Qualche notte fa, finalmente, ho terminato la lettura di Io prima di te, di Jojo Moyes.
Posto che il tema trattato è, come dire, un tema abbastanza caldo, e posto che non ho nessuna voglia di esprimere alcun parere personale sull'eutanasia perché non mi sembra questa la sede adatta, mi sento comunque in dovere di muovere qualche critica. Si tratta chiaramente del mio pensiero personale e con questo non voglio in alcun modo dare inizio a una polemica o a una discussione infinita su cosa sia giusto o sbagliato, su cosa la società, la religione, la famiglia, l'appartenenza culturale reputino giusto e/o sbagliato, condivisibile o meno. Detto questo eccovi la recensione.
Autore: Jojo Moyes
Titolo: Io prima di teEditore: Mondadori
Traduttore: Maria Carla Dallavalle
Pagine: 391
Il mio voto: 2 piume
Trama
A ventisei anni, Louisa Clark sa tante cose. Sa esattamente quanti passi ci sono tra la fermata dell'autobus e casa sua. Sa che le piace fare la cameriera in un locale senza troppe pretese nella piccola località turistica dove è nata e da cui non si è mai mossa, e probabilmente, nel profondo del suo cuore, sa anche di non essere davvero innamorata di Patrick, il ragazzo con cui è fidanzata da quasi sette anni. Quello che invece ignora è che sta per perdere il lavoro e che, per la prima volta, tutte le sue certezze saranno messe in discussione. A trentacinque anni, Will Traynor sa che il terribile incidente di cui è rimasto vittima gli ha tolto la voglia di vivere. Sa che niente può più essere come prima, e sa esattamente come porre fine a questa sofferenza. Quello che invece ignora è che Lou sta per irrompere prepotentemente nella sua vita portando con sé un'esplosione di giovinezza, stravaganza e abiti variopinti. E nessuno dei due sa che sta per cambiare l'altro per sempre. "Io prima di te" è la storia di un incontro. L'incontro fra una ragazza che ha scelto di vivere in un mondo piccolo, sicuro, senza sorprese e senza rischi, e un uomo che ha conosciuto successo, la ricchezza e la felicità, e all'improvviso li ha visti dissolversi, ritrovandosi inchiodato su una sedia a rotelle. Due persone profondamente diverse, che imparano a conoscersi senza però rinunciare a se stesse, insegnando l'una all'altra a mettersi in gioco.
La recensione
Mi reputo una persona romantica, molto romantica. Così romantica che, delle volte, quasi mi infastidisco da sola per quanto posso essere sdolcinata e smielata, per quanto posso trovare belli gli oggetti pieni di fiorellini, cuoricini, animaletti pucciosi, fiocchetti e altro. Se lo dico solo io, però, c'è il rischio che non sia poi così vero, potrei sopravvalutarmi. Ebbene, me lo dicono anche gli altri che sono romantica quasi da fare schifo: piango ai matrimoni (anche degli estranei), mi emoziono in modo smisurato per i cuccioli di cagnetti spelacchiati, ho ancora un mare di peluche, ho un plaid con un unicorno... E, a volte, leggo libri che narrano di splendide storie d'amore. Storie d'amore che, raramente, si concludono con un happy ending. Storie d'amore alla Un giorno di David Nicholls, o come quella de La schiuma dei giorni di Boris Vian o di Moulin Rouge, per intenderci.
Storie d'amore di quelle che sappiano emozionare davvero, che non siano solo scarni romanzetti rosa stampati per riempire gli scaffali delle edicole.
Ebbene, mi dispiace ammetterlo e spero di non essere condannata alla gogna o di essere additata come essere spregevole senza cuore, ma ho trovato Io prima di te un romanzo completamente privo delle caratteristiche che un buon romanzo, d'amore in questo caso, dovrebbe avere.
Che sia un romanzo d'amore non lo dico io, sta scritto ovunque e lo afferma anche l'autrice.
Peccato che per essere davvero un romanzo d'amore, come chiunque sembra pensare quando si parla di questo libro, non è sufficiente che la storia tra i due protagonisti nasca e si sviluppi in 50 pagine (nemmeno) alla fine del libro. Perlomeno io non sono affatto d'accordo. Una storia d'amore va vista nascere, crescere, svilupparsi, talvolta interrompersi per poi ricominciare dopo mesi, anni. Il sentimento che unisce due persone cambia, diventa più profondo, cresce insieme ai protagonisti. Qui, in questo romanzo, il sentimento non cresce. Prima non c'era e poi, d'un tratto, c'è.
In verità non è solo questo aspetto che non mi ha fatto apprezzare il libro; non si tratta solo del troppo poco romanticismo – colpa anche (temo) dello stile mediocre dell'autrice – o delle poche pagine dedicate alla storia d'amore in sé.
