giovedì 26 marzo 2015

Che fine faranno i libri? Chiacchierata, a senso unico, con un addetto ai lavori

Buongiorno!
È da ieri sera/notte che penso se sia il caso o meno di scrivere questo post. In effetti è passato giusto un po' di tempo dall'ultimo mio post che riguarda i Vaneggiamenti sull'editoria e, quindi, è forse il caso di rimediare. No? No. In verità se ne poteva fare tranquillamente a meno perché non è che se io parlo di ciò che non mi sta a genio dell'editoria, qualcuno mi legge e dice "ah, però, sta tipa è ganza" e fa qualcosa per cambiare i meccanismi che non vanno. No. In sostanza, come fu per il post Il mercato editoriale lo fa chi (non) legge, me la canto e me la suono. Ma vabbè, tanto al momento non ho niente altro da fare e quindi... Cantiamocela e suoniamocela.
Quando mi sono iscritta al corso in correzione bozze, che mi è piaciuto tantissimo frequentare ma che – all'atto pratico – non ha alcuna utilità dato che pare non fregare niente a nessuno che tu l'abbia frequentato, mi hanno suggerito alcuni saggi da leggere. 
Ora, chi mi conosce lo sa: non amo particolarmente i saggi. Non che siano noiosi o cosa, solo che ne ho letti fin troppi all'università (tra i 4 e i 5 libri per ogni esame) e sebbene fossero interessanti – ché altrimenti non avrei scelto quella facoltà – spesso rubavano tempo ai romanzi belli. E allora, adesso, faccio sì che i romanzi belli rubino tempo ai saggi. Tranne qualche volta. 
È il caso, questo, di Che fine faranno i libri? di Francesco M. Cataluccio, un libriccino (60 pagine!) edito da Nottetempo Edizioni. Mi era stato consigliato, dicevo, al corso in correzione bozze, insieme ad altri libri (alcuni letti, altri no). 
La copia in mio possesso è del 2010 (ma non credo sia stato rivisto e aggiornato), per cui risulta un po' vecchiotto. Purtroppo, quando si scrivono libri sui social network, su internet e sugli ebook, è bene aggiornarli almeno ogni anno dato che l'evoluzione di questi strumenti è talmente tanto veloce che, con i tempi biblici dell'editoria, appena un libro viene pubblicato è già sicuro cambiato qualcosa.
Tra l'altro, per chi è abbastanza addentro al mondo dell'editoria, Che fine faranno i libri? non si rivela essere una lettura da fare necessariamente, anzi. Ma, a differenza di altri libri che parlano di ebook, mi ha offerto tanti spunti interessanti per creare questo post. Conosco poche persone con le quali intraprendere una discussione di questo tipo dal vivo, per cui mi tocca ammorbare chi passa da questi lidi per leggermi. 
Francesco M. Cataluccio, nel suo piccolo saggio, ci parla di ciò che – probabilmente – accadrà ai libri quando i computer e gli ebook (con ciò che ne consegue, smartphone, tablet eccetera) prenderanno il sopravvento. Inutile precisare che, leggendo libri di questo tipo, si ha sempre l'impressione di leggere la scenografia di una sorta di Ritorno al futuro che, se per alcune cose può averci anche preso, per altre diciamo che siamo lontani anni luce. Sono quindi convinta che, prima che la carta sparisca del tutto comportando un risparmio sulla cellulosa e lasciando spazio alle foreste (nel mondo, dice Cataluccio a pagina 43, si vendono circa 3 miliardi di libri l'anno, cosa che comporta l'abbattimento di 9.316.770,1 alberi considerando libri formati mediamente da 250 pagine) passerà un bel po' di tempo.
Che fine faranno i libri? inizia con un breve riassunto di ciò che è accaduto negli anni, la nascita dell'ipod, la nascita del kindle e dei tablet, per poi focalizzarsi sul mondo dell'editoria. 
A questo punto, subito dopo una previsione che vedrà carta e ebook convinvere tranquillamente per trasformarsi, poi, in una netta vincita del secondo sul primo, a pagina 15 leggo che:
"Fare libri costerà poco e anche nell'editoria sarà possibile venire incontro a una delle tendenze del nostro mondo ipermoderno: i consumatori diventeranno parte attiva della produzione".
Già qui ero in preda a un attacco di ridarella isterica tanto potente da causare la fuoriuscita di fluidi dai dotti lacrimali e il mio successivo svenimento.
Questo vale sicuramente per le altre aziende che non fanno altro che indire ricerche di mercato (qualitative e quantitative) per qualunque cosa, compreso l'assaggio di prodotti da immettere sul mercato. Ma, purtroppo, non vale per l'azienda editoriale che – come è noto ormai anche ai muri – non solo non tiene quasi in considerazione l'opinione dei lettori ma, anzi, li taccia di essere individui che, dato che non lavorano in campo editoriale, non ci capiscono una fava. 
Giustamente, chi meglio di chi fruisce il prodotto è in grado di darne un'opinione? Ma, senza che si torni a scomode e annose questioni, ricordate sempre che il libro è un prodotto ma un altro tipo di prodotto (quando je pare a loro). Comunque, andiamo avanti.

