mercoledì 18 maggio 2016

Questione di incipit #7


Ok gente, ok. Avrei tipo il resoconto del Salone da scrivere e anche la puntata di So classy! e ho miseramente saltato In my bookshelf di questo mese (la prossima puntata vorrà dire che sarà doppia), ma non posso anche saltare Questione di incipit.
In realtà il rischio che non scrivessi questo post c'era ed era anche molto concreto, considerando il fatto che dopo decenni mi sono ritrovata a dormire più delle consuete 7 ore a notte e mi sono svegliata come se un transatlantico mi fosse passato sulla faccia.
Inoltre al momento sto leggendo davvero un milione e mezzo di cose contemporaneamente, tra cui un libro in inglese iniziato a Dublino e non ancora terminato, per cui non so proprio davvero cosa farvi sbirciare. Il fatto è che questo atto di bulimia è dovuto a un momento di indecisione e di estrema ricerca per tutto quello che di bello c'è in giro, perché dopo circa un anno e mezzo di libri in maggioranza brutti, si sviluppa una sorta di paura di rimanere a corto di libri belli.
C'è da dire che nessuno dei libri che sto leggendo è brutto, quindi sono circondata da libri belli (belli per me, ovviamente) e questa cosa mi rallegra non poco.
E niente, sono anche emozionata perché non appena terminerò uno dei centordici libri in lettura ne aggiungerò altri centordici e mi auguro anche che il momento bulimico passi sennò c'abbiamo un problema. Volevo, tipo, recuperare il buon vecchio Geroge R.R. Martin, quindi devo eliminarne davvero qualcuno tra i 6 in lettura. Ma ecco, via, andiamo a vedere che cosa sto leggendo!

Confesso: conoscevo già Anime baltiche prima ancora che venisse proposto da babalatalpa di Librinvaligia al Bookclub del Klamm (che cambia sede e giorno della settimana, ma non è questa la sede per parlarne). Ma la confessione non riguarda il fatto che lo conoscessi, riguarda piuttosto il fatto che lo conoscevo per la meravigliosa copertina – come 3/4 delle copertine di Iperborea, ammettiamolo.
Non sapevo, però, che non si trattasse di un romanzo e questo, ammetto, mi ha fatto rimanere un po' male perché io, è innegabile, preferisco la narrativa a tutto.
Si tratta comunque di un libro strutturato molto bene e decisamente interessante, che riporta le testimonianze e le vicende di quella parte del nord Europa che non viene praticamente mai considerata (Lettonia, Estonia, Lituania) e che i più appioppano alla Russia. Jan Brokken decide di scrivere un reportage, che non è solo un banale reportage, riportando le vite di persone celebri e persone comuni che hanno vissuto una vita straordinaria e lo hanno fatto donando vitalità a una terra contesa storicamente e poi dimenticata. Traduzione di C. Cozzi e Claudia Di Palermo.


1. 
ORGOGLIO 

La figlia di Jakobson Estonia, settembre 1999 Al largo i marinai erano un’ottima compagnia. Dal Dollart al Sund mi ero goduto i racconti di tempeste e naufragi con cui Huig, Melle e Aristides condivano i pasti, ma sulla terraferma mi sembrarono tipi un po’ rozzi.
Avremmo dovuto raggiungere Oulu, il porto più a nord della Finlandia, per portare sale e caricare pasta di legno. Ma vedendo la stiva, il noleggiatore cambiò idea: era troppo sporca per trasportare sale da cucina. 
Dopo ventiquattr’ore di attesa al porto di Emden, il cabotiero si vide assegnare un’altra destinazione: Pärnu, in Estonia. Conoscevo il paese solo di nome, per via di quell’elenco imparato a scuola: Estonia, Lettonia e Lituania. Una filastrocca impossibile da dimenticare. 
Aristides, il cuoco di Capoverde che da una vita navigava al Nord per conto di armatori olandesi, era già stato una volta in Estonia, quando il paese faceva ancora parte dell’impero sovietico. All’ultimo momento tre poliziotte erano venute a piantonare la nave, una alla passerella e le altre due vicino alle cime d’ormeggio. Le tre virago russe si erano fatte portare una seggiola e avevano gridato in olandese: “Cuciniere, mangiare!” Ricevettero di che sfamarsi. Dopodiché gridarono: “Cuciniere, scopare!” Sapevano queste frasi in tutte le lingue. 
Quattro giorni dopo avvistammo le coste della Curlandia. Le dune erano talmente bianche che le scambiai per scogli di gesso. Più a est la spiaggia si allungava come una larga striscia di luce accecante. 
Sotto la punta dell’isola di Saaremaa la nave imboccò lo stretto che dà accesso al golfo di Riga. Boschi di conifere si profilarono all’orizzonte, infiammati dagli ultimi raggi del sole. 
Il capitano, vecchio e prudente, mise Huig, Melle e me di vedetta. Secondo Huig era arteriosclerotico:arteriosclerotico: erano secoli che nessun capitano gli ordinava più di scrutare il mare a occhio nudo. Dalla scoperta delle onde radio, ci si affidava al radar. Ma il capitano aveva visto sulla carta nautica così tanti punti esclamativi che non si sentiva affatto a suo agio. Il golfo di Riga era un campo minato. I sovietici avevano piazzato le mine quando le acque del golfo erano ancora vietate alle navi straniere, e lì erano rimaste. 

