Autore: Jonathan Safran Foer
Titolo: Ogni cosa è illuminata
Prezzo: 12 €
Editore: Guanda
Pagine: 336
Il mio voto: 4 segnalibri e mezzo
Trama
La mia recensione
Titolo: Ogni cosa è illuminata
Prezzo: 12 €
Editore: Guanda
Pagine: 336
Il mio voto: 4 segnalibri e mezzo
Trama
Con una vecchia fotografia in mano, un giovane
studente, che si chiama Jonathan Safran Foer, visita l'Ucraina per
trovare Augustine, la donna che può aver salvato suo nonno dai nazisti.
Jonathan è accompagnato nella sua ricerca da un coetaneo ucraino,
Alexander Perchov, detto Alex. Alex lavora per l'agenzia di viaggi di
famiglia, insieme a suo nonno che, a dispetto di una cecità
psicosomatica fa l'autista, e in compagnia di una cagnetta maleodorante,
chiamata Sammy Davis Jr Jr, in onore del cantante preferito dal nonno.
La mia recensione
Ogni cosa è illuminata... E rumorosa.
Quella che segue non sarà una recensione lunga sia perché molto è già
stato detto su questo romanzo, sia perché recensirlo non è cosa affatto
semplice.
Ogni cosa è illuminata non necessita, infatti, di una recensione. Chiunque, ormai, lo ha letto e ne è stato persino tratto un film. C'è chi l'ha adorato, chi invece l'ha criticato senza pietà. Perché Foer è un po' come Vian: è difficile da comprendere; è difficile entrare in confidenza con lui, con le sue storie, con le sue parole.
La penna di Foer modella magistralmente una vicenda banale, un semplice viaggio in automobile attraverso l'Ucraina, trasformandola in una storia divertente e avvincente, quasi ai limiti dell'assurdo.
Inizialmente la creta non è che un ammasso di materia scivoloso, confuso e senza forma. Solo dopo essere stata modellata da mani esperte si tramuta in una sinuosa brocca o in un'elegante scultura di un corpo femminile. Questo romanzo, proprio come la creta, è inizialmente confuso, senza forma; la storia non ingrana, fatica a coinvolgere il lettore perché caotica, poco chiara.
Ogni cosa è illuminata non necessita, infatti, di una recensione. Chiunque, ormai, lo ha letto e ne è stato persino tratto un film. C'è chi l'ha adorato, chi invece l'ha criticato senza pietà. Perché Foer è un po' come Vian: è difficile da comprendere; è difficile entrare in confidenza con lui, con le sue storie, con le sue parole.
La penna di Foer modella magistralmente una vicenda banale, un semplice viaggio in automobile attraverso l'Ucraina, trasformandola in una storia divertente e avvincente, quasi ai limiti dell'assurdo.
Inizialmente la creta non è che un ammasso di materia scivoloso, confuso e senza forma. Solo dopo essere stata modellata da mani esperte si tramuta in una sinuosa brocca o in un'elegante scultura di un corpo femminile. Questo romanzo, proprio come la creta, è inizialmente confuso, senza forma; la storia non ingrana, fatica a coinvolgere il lettore perché caotica, poco chiara.
Ma una volta entrati nel pieno della realtà narrata da Foer si fa una gran fatica ad uscirne completamente.
La nostra camera si trasforma nell'automobile guidata dal nonno e il nostro letto lascia il posto ai sedili posteriori dell'auto. Ci ritroviamo, in men che non si dica, a viaggiare diretti a Trachimbrod seduti "scomodamente" accanto all'eroe, con Sammy Davis Junior Junior a tenerci una più che "affettuosa" compagnia.
La nostra camera si trasforma nell'automobile guidata dal nonno e il nostro letto lascia il posto ai sedili posteriori dell'auto. Ci ritroviamo, in men che non si dica, a viaggiare diretti a Trachimbrod seduti "scomodamente" accanto all'eroe, con Sammy Davis Junior Junior a tenerci una più che "affettuosa" compagnia.
La confusione iniziale, a questo punto, si tramuta in uno stato di
simpatica frenesia e tutto diventa rumoroso. Impossibile, credevo, che
l'aggettivo rumoroso potesse essere utilizzato per descrivere un
romanzo. Eppure, più ci rimugino sopra, più mi sembra che sia proprio
l'aggettivo che descrive meglio Ogni cosa è illuminata.
I dialoghi, così ben strutturati e curati, sono schietti, rapidi e qualche volta addirittura urlati. Persino l'ambiente circostante appare strambo, surreale.
I dialoghi, così ben strutturati e curati, sono schietti, rapidi e qualche volta addirittura urlati. Persino l'ambiente circostante appare strambo, surreale.
Nonostante l'atmosfera frivola e divertente, Foer riesce comunque ad
inserire interi periodi che sfiorano la poesia pura, lasciando un po'
stordito il lettore. Bellissime frasi d'amore e intense descrizioni di
stati d'animo si alternano abilmente con frasi bizzarre e
sconclusionate.
Questo libro costituisce una egregia prova di realismo magico che però ben si distanzia dalla Allende, avvicinandosi più al surrealismo senza mai però entrarne del tutto a farne parte. Per tutto il romanzo, infatti, il lettore resta sempre un po' in bilico, in un equilibrio precario su quel sottilissimo filo che separa la fantasia dalla realtà. E, dopo aver letto l'ultima pagina, ci si ritrova a provare un senso di leggera tristezza mista ad una sorta di ansia da abbandono poiché ci si rende conto, nostro malgrado, che questo viaggio non avremmo voluto finirlo mai.
Questo libro costituisce una egregia prova di realismo magico che però ben si distanzia dalla Allende, avvicinandosi più al surrealismo senza mai però entrarne del tutto a farne parte. Per tutto il romanzo, infatti, il lettore resta sempre un po' in bilico, in un equilibrio precario su quel sottilissimo filo che separa la fantasia dalla realtà. E, dopo aver letto l'ultima pagina, ci si ritrova a provare un senso di leggera tristezza mista ad una sorta di ansia da abbandono poiché ci si rende conto, nostro malgrado, che questo viaggio non avremmo voluto finirlo mai.
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