"Non è infatti più possibile pensare di tenere fuori dal mondo dei libri e dei giornali gli acquirenti-fruitori [...]". 
E qui mi veniva da dire, ma purtroppo l'autore non poteva sentirmi: «Catalù, fidati che è possibile. È possibilissimo e, anzi, viene fatto sempre. E se provi a dire, chiedere, fare qualcosa – come segnalare possibili errori nelle traduzioni o la presenza di refusi, ad esempio – non vieni considerato minimamente. Pensa, Catalù, che ci sono uffici stampa che gli chiedi una newsletter, che farebbe un favore GRATIS alla casa editrice perché, te lo sai e lo dici pure nel tuo libercolo che i blogger non vengono pagati, a te non te ne viene gniente... Embè, ci sono uffici stampa che manco te rispondono alla mail. Capito, Catalù? Manco un NO, manco una parolaccia, manco un "ma chi te credi d'esse, blogger dei miei stivali?" Niente. Capito, Francè, con chi c'abbiamo a cheffà?»
Ma, dato che non potevo avere un confronto con l'autore, sono andata avanti con la lettura. E, in chi mi imbatto? Proprio negli uffici stampa. Cataluccio fa un rapido riassunto delle figure che, con la vittoria dell'ebook sulla carta, spariranno e di quelle che, invece, continueranno a esistere e a lavorare nel mondo dell'editoria. Al punto h (pagina 21 per l'esattezza), troviamo gli uffici stampa. E vediamo un po' cosa dice il signor Cataluccio:
"Gli uffici stampa dovranno sin d'ora affrontare la sfida della promozione del libro elettronico. Inizialmente le redazioni dei giornali, e soprattutto i recensori, pretenderanno comunque la copia cartacea. [...] L'acquisto del libro avverrà ancor di più soltanto sulla base di tre fattori: il passaparola, l'obbligo, le recensioni".
L'interruzione della citazione è d'obbligo perché, anche qui, mi è venuto un attacco di isteria probabilmente (im)motivato. E, sempre con la stessa confidenza che mi sono presa liberamente con il signor Francesco M. Cataluccio, mi è venuto da dirgli: «Catalù, ragazzo mio, ascolta amme. Agli uffici stampa che propongono il libro elettronico, come lo chiami te, toccherebbe prima spiegà cosa è il libro elettronico. Perché, vedi, sebbene siano passati anni da quando hai scritto 'sto libercolo (per l'esattezza 5), il livello de superficialità e ignoranza con la quale si affronta il tema dell'ebook è pressappoco rimasto invariato. Vedi, Catalù, tre quarti delle genti – uffici stampa, case editrici, addetti ai lavori – se penseno che l'ebook, o libro elettronico come lo chiami te, è il file digitale che porti in tipografia pe' fà stampà la copia cartacea. Te giuro, Francè, è così. Credime. In pratica, pur'io ho fatto un ebook e se chiama Regret e disappunto nella presa di decisione, che poi è pure il titolo della mia tesi de laurea. Ma è un piddieffe eh, proprio come quello che gli uffici stampa mandano ai blogger, dicendo loro che la copia cartacea è riservata ai giornalisti e che invece a noi ce spetta l'ebook in piddieffe. Poi, se il piddieffe è pesante, che se fa? Te lo converti con Calibre e ce fai l'epub. Peccato, Catalù, che il piddieffe che te mandano non è l'ebook, tant'è che è meglio se te lo leggi dal computer o dal tablet (der quale io so' sfornita) perché altrimenti te ciechi. Te farei vedè che piddieffe ho ricevuto io, come ultimo. Te farei vedè».
Ma, purtroppo, io queste cose a Cataluccio non ho potuto dirle e così, niente, ho proseguito con la lettura.
"Le recensioni sono legate a un meccanismo sempre più compromesso di autorevolezza e competenza, che da tempo è entrato in crisi, tanto che non è peregrina la domanda che già oggi in molti si pongono: salvo qualche rara e pregevole eccezione, dove sono finiti i critici? La critica passerà in parte nei blog e nelle forme più varie in cui si raccolgono "comunità di lettori", come, per esempio, aNobii.it [...]".
L'autore, suo malgrado però, dimentica di porre l'attenzione anche su un altro aspetto che invece io reputo importante. Sui giornali, ormai da qualche tempo, non ci sono più le recensioni dei libri. 
I cosiddetti recensori scrivono quattro righe di riassunto del libro aggiungendo in fondo frasi fatte come: "un esordio mozzafiato", "l'autore si riconferma una personalità importante" (??), "il miglior libro dell'anno". Amici critici-recensori-giornalisti, così so' boni tutti a fà le recensioni eh, pure il mio macellaio. Dov'è finita l'analisi dei personaggi, dell'intreccio narrativo, del linguaggio utilizzato dall'autore?
