martedì 24 aprile 2012

Recensione: Olive Kitteridge


Autore: Elizabeth Strout
Titolo: Olive Kitteridge
Prezzo: 18,50 €
Editore: Fazi
Pagine: 384
Il mio voto: 5 segnalibri

Trama

In un angolo del continente nordamericano c'è Crosby, nel Maine: un luogo senza importanza che tuttavia, grazie alla sottile lama dello sguardo della Strout, diviene lo specchio di un mondo più ampio. Perché in questo piccolo villaggio affacciato sull'Oceano Atlantico c'è una donna che regge i fili delle storie, e delle vite, di tutti i suoi concittadini. È Olive Kitteridge, un'insegnante in pensione che, con implacabile intelligenza critica, osserva i segni del tempo moltipllcarsi intorno a lei, tanto che poco o nulla le sfugge dell'animo di chi le sta accanto: un vecchio studente che ha smarrito il desiderio di vivere; Christopher, il figlio, tirannizzato dalla sua sensibilità spietata; un marito, Henry, che nella sua stessa fedeltà al matrimonio scopre una benedizione, e una croce. E ancora, le due sorelle Julie e Winnie: la prima, abbandonata sull'altare ma non rassegnata a una vita di rinuncia, sul punto di fuggire ricorderà le parole illuminanti della sua ex insegnante: "Non abbiate paura della vostra fame. Se ne avrete paura, sarete soltanto degli sciocchi qualsiasi". Con dolore, e con disarmante onestà, in "Olive Kitteridge" si accampano i vari accenti e declinazioni della condizione umana - e i conflitti necessari per fronteggiarli entrambi. E il fragile, sottile miracolo di un'alta pagina di storia della letteratura, regalataci da una delle protagoniste della narrativa americana contemporanea, vincitrice, grazie a questo "romanzo in racconti", del Premio Pulitzer 2009.

La mia recensione

Tredici facce della stessa medaglia

Non sono un'amante dei racconti, non li ho mai apprezzati e credo che mai ci riuscirò. Perché i racconti non mi danno un senso di continuità, non mi fanno appassionare alla storia, non riescono a farmi innamorare dei protagonisti. La storia narrata in un racconto non fa nemmeno in tempo ad iniziare che è già finita, senza che io sia davvero riuscita ad "ambientarmi". Leggere dei racconti, per me, è fuorviante. È come se mi trovassi a girovagare per le strade deserte senza avere meta.

Ho preso questo libro tra le mani senza conoscerne nulla ad esclusione della notizia che, con questo romanzo, Elizabeth Strout si è aggiudicata il premio Pulitzer nel 2009. Notizia che, di per sé, per me non è indice di buona, o addirittura ottima, qualità di ciò che si ha tra le mani. Fortunatamente non ho approfondito le mie ricerche perché, altrimenti, non lo avrei preso in considerazione per i prossimi cento anni.
Così, ignara di tutto, ne ho iniziato la lettura e, dopo aver letto il primo capitolo, credevo ancora si trattasse di un romanzo normale, come tanti altri. Giunta a metà del secondo ho cominciato a sospettare che non si trattava poi di un romanzo qualunque e che la sua struttura narrativa fosse, per così dire, sui generis.
Ogni capitolo di questo romanzo, infatti, è costituito da un racconto vero e proprio, che ha come protagonisti persone differenti. Continuando con la lettura, che scorre tanto velocemente da farci perdere la cognizione del tempo e dello spazio, ci si accorge che Elizabeth Strout ha fatto davvero un gran bel lavoro. Perché i personaggi sono sì diversi di racconto in racconto ma hanno qualcosa che li accomuna: vivono tutti a Crosby, una cittadina del Maine, e, in una qualche maniera, le loro vite sono legate (delle volte in modo blando, altre volte addirittura aggrovigliate) alla grande e possente figura di Olive.

Nei tredici racconti che formano questo romanzo, l'autrice ci presenta numerose sfumature della stessa donna, come se la si osservasse da angolazioni diverse.
Olive appare come una donna complessa, una moglie e una madre esigente, una "campagnola", come si definisce lei stessa. Sebbene, inizialmente, io abbia pensato a lei come una donna dalle reazioni esagerate, quasi esasperate, nel corso della storia mi è capitato, più di una volta, di riconoscermi in alcuni dei suoi tormenti interiori. Le sensazioni, le emozioni, sono descritte in modo così dettagliato e realistico da sembrare tangibili, nostre. Il profilo psicologico dei personaggi, di tutti i personaggi, è delineato con molta cura e attenzione per i particolari così da toccarci nel profondo, da commuoverci quasi. 
Nonostante la puntigliosità dell'autrice e la precisione nella descrizione delle caratteristiche fisiche, dei sentimenti e delle esperienze vissute dagli abitanti di Crosby, non è chiaro fin da subito in che modo, queste persone, influiscono sulla vita di Olive. La struttura narrativa, punto di forza del romanzo, non permette infatti da subito di farsi un'idea chiara e precisa di Olive e della sua solida ma, allo stesso tempo, fragile personalità; proprio per questo motivo non è raro, né strano, che nel corso della lettura capiti di stupirsi per alcune sue considerazioni, per alcuni suoi gesti o pensieri.
Succede spesso che le risposte da lei riservate a chi le rivolge la parola siano talmente cariche di astio da sembrare taglienti come lame di ghiaccio.
Tutti, ma soprattutto suo marito Henry e il figlio Christopher, sembrano soffrire molto degli alti e bassi che caratterizzano la sua personalità senza però farlo quasi mai presente alla diretta interessata, come se avessero paura di lei, di una sua brutta reazione. Nonostante la sua scontrosità la porti ad essere anche un po' schiva, anche Olive sembra soffrire della sua natura rigida, burbera e severa. E come darle torto? Chi, tra tutti noi, non ha alti e bassi? Chi reputa di essere una persona senza difetti e capace di offrire amore incondizionato verso tutti? Lei, come tutti i protagonisti di ognuna delle storie contenute in questo libro, è una comune mortale ed è questa caratteristica del romanzo che, soprattutto, mi ha colpita.
Non vi sono eroi, non vi sono macchiette, non vi sono personaggi che possiedono solo caratteristiche di personalità belle o comunque attraenti. Nessuno di loro è perfetto, anzi. Tutti gli abitanti di Crosby possiedono una debolezza ed è proprio quella debolezza che li lega ad Olive e che li rende forti, a loro modo. Attraverso gli occhi di ognuna delle loro debolezze scorgiamo, e qualche volta intravediamo soltanto, tredici facce della stessa medaglia.

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