertire. Cioè, ieri sera stavo semplicemente pensando a quanto sarebbe bello essere un cane, almeno per un giorno – pensieri filosofici alti, come potete vedere – quando mi sono accorta che era domenica sera e io non solo ero stata tutto il giorno in giro, ma non avevo neanche preparato il post. Non sarebbe male se non fosse che oggi me devo dà sbrigà che devo fare dei giri burocratici e non solo. E invece siamo tutti qui, io con il mio tazzone di caffè davanti (santità alla caffeina subito!) e voi, invece, magari siete già al lavoro da quattro ore – il fancazzismo è la mia arma segreta, lo faccio così bene e con così tanto impegno che non capisco perché nessuno ne abbia ancora fatto una professione. Mah. I misteri dell'umanità, proprio.
Detto questo, qui sopra stanno succedendo delle cose, con molta molta molta calma, ma stanno succedendo delle cose. Ve ne accorgerete :muauauaua: risata malefica.
Ma basta cinciallegrare, vediamo un po' le uscite della settimana (poche eh, perché le case editrici si stanno preparando al Natale).

La copertina de La lettrice, vedete, non sarebbe neanche troppo male se non fosse che la modella, prima di prestarsi per la foto, s'è certamente calata un kg e mezzo di funghi allucinogeni. Tesò, che stai a guardà con quella faccia? Allora, o hai in mano una copia del kamasutra e stai lì a domandarti il perché tu abbia i tendini delle gambe corti (tranquilla, ti capisco, le mie gambe si stendono solo se sto sdraiata. Cioè, se ci provo a sollevare una gamba mentre sto in piedi, se ne sta lì tutta piegata che io boh, non capisco come sia possibile avere i muscoli e i tendini così atrofizzati a soli 31 anni), oppure sei super fatta di qualcosa, non ci sono altre spiegazioni.
E, vedete, non sarebbe davvero tanto male, se non fosse anche che al grafico gli è sfuggito il pennello per ridipingere lo sfondo e ha inglobato le maniche del giubbino di jeans. 
Amico grafico, c'hai combinato? Stavi a fà la copertina mentre parlavi al telefono? Non t'è sorto il dubbio, prima di consegnare il lavoro al grande capo, che c'era qualcosa che non andava? Hai mai visto un giubbino di jeans che cambia colore così senza che si sia irrimediabilmente rovinato in lavatrice? Suvvia, mancano proprio le basi eh (anche della moda, mica solo di Photoshop).
Il simbolo dell'infinito sopra e sotto nun se po' guardà (soprattutto sotto che, per farcelo entrare, lo abbiamo pure schiacciato), ma queste sono le regole base della decenza e me sa che il grafico in questione non le conosceva proprio. 
La scheda non ci dice se Sefia, dopo aver visto quelle immagini e valutato la sua prestanza fisica, abbia o meno deciso di iscriversi a un corso di pole dance o abbia anche solo pensato che forse il kamasutra non fa per lei, ma ci dice solo che il padre è morto, che vive con la zia Nin che poi viene rapita e che, nel suo mondo, leggere è un'attività proibita. Sefia, amore, ma non sarà che porti un attimo di sfiga? Passa in chiesa prima e fatti benedire, poi vediamo se non è il caso di cambiare libro e leggersi un bel trattato sul malocchio, altro che kamasutra. Ai muscoli atrofizzati ci pensiamo dopo, quando smetterai di uccidere o far rapire tutti quelli che ti circondano.