La parte più divertente, però, è "la critica passerà in parte nei blog". Ma cosa dici Catalù? La critica è già sui blog, solo che molti non lo sanno ancora, bistrattando i suddetti e mandando loro in regalo, ad esempio, il piddieffe di cui sopra. O non rispondendo alle mail, perché "oh che ditone su per il deretano che sono 'sti blogger, che parlano di un mio libro a – mettiamo caso – circa 200 potenziali compratori al giorno tra cui, magari, ci sono pure altri tre o quattro blogger che parleranno, a loro volta, di tale libro ad altri 200 potenziali compratori a testa. Ah, maledetti! Ma come si permettono di fare ciò? E di farlo gratis poi, senza che a loro je ne venga niente?! Nessuno li obbliga!". E avete ragione, case editrici, nessuno mi obbliga. È che ognuno ha i propri hobby e io ho questo.
Ma Francesco M. Cataluccio ha, come me d'altronde, un'idea diversa di ciò che dovrebbe essere il fantastico mondo dei libri. Peccato che, invece, nella realtà non è così. 
Pensate che a un certo punto (a pagina 25), Francesco dice che il compito delle librerie è quello di operare una selezione (sui libri ovviamente) secondo un progetto indirizzato al lettore-cliente. 
Ma se, porca paletta, per lavorare in una libreria di catena, è necessario avere esperienza come commessa, senza che il libro venga quasi mai menzionato durante il colloquio!? Ma uno che nella vita ha letto solo il volantino delle offerte Auchan, ma che razza di selezione può fare, mortacci tua? 
Catalù, non me fa arrabbià eh, ché io m'agggito quando leggo 'ste cose. E se m'agggito va a finì male, perché non sono riconosciuta per essere una persona sana di mente. Te lo dico. 
M'agito per poche cose, ma l'editoria è un argomento che mi fa diventare particolamente sensibile. E incazzosa.
Ora, sia chiaro, io non li voglio i libri cartacei delle case editrici. Non li voglio perché voglio continuare a recensire i libri che mi va di leggere, anche libri pubblicati prima del 2014 se possibile. Perché, leggendo solo ciò che ti propina la casa editrice, rischi di diventare come Blockbuster, dove il film più vecchio che avevano in negozio risaliva a quattro anni prima. E io, mi dispiace, non sono di quel partito lì. Mi piace leggere libri nuovi, li leggo certamente – magari non subitissimo – e sicuramente li compro, ma sono più dell'idea che il blog debba rimanere in un certo senso indipendente dalle case editrici. Trovo che sia più proficuo per entrambi se il blogger potesse scegliere cosa recensire (debbo dire che conosco alcuni blogger che hanno questo tipo di rapporto con le case editrici e lo preferisco all'essere invasi da libri orridi di cui non ci interessa nulla). 
C'è da dire, comunque – e poi giuro che la smetto di cinciallegrare ché ho scritto anche troppo – che alcune case editrici hanno capito l'importanza che il blogger riveste nella scelta di un libro da parte dei lettori anche se, lo ammetto, mi dispiace che si tratti solo di una determinata fascia di mercato. 
Pare – con sommo rammarico – che le case editrici che pubblicano in prevalenza romance, paranormal romance, new adult romance, history romance, aliens romance e poporno romance (alcuni generi letterari sono palesemente inventati) siano più attente alla diffusione dei loro titoli. 
Non c'è da meravigliarsi se sempre più giovanissimi siano attratti da questo tipo di letteratura dato che è quella alla cui pubblicazione viene donata più attenzione (non nel prodotto finito eh, sia chiaro, mi riferisco al marketing che ci sta dietro).
«Ebbene, Catalù, forse c'avevi ragione a dì che i consumatori diverranno parte attiva della produzione, che i blogger acquisteranno importanza, che gli uffici stampa dovranno diffondere il libro elettronico. C'avevi ragione Catalù perché, in fondo, te non hai mai detto di quale tipo di editoria stavi a parlà. E io so' convinta che c'hai ragione, perché per il romance e i paranormal e quello che te pare per adolescenti funziona proprio così come avevi detto te nel 2010. In fondo, Francè, mi sa che devo chiederti scusa. Adesso scrivo subito a un ufficio stampa qualunque, per farmi mandare un romance. Scommetto che loro sì che mi risponderanno e saranno contenti di mandarmi un libro elettronico, di quelli veri però, e non i piddieffe male impaginati. Scusa Francè, non volevo dì un sacco de cazzate, ma m'è partito l'embolo, prima de rendermi conto che, in effetti, funziona già così. Solo non per tutti, solo non per le case editrici che, invece, dovrebbero proprio agire così, piuttosto che rimanere nell'ombra, visto che hanno un catalogo pieno zeppo de belle cose che, magari, in tanti potrebbero apprezzare. Scusa Francè, non lo faccio più».

