lunedì 26 marzo 2012

Recensione: Un'opera dalle molte pretese

Autore: Massimo Cortese
Titolo: Un'opera dalle molte pretese 
Prezzo: 10 €
Editore: Montag Edizioni
Pagine: 63
Il mio voto: 3 segnalibri e mezzo

Trama

Ci ha fatto sorridere con "Candidato al consiglio d'istituto". Ci ha fatto piangere con "Non dobbiamo perderci d'animo". Ma "Un'opera dalle molte pretese" richiede una riflessione personale. Con questa terza opera si conclude la "Trilogia della speranza". Poi si vedrà.



 La mia recensione


Un'opera dalle molte pretese è il libro che conclude la Trilogia della Speranza, la quale ha avuto inizio con Candidato al Consiglio d'Istituto (puoi leggere la recensione cliccando qui). 
Con questo ultimo episodio della trilogia torna la tecnica del monologo dalle forti sfumature ironiche che nel secondo volume, Non dobbiamo perderci d'animo, era venuta meno (puoi saperne di più qui). 
Le due vicende che l'autore ci narra si svolgono parallelamente: l'una riguarda l'uscita del suo primo libro e l'altra, invece, vede Cortese protagonista di uno spiacevole inconveniente con la giustizia. 
Lo svolgersi fluido degli eventi viene interrotto, per qualche pagina, da un breve dialogo immaginario che Cortese ha con lo Stato, come se si trattasse di un interlocutore qualunque, fisico, reale. 
Questa, nonostante sia costituita soltanto da pochissime pagine, è sicuramente la parte del libro che più spinge il lettore a riflettere, sebbene rischi in parte di disortientarlo leggermente poiché non è chiaro da subito dove l'autore voglia andare a parare. 
Le parole che Cortese ci riserva in queste pagine, però, sono senzaltro vere: "Credo che non ci sia abbastanza amore per questo Paese. Mi sembra che tutti i partecipanti, avvocati, giudici, imputati, è chiara la consapevolezza sull'ineluttabile inutilità di qualsiasi provvedimento, come se ciascuno avesse rinunciato a battersi per qualcosa di grande." Queste poche parole con le quali, non mi vergogno di affermarlo, sono perfettamente d'accordo, credo debbano essere applicate anche alla nostra quotidianità e non solo, quindi, a ciò che riguarda la classe politica e la giustizia.
Siamo noi, i cittadini normali, le persone comuni, a poter fare la differenza e se anche l'amore per il nostro Paese comincia a mancare diventa tutto molto più difficile, triste, inutile. A tal proposito ho trovato, infatti, davvero molto interessanti le emozioni, autentiche e profonde, che il protagonista della storia, nonché suo autore, descrive nelle due situazioni narrate: ironia e al contempo sfiducia nel sistema giudiziario ed enorme, genuina speranza in un successo personale rappresentato dalla pubblicazione del primo libro. 
La speranza, che si intravedeva già nel primo volume della trilogia, si era appena manifestata in alcuni racconti del secondo libro, in quest'ultimo episodio si palesa del tutto e dona coraggio non solo all'autore ma anche e soprattutto al lettore. Perché le vicende di Massimo Cortese, seppure avrebbero potuto far cadere nello sconforto più totale chiunque (e a ragione!), non riescono ad abbattere i sogni, le fantasie e la forza d'animo di Massimo che, prima di essere un autore, un criminale, un marito e un padre preoccupato per la propria famiglia, è un uomo. Un uomo con una speranza: la speranza di un mondo migliore.
Volendo utilizzare tre aggettivi per descrivere l'opera sceglierei:
  • semplice: perché lo stile con il quale l'autore si rivolge al lettore è semplice, diretto, colloquiale e aperto ma non per questo banale o scontato;
  • ironico: perché l'ironia non è solo presente nelle parole scelte per la narrazione. Fortunatamente anche quando tutto sembra andare storto, l'ironia non abbandona mai Massimo Cortese ma, anzi, gli infonde la forza necessaria ad affrontare anche le situazioni più difficili (ed è qualcosa certamente da invidiargli); 
  • fiducioso: che qualcosa possa cambiare, in noi, nella nostra vita, nel nostro Paese. 

Nessun commento:

Posta un commento