Quando vedo le copertine dei libri storici provo pena per l'autore, per il grafico e pure per chi se li legge questi libri.
È un sentimento incontrollabile, che mi pervade così, senza preavviso e tutto d'un tratto. Come adesso.
Guardo questa copertina e, a parte chiedermi il perché della sua esistenza, mi sento in pena persino per il poraccio che s'è prestato, vestito da cretino, a fà sta foto. Sai quanti scatti hanno dovuto fà prima che ce ne fosse uno brutto abbastanza da poter utilizzare? Roba che Umberto qui accanto, a fine giornata, è tornato a casa con un principio di artrite alla mandibola e con il braccio sinistro lussato.
Dell'altro braccio non abbiamo notizie, né fotografiche, né reali. Chissà, magari lo ha perso prestandosi per altri scatti (cosa molto probabile). 
Di queste copertine, comunque, continua a piacermi l'enorme quantità della roba che ci sta scritta sotto, mancava solo un'altra riga, che magari elencava la lista delle cose che devo comprare oggi al Lidl, e poi era completa. 
Ad ogni modo, la scheda non menziona la tempesta di sabbia in atto, né ci rassicura sul braccio destro di Umberto, no. Anzi, ci dice che siamo in Britannia (dove a quanto pare le piogge acide e le tempeste di sabbia sono all'ordine del giorno) e che mentre Catone è un figo e cerca di penetrare le colline, il nostro amico Umberto, altrimenti detto Macrone, è ferito ed è rimasto indietro nella corsa alla conquista del territorio. L'inverno sta arrivando e pure le tempeste di neve (siamo sicuri sia neve? A me me pare più che altro una raffica di vento nel Sahara ma io non so' imparentata con Giuliacci, quindi cazzo ne posso sapè? Niente. Manco parlo del meteo con gli anziani alla fermata dell'autobus, per cui so' proprio la persona meno indicata per dire qualunque cosa in merito). E niente, basta. Cioè, questa è la storia più o meno. Riuscirà il nostro Umberto a ritrovare il braccio perduto e a non farsi accecare dalla sabbia negli occhi? 

Lo scontro totale tra islam e cristianesimo che insanguinò il medioevo. Perché, ce n'è stato uno parziale che ha insanguinato, (però poco eh, giusto du' gocce) gli anni precedenti? Ma che vor dì totale? Le guerre ve risultano parziali per caso? O che ne so, che si trasformano in una partita a scopone scientifico?
– Scopa! Me tocca er Lazio! Non famo che me date la Basilicata che è troppo piccola e non ci posso piazzà due alberghi, ma solo le casette verdi e ho finito i pezzi da 100 euro.
– No eh, a me me tocca Tel Aviv ma a 'sto giro so' finito in carcere e non posso uscire se non faccio due 6.
– Hey, state nella mia casella de La Mecca, non fate i fighi che so' 50 euro cadauno. Poi, se passate pure dalla casella della Basilica di San Paolo so' che cazzi vostri, è pure Porta Santa e vale deppiù.

Ma che è? Gente, dopo anni di copywriting e clienti esigenti, poi leggo 'ste cose (scontro TOTALE) e mi ritrovo a inneggiare all'analfabetismo eh, ve lo dico. 
Sul resto non so che dire, ho esaurito le parole guardando la faccia del cavallo. La scheda sta qui, leggetevela voi e ditemi se scoprite di scontri parziali o a puntate ché io non ne conosco.


Per questa lunedì è tutto, vi auguro una marea di partitone a scopone scientifico e, mi raccomando,  se giocate a questa versione dello scopone, occhio alle caselle con le Porte Sante che valgono deppiù.
Abbraccioni e tempeste di sabbia dritte dritte negli occhi per tutti voi. Salutatemi il braccio di Umberto!

venerdì 4 novembre 2016

In my bookshelf #34


Vi avevo promesso che il blog sarebbe tornato piano piano alla normalità e il ritorno di In my bookshelf ne è la prova (più o meno, ma non sottilizziamo).
In questi mesi di assenza non è che abbia comprato poi chissà quanta roba, né letta poi più di tanta, ma fare un riassunto per mostrarvi cosa è successo in questo luuuungo periodo mi fa sentire una blogger seria (eddaje, no? Ogni tanto ci vuole).
La volontà di leggere ciò che ho in casa procede bene, e proprio per questo mi contengo con gli acquisti (e mi contengo veramente eh, mica tanto per dire).
Così, da agosto fino a ora ho acquistato davvero pochissimo (ma ho ricevuto qualcosa in regalo).
Certo, se il blocco del lettore mi abbandonasse del tutto sarebbe cosa buona e giusta cosicché – oltre a non acquistare – dimezzerei anche la mia lista di "to be read prima dell'apocalisse".
Però, insomma, da qualche parte bisogna pur iniziare per smaltire la roba di cui si è già in possesso e non acquistare nulla rappresenta un piccolo passo verso la normalità.
Vediamo adesso da agosto a ottobre cosa è successo nella mia libreria. Pronti? Pronti.

