giovedì 25 giugno 2015

Recensione Cassandra al matrimonio

È passato un bel po' di tempo da quando ho terminato Cassandra al matrimonio di Dorothy Baker, è passato così tanto che il mio entusiasmo si è un po' ridimensionato. Forse è meglio così – anche se non lo farò mai più di attendere così tanto –, perché a caldo non so se sarei stata in grado di scrivere qualcosa di più profondo di "cioè, amici, troppo bello :lacrime di commozione:, compratelo non e ne pentirete :si soffia il naso:, cioè non potete capire". Ecco no, probabilmente non sarei stata in grado di scrivere qualcosa di meno scemo. Perché Cassandra al matrimonio mi è piaciuto molto, l'ho letto in un più o meno ventiquattro ore.

Titolo: Cassandra al matrimonio
Autore: Dorothy Baker
Editore: Fazi
Traduttore: Stefano Tummolini
Pagine: 274
Prezzo: 16,50 €
Il mio voto: 4 piume

Trama

È un'estate dei primi anni Sessanta e Cassandra Edwards è in viaggio verso il ranch di famiglia. Partita da Berkeley, sta andando al matrimonio della sorella gemella, Judith, ma non sa come comportarsi perché non ha proprio voglia di conoscere il cognato, né di gioire dell'evento. Cosa succede nel cuore di un fratello gemello quando l'altra metà decide di andare via, di iniziare una vita propria da condividere con un estraneo? Accade di arrivare nella casa paterna e di aver voglia di tuffarsi subito in piscina, dove la testa si libera dai pensieri e nell'acqua ci si dimentica quasi di essere mai nati; di stringere tra le braccia la nonna, ancora affilata nei giudizi eppure così spudoratamente di parte nei confronti delle nipoti; accade poi di parlare con il proprio padre, in un'infilata di brandy che aiuterà a sfogare la propria tristezza e le paure. La casa degli Edwards è un piccolo mondo distante, e fiero di esserlo, dalla società americana degli anni Sessanta; è un ambiente colto e progressista dove il capofamiglia è un professore di filosofia in pensione le cui figlie ricordano con grande fierezza l'educazione libera e tesa alla curiosità che gli ha impartito; ed è una casa dove manca una madre da qualche anno. Il weekend che accompagna il racconto di Cassandra al matrimonio è quasi lo scampolo di una storia familiare idilliaca, l'ultimo colpo d'occhio di una giovane donna che sta per volgere lo sguardo altrove.

La recensione

Cassandra al matrimonio è un romanzo pubblicato in America per la prima volta nel 1962, quando la sua autrice, Dorothy Baker, aveva 55 anni. Di lì a poco sarebbe morta – precisamente nel 1968 – a causa di un cancro, a soli 61 anni. Dorothy non ha scritto molto, solo quattro romanzi in tutto, di cui uno solo tradotto e pubblicato in Italia con soli 52 anni di ritardo. Gli altri suoi romanzi chissà se li vedremo mai. Ed è un peccato, questo, perché la Baker aveva sì del talento e mi piacerebbe vedere tradotti anche gli altri suoi lavori, seppur pochi.
Sulla quarta di copertina è possibile leggere le parole entusiaste di Peter Cameron che, difatti, si è occupato anche di scrivere la postfazione:
«Mi ha scioccato nel vero senso della parola: mi ha sbalordito, lasciato interdetto, senza fiato, con la mente sollecitata dalle piccole scosse elettriche che provoca quasi a ogni pagina questo libro appassionante».
Be', trovo che Cameron sia un po' troppo entusiasta di questa lettura perché, sebbene si tratti di un romanzo che ho trovato coinvolgente e ben scritto, certamente non mi ha scioccata.
È vero, io lo leggo con gli occhi di una donna europea nel 2015 e non come un'americana omosessuale degli anni '60 che, certamente, se la passava bene ma non così tanto. 
L'omosessualità, infatti, non era esattamente un tema sul quale ci si potesse incontrare al bar e parlarne apertamente, o intavolare discorsi a casa di amici. Mi viene in mente Milk, il film di Gus Van Sant sulla vita di Harvey Milk, che mostra molto bene come erano considerati gli omosessuali tra gli anni '50 e '60 (se non lo avete visto, recuperatelo, è un film sensazionale).
Immagino che per l'ossessione e l'incesto – anche se per Cassandra si tratta di una questione un po' più complessa della semplice possibilità di un incesto –, proprio come per l'omosessualità, non fosse poi così diverso. Forse, più che sconvolgente, direi disturbante. E vediamo perché.
La storia è semplice, di una semplicità quasi disarmante: protagonista del romanzo è Cassandra che dal suo appartamento a Barkeley parte per raggiungere il ranch di famiglia, in occasione del matrimonio della sorella gemella, Judith. 
Nonostante siano sorelle gemelle e, per un periodo, siano state anche coinquiline, Cassandra non è affatto felice che la sorella stia per sposarsi; non ha alcuna voglia di conoscere il futuro cognato, di cui rifiuta anche di imparare il nome, né ha voglia di accettare l'idea che Judith si sia rifatta una vita senza di lei. Non è possibile perché, agli occhi di Cassandra, solo lei sa cosa sia meglio per la sorella, solo lei capisce davvero Judith, solo lei la ama intensamente e, soprattutto, incodizionatamente. Eppure c'è una domanda alla quale Cassandra non riesce a fornire una risposta e che la rende vulnerabile: perché Judith, a un certo punto della sua vita, dopo tutto quello che avevano vissuto e dopo le promesse che si erano fatte, ha deciso di andarsene da Berkeley e di trasferirsi a New York? 