***

E niente, questo libro me lo ricordavo – come si ricordano gli incubi – perché ne avevo parlato in questa puntata di Photoshop non ti conosco, obbrobrio non ti temo, Paint ti amo.
Questa giovin pulzella dall'occhio emicranico è Sophie Dalton che, mentre partecipa a un addio al nubilato a  Las Vegas, viene scambiata per una prostituta. Ora, Sophie, ma come cactus vai (non) vestita se ti scambiano per una intrattenitrice? Vabbè, ma chi so' io pe' giudicà? Io la maggior parte delle volte me vesto come Amélie Poulain, non faccio testo.
Comunque, dicevamo, questo libro mi attira e manco poco perché Sophie non solo viene scambiata per una battona e non s'offende, ma trova attraente quello che oltre che essere il fidanzato della sorella va anche a prostitute. E lei, non è che mena lui e poi intima alla sorella di diventare lesbica ché forse è meglio, no! Lei accetta l'offerta di lavoro che il tale le fa (??) e vuole pure portarselo a letto. Insomma, non è un libro meraviglioso, con protagonisti degli squilibrati senza eguali? Dico, come si fa a non procurarselo? E infatti, come si fa? Perché io ce l'ho, mo' tocca a voi.

Capitolo 1

Se solo avessero messo un foglietto di avvertenze su quegli stivali. 
Anche solo una minuscola etichetta con su scritto PROSTITUTA. 
O magari un elegante bigliettino che spiegasse: QUESTE SCARPE TI CAMBIERANNO LA VITA. 
Invece sugli stivali ricoperti di strass e alti fino al ginocchio non c’era scritto nulla di tutto questo. Così Sophie Claire Dalton prese la decisione più importante della sua vita senza essere adeguatamente informata. 
Non che Sophie si rendesse conto dell’importanza di quella scelta. Se qualcuno le avesse chiesto qual era la decisione più importante che avesse mai preso, probabilmente il dilemma femminile della scelta delle scarpe non le sarebbe neanche passato per la mente. 
Forse avrebbe detto il ballo del terzo anno, quando era indecisa se farsi accompagnare da Adam o Gray. 
(Alla fine aveva scelto Adam. Molto più carino, e molto meno brufoloso). 
O forse avrebbe ripensato a tutte le paturnie per decidere se entrare nella squadra di calcio o in quella delle cheerleader. 
(Cheerleader. In piena pubertà non c’era gara tra un paio di pantaloncini larghi e cascanti e una gonnellina fru fru). 
O forse avrebbe pensato alla fatidica scelta del college. 
(Alla fine, udite udite, aveva scelto Stanford. Eh già, Sophie era stata ammessa addirittura a Stanford!). 
Poi c’era stata la decisione straziante che le aveva quasi dilaniato il cuore. All’ultimo anno del college Jon McHale si era inginocchiato e le aveva offerto un anello con un diamante grande quanto la sua faccia, insieme alla promessa di una vita confortevole da casalinga agiata. 
(Risposta: NO. Anche se in effetti quella decisione era stata particolarmente sofferta: si trattava pur sempre di un anello di Tiffany, e in fin dei conti quel ragazzo era così dolce!). 
O forse, più probabilmente, Sophie avrebbe risposto che la vera svolta della sua vita era stata il momento in cui aveva dovuto scegliere se finire i suoi studi di legge a Harvard o abbandonare tutto per… be’, per vivere completamente allo sbando. 
(Occupazione attuale: cameriera in un bar). 
Eppure, nessuna di queste decisioni era stata così cruciale e densa di conseguenze come la scelta che stava per fare adesso. 
Classici sandali neri con il cinturino? Oppure… Gli Stivali. 

*** 

Ma non andava a Standford? E perché subito dopo va ad Harvard? E soprattutto, amica, ma te davvero le decisioni più importanti della vita che hai preso sono state se dedicarti al calcio o diventare cheerleader?! Ma beata te che non hai mai dovuto ragionare se era il caso, o meno, di continuare l'università con un dottorato e assicurarti la disoccupazione o gettarti nel mondo del lavoro facendo una cosa che non ti piaceva e che, ahimè, t'ha segnato la vita lavorativa tant'è che continui a fare colloqui per un lavoro che te fa schifo, pagata poco, e senza possibilità di cambiare mansione perché ormai sei vecchia. 
Ma beata te che hai trovato un cieco che t'ha offerto a 19 anni un anello di Tiffany e non si trattava di un tale che, a 40 anni, fa il mago per vivere e ti chiama Angela in un baretto sulla Tuscolana (true story) e che l'unica cosa che ti offre è un bigliettino grande quanto un'unghia dove ci sta scritto il suo numero di telefono.
E soprattutto beata te che sei cieca, pure, ché io un paio di stivali stracolmi di strass e che sembrano usciti dall'armadio di Platinette non ce li vorrei neanche piazzati sullo zerbino de casa mia, figurati se c'ho il coraggio di indossarli.
Ma beata te, seriamente, che c'hai un problema incredibile che è "mettere i sandali neri con il cinturino o gli stivali" e non ti domandi manco che stagione è la fòri ché, cocca, i sandali so' estivi e con gli stivali invece fai la ricottina se te li metti ad agosto. Di contro, se è inverno con i sandali ce perdi l'uso delle dita ma, in fondo, le dita dei piedi so' sopravvalutate. 


'Sto romanzo promette già molto bene nell'incipit, spero di leggerlo il prima possibile. Qualcuno di voi l'ha letto? Vuole leggerlo? Pensa di comprare gli stivali da battona? Fatemi sapere e buone letture di libri brutti!

2 commenti:

  1. Stivali al ginocchio ricoperti di strass. Uhm... la mia risposta è no.

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    1. Sicura? Sicura sicura? Guarda che c'hanno il loro fascino eh.

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