Niente, e ripeto niente, mi ha fatta affezionare a nessuno dei personaggi. Louisa, già a ventisei anni è completamente sprofondata nella routine, Treena, spacciata da tutti – senza apportare prove vere – come una donna dall'intelligenza superiore, Nathan, l'infermiere che rimane sullo sfondo per tutta la durata del romanzo e la cui personalità non viene assolutamente approfondita, Will che si riduce a essere un semplice cliché (all'inizio del romanzo scorbutico con tutti perché arrabbiato con la vita, vuole rimanere solo senza avere Louisa tra i piedi, dopo l'incidente non ha più amici, ovviamente i suoi genitori da quando lui ha avuto l'incidente non sono più una coppia felice ma restano insieme per la stabilità del figlio, ma si scoprirà a metà libro che Will invece è un ragazzone simpatico e intelligente...).
E poi le considerazioni di Louisa, così poco intelligenti da far cadere le braccia al lettore "[...]scoprii che ubriacarsi in carrozzina comportava dei rischi, tra cui combinare disastri con il catetere, cadere dai marciapiedi o essere riaccompagnati alla casa sbagliata da altri ubriachi". Perché, scusate, c'era qualche possibilità che un uomo affetto da tetraplegia potesse darsi alla pazza gioia scolandosi una bottiglia di whiskey invecchiato di 25 anni? Louisa non considera che, purtroppo, chi soffre di handicap così gravi solitamente è costretto ad assumere una grossa quantità di medicine per regolare la pressione sanguigna, per proteggere lo stomaco, per non affaticare i reni. Lo dice lei stessa, non appena viene assunta in casa Traynor, che Will è costretto a prendere diverse medicine la mattina. Però le sfugge che, probabilmente, medicine e alcol non possono assumersi contemporaneamente.
Non mi sento, comunque, di criticare la scontatezza del romanzo come molti altri lettori hanno fatto. È vero, a pagina quaranta si sa già come andrà a finire ma non sempre una storia prevedibile è una storia brutta. È la presenza dei cliché che la rende fastidiosa da leggere. Passi un cliché, forse anche due, possiamo discutere di tre, ma 391 pagine di cliché diventano un po' troppi per passarci sopra.
Ciò che mi ha infastidita più di tutto, a ogni modo, è la presa di posizione di tutti i protagonisti del libro – chi più chi meno, chi direttamente chi indirettamente – sull'eutanasia. Tutti, a parte Will (ovviamente direi anche) sono praticamente contrari. Ma non è l'essere contrario ciò che mi ha disturbata, è la motivazione per cui tutti si dichiarano contrari. Sembra, infatti, che il motivo principale sia l'egoismo di Will perché pensa solo a sé stesso senza considerare i sentimenti della famiglia. Non sono affatto d'accordo considerando che, mi tocca precisare, non è la sua famiglia a essere bloccata su una sedia a rotelle vivendo una vita fatta di privazioni, limiti, malattie. L'egoismo, forse, è più di coloro che non accettano che qualcuno abbia disperatamente bisogno, ad un certo punto, di smettere di soffrire sia fisicamente che psicologicamente e che vivere una vita dopo essere stati privati della propria dignità non è vivere.
Comunque, tranquilli, non ve lo dico come finisce :)
Niente, e ripeto niente, mi ha fatta affezionare a nessuno dei personaggi. Louisa, già a ventisei anni è completamente sprofondata nella routine, Treena, spacciata da tutti – senza apportare prove vere – come una donna dall'intelligenza superiore, Nathan, l'infermiere che rimane sullo sfondo per tutta la durata del romanzo e la cui personalità non viene assolutamente approfondita, Will che si riduce a essere un semplice cliché (all'inizio del romanzo scorbutico con tutti perché arrabbiato con la vita, vuole rimanere solo senza avere Louisa tra i piedi, dopo l'incidente non ha più amici, ovviamente i suoi genitori da quando lui ha avuto l'incidente non sono più una coppia felice ma restano insieme per la stabilità del figlio, ma si scoprirà a metà libro che Will invece è un ragazzone simpatico e intelligente...).
