martedì 4 novembre 2014

Gruppo di lettura #4 La briscola in cinque

Buongiorno!
Avrei dovuto scrivere questo post almeno una settimana fa, ma non ne ho trovato il coraggio (e la voglia, confesso). Il motivo è semplice, ma andiamo con ordine.
Per chi fosse approdato adesso e non sapesse dell'esistenza di questa cosa meravigliosa che è il gruppo di lettura di Scratchbook adesso ne è informato. Dunque, a cadenza completamente casuale e con regole mai fisse, su questo gruppo Facebook si organizzano dei Gruppi di lettura ai quali prendo più o meno sempre parte. È bello, fidatevi, lanciatevi, iscrivetevi, leggeteci, patecipateci e tutti gli evi e gli eci che volete.
L'ultimo gruppo di lettura al quale ho preso parte non richiedeva di leggere un libro specifico di un autore specifico, bensì si basava su delle caratteristiche. Mi spiego meglio. Il libro che avremmo dovuto leggere doveva essere scritto da un autore (o autrice) italiano, contemporaneo, vivente e sotto i cinquant'anni. Semplice, no? No, per me no. Per niente.
Quest'anno, come ho già detto praticamente ovunque, mi sono aperta agli scrittori italiani e, sebbene non mi siano capitati per le mani testi brutti (anzi!), sento comunque di non appartenere a questo genere di scrittori. Non so spiegarvi meglio, è a pelle: mi sento più affine a testi scritti da anglosassoni o, pradossalmente, da giapponesi. 
Ho comunque deciso di accogliere la sfida perché sono una lettrice "onnivora", mettiamola così. Trovo che lo snobismo di alcuni, blogger e non, verso cose che non conoscono e non hanno letto (a prescindere) sia sintomo di pochezza intellettuale. Sì, anche io sono sostenitrice del non l'ho letto e non mi piace (come dico sempre nel caso di Paolo Giordano e altri autori), ma con criterio. Nel senso che ho letto altri italiani prima di dire che non è una fetta di "letteratura" (passatemi il termine) che non mi piace. Quindi, senza nemmeno aver dato una possibilità a un libro, un autore, un genere, una nazionalità evito di giudicare, ergermi a mostro di intelligenza e sputare sentenze.
Ma non divaghiamo. Quindi, dicevo, visto che sono onnivora e prima di giudicare preferisco vedere, leggere o assaggiare, mi sono lanciata in questa sfida – e lo è davvero stata – e ho scelto Marco Malvaldi.
Malvaldi era perfetto, perché potevo piazzarlo anche nella Reading Bingo Challenge alla quale partecipo sul forum dei bookcrosser italiani. Dato il fioretto di non acquistare libri fino alla fine dei tempi, ho controllato nel catalogo della biblioteca vicino casa e si è aggiudicato il posto da vincitore La briscola in cinque. Ed è stato meglio averlo preso in prestito dalla biblioteca senza acquistarlo.

Titolo: La briscola in cinque
Autore: Marco Malvaldi
Editore: Sellerio editore Palermo
Pagine: 163
Il mio voto: 3 piume scarse

Ho sempre sentito parlare bene di Malvaldi, più o meno da chiunque conosca: lettori forti, lettori occasionali, blogger, persino non lettori (ossia gente da un libro l'anno). 
Uno scrittore apprezzato da una così ampia gamma di lettori credevo mi avrebbe lasciato qualcosa in più. Non è accaduto.
Non sto dicendo che La briscola in cinque sia un brutto libro, assolutamente. Anzi, trovo che sia molto scorrevole e che si legga con estrema facilità. La storia è carina e semplice da seguire, lo stile di Malvaldi divertente e leggero.
Ecco, è questo il punto. Questo libro ha un unico, grandissimo difetto: è arioso, inconsistente. Forse, paradossalmente, è più adatto a un pubblico di non lettori o di lettori occasionali. 
Non fraintendetemi, non sono tipa da facili snobismi – chi mi legge spesso lo sa – e non sono nemmeno quel tipo di persona che associa la lettura necessariamente a qualcosa di "culturale", per cui si fa del male leggendo solo Moravia, Pasolini, Joyce e se sei uno scrittore con meno pesantezza (passatemi il termine) di Tolstoj non meriti nemmeno di varcare la soglia di casa mia. 