5 commenti:

  1. Beh, che devo dire? Evviva Bree!!!
    A parte questo devo quotarti bene o male su tutto. Soprattutto sugli uffici stampa. A certo sembra veramente che stai dando fastidio, invece basterebbe girarti un una scheda del libro (file che hanno di norma già pronti eh!) per assicurarsi pubblicità aggratisse!
    Però devo anche dire che alcune realtà più piccole in questo senso sono avanti e hanno un rapporto con alcuni blogger davvero molto bello.

    Non parliamo poi dei pdf. Che è meglio!

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    1. Qui non si parla delle piccoline piccoline (non voglio fare nomi), ma delle "medio-piccole" che, a volte, hanno quell'aria da snob anche alle fiere e che ti trattano come l'ultimo sciocco arrivato, facendo di tutta l'erba un fascio.
      Come se tutti i blogger non ne sapessero niente di editoria, essendo solo "lettori". Quelle grandi, poi, non ne parliamo nemmeno. Quelle stanno ancora dietro all'opinione de Il Corriere della sera piuttosto che a quella di, boh, Andrea Storti (per dirne una). Senza contare che molte delle copie inviate a Il Corriere della sera – per dire un quotidiano a caso – manco vengono sfiorate. Ma, vabbè, io che non ci lavoro nell'editoria, che vuoi che ne sappia?

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    2. Sìsì, capisco benissimo tutto. TUTTO!

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  2. Davvero un post interessante Nereia!!
    Io concordo abbastanza con le tue idee ma in quest'anno di collaborazione con le CE sono arrivata ad odiarle quasi, soprattutto alcuni uffici stampa di grosse case editrici....la maleducazione e l'ignoranza che c'è mi fa venire i brividi!
    A parte lo sfogo (scusa XD), credo che le case editrici, soprattutto le medio-piccole, dovrebbero "sfruttare" di più il lavoro di un blogger...io ho incontrato per ora pochissime ce interessanti (secondo i miei gusti) che collaborano e praticamente nessuno è disposto a mandare libri né cartacei né ebook.
    Solo ce che trattano tutti quei generi che hai nominato spacciano i loro libri a destra e a manca ma...per caso non è che nessuno li compra e per toglierseli li spediscono a chiunque?? ahah XD

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    1. No no, ma devi sfogarti! Se c'è da parlare male degli uffici stampa, sappi che qui puoi farlo in tutta tranquillità. Io non collaboro direttamente con nessuno, quindi non posso offendermi xD
      Toccherà che ci facciamo tentare dai libri brutti del lunedì, per testare almeno quegli uffici stampa e vedere come si comportano con i blogger O.o Pensa tu. Mmm mi venne in mente di farlo davvero e poi fare un reportage. Senza fare nomi ovviamente.

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