E poi le considerazioni di Louisa, così poco intelligenti da far cadere le braccia al lettore "[...]scoprii che ubriacarsi in carrozzina comportava dei rischi, tra cui combinare disastri con il catetere, cadere dai marciapiedi o essere riaccompagnati alla casa sbagliata da altri ubriachi". Perché, scusate, c'era qualche possibilità che un uomo affetto da tetraplegia potesse darsi alla pazza gioia scolandosi una bottiglia di whiskey invecchiato di 25 anni? Louisa non considera che, purtroppo, chi soffre di handicap così gravi solitamente è costretto ad assumere una grossa quantità di medicine per regolare la pressione sanguigna, per proteggere lo stomaco, per non affaticare i reni. Lo dice lei stessa, non appena viene assunta in casa Traynor, che Will è costretto a prendere diverse medicine la mattina. Però le sfugge che, probabilmente, medicine e alcol non possono assumersi contemporaneamente.
Non mi sento, comunque, di criticare la scontatezza del romanzo come molti altri lettori hanno fatto. È vero, a pagina quaranta si sa già come andrà a finire ma non sempre una storia prevedibile è una storia brutta. È la presenza dei cliché che la rende fastidiosa da leggere. Passi un cliché, forse anche due, possiamo discutere di tre, ma 391 pagine di cliché diventano un po' troppi per passarci sopra.
Ciò che mi ha infastidita più di tutto, a ogni modo, è la presa di posizione di tutti i protagonisti del libro – chi più chi meno, chi direttamente chi indirettamente – sull'eutanasia. Tutti, a parte Will (ovviamente direi anche) sono praticamente contrari. Ma non è l'essere contrario ciò che mi ha disturbata, è la motivazione per cui tutti si dichiarano contrari. Sembra, infatti, che il motivo principale sia l'egoismo di Will perché pensa solo a sé stesso senza considerare i sentimenti della famiglia. Non sono affatto d'accordo considerando che, mi tocca precisare, non è la sua famiglia a essere bloccata su una sedia a rotelle vivendo una vita fatta di privazioni, limiti, malattie. L'egoismo, forse, è più di coloro che non accettano che qualcuno abbia disperatamente bisogno, ad un certo punto, di smettere di soffrire sia fisicamente che psicologicamente e che vivere una vita dopo essere stati privati della propria dignità non è vivere.
Comunque, tranquilli, non ve lo dico come finisce :)
Assolutamente d'accordo con te (sia sul libro in sé che sull'eutanasia)! È stata una lettura veloce, che non mi ha lasciato niente.. peccato.
RispondiEliminaGià... Non capisco il perché di tutto questo successo tra l'altro. Mah, ci sono libri migliori.
EliminaSai già come la penso e mi fa piacere leggere la tua opinione ;)
RispondiEliminaHo cercato di non essere troppo acida ma guarda che davvero mi ha fatta arrabbiare questo libro -.-' Vabbè lasciamo stare altrimenti va a finire che lo odierò a morte xD
Eliminae a me faceva arrabbiare che chiunque lo leggesse lo esaltasse come romanzo d'amore travolgente e, soprattutto, profondo perché, cavolo, si parla di eutanasia!
Eliminabah, etichettatelo come harmony e basta. E anche come fiera del cliché
Profondissimo. Come un pozzo senza fondo, di noia però :D
Eliminaok...a questo punto non credo lo leggerò, già non è periodo adatto per letture a tema triste, e poi mi ritrovo completamente d'accordo con te sull'argomento eutanasia. Perdonami se sbaglio ma dal quadretto ne esce come un libro che affronta un tema del genere, misto a leggerezze da romanzo harmony, ora la cosa è veramente ridicola, e si, credimi, fa venire davvero il nervoso, soprattutto se lo leggono persone che magari hanno vissuto cose simili nella loro cerchia affettiva, perché non si può ridurre tutto a dei semplici cliché quando ci sei dentro... Ah, consolati, anche io ho sempre avuto un certo masochismo per le storie d'amore che magari finiscono pure male, però d'ogni tanto anche qualcuna che va per il verso giusto, magari attraversando la giusta trafila di tormenti eh ... Ciao!!!
RispondiEliminaAllora, posto che non tutti debbano avere la stessa opinione sull'eutanasia, sono le motivazioni riportare che fanno arrabbiare! Penso mi sarei arrabbiata anche se fossi stata contraria. Non leggerlo se non vuoi arrabbiarti e se non vuoi partecipare alla fiera del cliché, non tanto per l'argomento triste. Perché a me non ha fatto emozionare proprio per niente... E io che non verso una lacrima (nemmeno una) è davvero un evento raro xD
EliminaTorna presto a trovarmi e buone letture :*
Quando hai parlato di te è stato divertentissimo immaginarti circondata da peluche con il plaid con l'unicorno *.*
RispondiEliminaTi aggiungo nel blogroll del mio blog cosi ti seguo!! :D
Ahahaha eh sì, lo ammetto, scrivo le recensioni avvolta nel plaid con l'unicorno che trovo veramente bellliffimo. Soprattutto perché ha i motivi floreali rosa *___*
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