No, leggo sì per cultura ma anche e soprattutto per svago. Però, e questo potrebbe essere un mio limite, un romanzo che non mi lascia nulla e che mi fa passare solo un paio d'ore di relax, senza attivare minimamente i miei neuroni, non è il romanzo che fa per me. Ed è il caso de La briscola in cinque.
La trama è molto semplice: Massimo, barista e proprietario di un piccolo baretto sulla spiaggia di Pineta, località vicino Livorno, trova il cadavere di una ragazza in un cassonetto poco distante dal suo bar. Da quel momento, insieme ai vecchietti (tra cui suo nonno) che stazionano al bar per gran parte della giornata, discuterà dell'omicidio fino a quando non arriverà alla soluzione del caso.
Tra tutti i protagonisti del libro, quello un po' meglio caratterizzato è Massimo, mentre gli altri sono solo abbozzati, sembrano – e probabilmente lo sono – delle figure di cui Malvaldi si serve per arrivare a uno scopo che, però, mi sfugge. Se lo scopo consiste nel risolvere il caso... Ahimè, stiamo messi male perché, sebbene io non legga gialli, posso dire che questo, come giallo, varrebbe di più se lo avesse scritto Rosino, il fruttivendolo del mercato rionale sotto casa mia. 
Se lo scopo è, invece, quello di introdurre i personaggi... Ce l'abbiamo fatta solo con Massimo, il barista, e manco troppo bene. Insomma, la faccio breve senza dilungarmi in inutili polemiche: questo è un libro da ombrellone. E io odio i libri da ombrellone perché, tanto, al mare non ci vado. E se ci vado, ci vado alle cinque, quando dell'ombrellone non ho più bisogno.


7 commenti:

  1. Nonostante il suo successo, Malvaldi non credo faccia per me (magari prima o poi lo leggerò, per esserne certa).
    Per questo gruppo di lettura invece ho letto Giorgio Fontana, che mi è piaciuto con qualche riserva sul finale. Però concordo sulla tua premessa iniziale, quella della letteratura che piace a pelle. Per esempio io non ho fatto fatica a trovare un giovane autore italiano e ne avrei trovati anche diversi, ma la mia cultura è piuttosto europea, mentre non mi riconosco molto negli eccessi americani (con le dovute eccezioni) o giapponesi (sto leggendo Murakami e... sob).
    Penso che molto dipenda anche da ciò che siamo abituati a leggere, dal percorso di lettura fatto.

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    1. Vero, verissimo. Sarà che in 29 anni da lettrice in tutto avrò letto sì e no una dozzina di italiani, che spesso non mi sono piaciuti. Per cui, per tantissimi anni, li ho evitati come la peste bubbonica. Ormai è come se non fossi più abituata. Ho letto autori italiani con piacere, come è stato con Sgambati o la Diotallevi, però hanno un ritmo diverso da quello al quale sono abituata. Li leggo, ma con enorme fatica. Impiego il triplo del tempo che invece impiego con un giapponese o un anglosassone. Una cosa inspiegabile.
      Per quanto riguarda Malvaldi... Dai un'occhiata, magari in biblioteca. Insomma, magari non ho cominciato dal libro giusto, però non è uno di quegli autori che penso mai acquisterò. Gli darò una seconda opportunità comunque, magari più in là.
      Di Giorgio Fontana, invece, ne ho sentito parlare bene. Però mi ci avvicinerò l'anno prossimo credo, con molta cautela xD

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  2. Io di Mavaldi ho letto quasi fino alla metà di Argento vivo, poi l'ho mollato perché ero stanca, distrutta. Una fatica immane. Ha un'ironia (?) che proprio non capisco. Detto ciò, post arrivato in ritardo ma ne è valsa la pena.
    Un abbraccio!

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    1. Nel mio Malvaldi manca una L. Chiedo venia.

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    2. Dunque, forse non è il Malvaldi migliore ecco... Che poi è strano, non mi dà nemmeno fastidio l'ironia. È che è troppo inconsistente... Le letture leggere, così leggere, non mi dicono proprio niente. Insomma, guardo una serie tv se non voglio impegnarmi molto, non mi leggo un libro da ombrellone. Che manco posso trattare male poi come i libri demmerda di Francamente me ne infischio. Niente, insomma, sto libro non m'ha detto niente. Però con Argento vivo magari ci provo. Tra un bel po' però eh...

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  3. Stesso mio pensiero. Identico. Ho letto "La briscola in cinque" proprio per via delle stupende critiche ricevute, e invece... niente. Non mi ha lasciato niente. Come dici tu è scritto bene ed è scorrevole. A tratti semi-simpatico. Ma non m'ha lasciato niente. Non è un vero giallo, non fa davvero ridere, non fa niente... per me è un libro piuttosto inutile. Nel senso che io mi leggo pure Wilbur Smith che è molto da spiaggia, ma l'ha c'ho la parte telenovela, l'avventura, cose che riescono a prendermi. Qui non mi prendeva nulla. E me ne dispiace.

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    1. Non so, magari leggo il secondo anche (più in là però) e mi sconvolgerà la vita (chissà...). Ma questo sì, esatto, non ha lasciato nulla. Niente proprio. Balle di fieno -.-'

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