Un quesito che logora Cassandra dall'interno e che non fa che alimentare la perversa ossessione che nutre nei confronti della sorella. Una domanda che la costringe a vivere un momento di profonda crisi: da un lato il rifiuto per la nuova vita della sorella, la quale si è ricostruita un'esistenza  indipendente dalla quella di Cassandra e, dall'altro, il desiderio ardente di un ricongiungimento. Una crisi che la Baker comunica bene al lettore attraverso un utilizzo della scrittura intelligente e acuto.
La prima e l'ultima parte del romanzo sono raccontate attraverso gli occhi e la personalità, irruenta e graffiante, di Cassandra. Un magnifico alternarsi di lucidità e delirio, pensieri e parole, che non permettono al lettore di staccarsi facilmente dalle pagine.
Perché Cassandra non parla, non racconta, vomita i fatti. E li vomità lì, con un impeto, una sincerità e un'aggressività che non lasciano spazio a riflessioni. Riflessioni che, invece, investono lo spettatore – perché questo si è mentre si legge Cassandra al matrimonio, spettatori inermi e non semplici lettori – con prepotenza una volta terminata la lettura. Già dall'incipit ci è subito chiaro quanto altalenante sia la personalità di Cassandra, grazie alla scrittura della Baker che caratterizza immediatamente il personaggio:
"Ho detto a tutti che potevo liberarmi il ventuno e che sarei arrivata a casa il ventidue. (Giugno). Ma poi è andata meglio di come pensavo – sono riuscita a correggere tutti gli esami e a farmi mettere i voti e a consegnare in segreteria entro le dieci di mattina del ventuno e sono tornata a casa così leggera, e inquieta, che ho iniziato a rivedere i miei piani. Sono solo cinque ore di macchina dall'università al ranch – se mantieni una certa andatura, senza fermarti a bere succo d'arancia ogni cinquanta chilometri come facevamo sempre io e Judith nei primi due anni al college, o nei bar, come abbiamo fatto in seguito, dopo aver imparato a dimostrare ventun anni pur avendone meno di venti".
La poca punteggiatura, i periodi lunghi, i pensieri che si alternano ai ricordi e dialoghi a volte surreali contraddistinguono la narrazione di Cassandra e si contrappongo a quella più fluida e meno confusionaria di Judith, circa a metà romanzo.
Caratteristica del romanzo è la scelta di far parlare entrambe mostrandoci "l'altra campana", che ho molto apprezzato e che non sarebbe stata così azzeccata, credo, se Cassandra e Judith fossero state semplicemente sorelle e non gemelle monozigote.
Il rapporto che lega i gemelli monozigoti mi ha sempre in parte affascinata e incuriosita perché è contemporaneamente vicino a me, che ho una sorella, ma lontano perché la mia è una sorella come tante, non è davvero parte di me. E ciò che l'autrice riporta di questo legame è sì disturbante, ma al contempo interessante.
La Baker ci mostra quanto difficile e traumatico sia cercare di costruire la propria identità quando nel mondo esiste una persona identica a te, sulla quale hai sempre potuto contare e che c'è sempre stata, nel bene e nel male. Una persona, uguale e diversa da te, per la quale nutri un attaccamento più profondo di un qualsiasi legame fraterno. Un rapporto che, a volte, si tramuta in qualcosa di morboso e in un certo senso malato.
"Ho cercato un modo per dirlo, e poi l'ho detto: «Perché un insieme integro non può esistere senta integrità. Ed è questo che siamo noi due – un essere unico, una struttura, un insieme –, che è completo in se stesso. E la nostra integrità... be', ci serve, e ce l'abbiamo. Dobbiamo combattere per mantenerla, ma lo sappiamo bene. Chi può saperlo meglio di noi?»". (pag 141)
E ancora:
"Avremmo dovuto essere un'unica persona, non due, e almeno in questo modo l'altra poteva sopravvivere, magari portando con sé una parte del mio spirito fino alla fine dei suoi giorni, per compensare la parte di lei che forse stavo per portare con me". (pag 162)
Un romanzo che, forse, non è scioccante ma che è comunque riuscito a far muovere qualcosa dentro di me e che sono contenta di aver scoperto. Rimane, al momento, una delle pochissime letture interessanti del 2015.

2 commenti:

  1. Ecco, l'aspettavo da tempo!!!Io, ormai lo sanno pure i muri XD, ho amato questo libro alla follia...e concordo con le tue belle parole su tante cose, in primis perchè anche io sono affascinata dal rapporto tra i gemelli (l'ho letto proprio per questo motivo) ma poi si è rivelato molto di più. Anche per me è stata una delle più belle letture dell'anno passato e spero vivamente che si muovino a pubblicare altro della Baker perchè ne sono rimasta colpita moltissimo.
    Un magnifico alternarsi di lucidità e delirio, pensieri e parole, che non permettono al lettore di staccarsi facilmente dalle pagine. Sono rimasta colpita proprio da questa parte, è stato..non so neanche come definirlo..."affascinante?!" vedere quanto Cassandra nella propria "follia" fosse completamente lucida.

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    1. La cosa che mi è piaciuta molto, infatti, è la perfetta lucidità nella NON lucidità di Cassandra. Incredibile come ragioni sulle sue azioni o riesca comunque a ripararle dopo, una volta commesse con slancio (la scena del bicchiere in piscina, ad esempio).
      Un bel romanzo, non letto ma divorato.

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