Partiamo dai libri nuovi che, per fortuna, sono solo due e sono entrambi stati acquistati a un prezzo più che accettabile (10 euro l'uno). Si tratta di due libri in lingua spagnola, non ho idea se questi libri esistano in italiano e poco importa perché si tratta di due libri scritti da autori spagnoli e che ho voluto acquistare in lingua perché credevo di non soffrire del blocco del lettore. E poi, poi niente, è andata a finire che di uno, e sto parlando di Dime quien soy di Julia Navarro, ho letto soltanto 57 pagine e poi mi sono arenata – non per colpa del libro, ovviamente – e dell'altro ho letto solo la quarta di copertina e si tratta di El mapa del tiempo di Félix J. Palma.
Dunque, mentre Dime quien soy è stato scelto con cura e attenzione in mezzo a un'altra valanga di libri e s'è aggiudicato il posto sul mio comodino – al momento solo per prendere polvere insieme al kindle – perché è scritto in maniera molto semplice e lineare, El mapa del tiempo è stato, invece, portato a casa perché la trama mi sembra una roba che wow! Leggendo la quarta di copertina, che è l'unica cosa che al momento ho letto di questo libro, mi sembrava un argomento interessante: Inghilterra, 1800 e viaggi nel tempo. Una roba che non potevo davvero lasciare sullo scaffale. Poi, ecco, magari è una schifezza di una noiosità colossale (e la bruttezza della copertina è davvero un punto a suo sfavore che mi fa pensare che la cagata sia dietro l'angolo), ma almeno mi serve per imparare parole nuove.

I libri usati, invece, comprati alla 65a Fira del llibre d'ocasió, antic i modern che si è tenuta a Passeig de Grácia, sono decisamente di più. Pochi, comunque, secondo i miei standard, ma comunque troppi dati i miei inesistenti tempi di lettura. Si tratta di un libro di Marta Rivera de la Cruz che si chiama La importancia de las cosas, una copia di Jane Eyre in spagnolo – che fa sempre bene –, Los cuadernos de Don Rigoberto di Mario Vargas Llosa e El alquimista impaciente di Lorenzo Silva, comprati più che altro perché mi sembravano scritti in maniera piuttosto semplice (a parte Vargas Llosa che, vabbè, lo conosco abbastanza e non mi sembra male affatto).
Ai libri usati si è aggiunto anche un dizionario monolingua, in spagnolo ovviamente, comprato praticamente nuovo che non ho ancora utilizzato se non per cercare una parola che mi è stata detta da un ragazzo – come un complimento – e che non ho trovato, quindi vabbè. Mi piace pensare che mi abbia detto che la mia pelle somiglia a una mandorla bianca, pure che non è vero. Ma tanto, insomma, anche chi se ne frega, dato che non è una parola che mi verrà mai più ripetuta, ergo posso vederci tutto quello che mi pare, no? xD

Una mia amica mi ha invece prestato El laberinto de la rosa di Titania Harde, avvertendomi che non è poi tutto questo granché (e si vede dalle recensioni di Amazon), ma che è molto utile per apprendere le costruzioni verbali più utilizzate e le particelle che accompagnano i verbi. Insomma, messa su questo piano, pure che fa schifo, ci importa il giusto dato che mi serve come "libro di studio".
Ho ricevuto in regalo da Maria (che non ha un blog vero, ma un blog alternativo), Di grammatica non si muore di Massimo Roscia (che lovvo appassionatamente), Un certo Lucas di Julio Cortazár e Autobiografia di una femminista distratta di Laura Lepetit.
Letture Sconclusionate mi ha invece regalato Lo schiavista di Paul Beatty e Come un fucile carico di Lyndall Gordon (già autrice di quella cosa meravigliosa che è la biografia di Charlotte).