martedì 31 luglio 2012

Confessioni di una coprecarywriter #4

Sono successe diverse cose questo mese, come ho già scritto in un altro post. Alcune spiacevoli, altre, invece, molto piacevoli. Ormai lo stage ha preso piede e anche io mi sono ambientata nel mondo de Gli Altri. Mi sento più rilassata, meno ansiosa di piacere. In realtà è difficile da spiegare. Non che sia maturata o sia diventata più brava, assolutamente. Non ho la presunzione di pensare di essere un mito nel mondo della pubblicità, semplicemente ci sono più dentro. Tra diversi malumori legati al mio modo di essere che, più tempo passa, più odio e di cui non parlerò qui perché non voglio tediare nessuno, oggi è successo qualcosa che mi ha un po' "rincuorata", passatemi il termine.
Certamente non consiste in un'enorme soddisfazione ma, anche se si tratta di un piccolo gesto, mi infonde speranza. Il mio supervisore è andato in ferie e tornerà, forse, verso la metà di settembre. Questo vuol dire, sostanzialmente, che fino ad allora non avrò una figura di riferimento. D'accordo, sono qui da poco e d'accordo, lui è un personaggio sui generis... Però mi mancherà. Mi mancherà perché, alla fine, qualcosa dentro me l'ha lasciata. Perché Claudio, si chiama così, è un po' come me. È un sognatore, è uno che sta in compagnia ma che ama stare solo, ha un guscio protettivo costituito dal sorriso, ha lo sguardo fiero di chi la sa più lunga di te, anche se non è vero. Mi piace, però, pensarlo in vacanza. Con lo zaino in spalla in giro per le città più assurde. Sdraiato sul letto di un ostello trovato per caso a leggere uno dei mille libri che ha acquistato nelle bancarelle dell'usato. Seduto sul pavimento di un balcone mentre pensa, matita in bocca, sguardo perso verso il cielo. Claudio è così, è quasi "poetico". 

domenica 29 luglio 2012

In my bookshelf #13

Senza che me ne sia resa conto Luglio volge già alla fine. Sono successe diverse cose durante l'arco di questo mese, molte delle quali non sono apparse in nessuna puntata di Confessioni di una coprecarywriter. Un po' per mancanza di tempo, un po' perché non so se sia il caso di parlarne pubblicamente perché, insomma, d'accordo che la mia identità è anonima, ma forse non troppo.
Bando alle ciance, questa è la rubrica dedicata ai miei acquisti e non alle mie paturnie. Quindi, ecco tutto quello che ho comprato durante il mese di Luglio (ovviamente si tratta di libri usati, inutile ormai specificarlo ogni volta).

Titolo: Le creature selvagge
Autore: Dave Eggers
Prezzo: 9,50 €
Editore: Mondadori
Pagine:  240
Trama
Una sera, mentre gioca in casa, Max combina un guaio. Per punirlo, la mamma lo manda a letto senza cena. Nella cameretta, con l’aiuto della sua immaginazione, il bambino fa sorgere una specie di giungla e intraprende un viaggio alla volta del Paese delle creature selvagge... Una favola per lettori di tutte le età piena di magia e di avventura, che ci condurrà in un viaggio mozzafiato in cui tutte le paure e le angosce dell’infanzia diventano le creature selvagge con le quali deve misurarsi Max. E con le quali si misura ognuno di noi. Ogni giorno. 

Titolo: Persi in un buon libro
Autore: Jasper Fforde
Prezzo: 17 €
Editore: Marcos y Marcos
Pagine: 412
Trama
Thursday Next, coraggiosa detective letteraria, è diventata famosa: ha sconfitto Acheron Hades, il terzo uomo più ricercato del pianeta; ha salvato Jane Eyre dalla distruzione, migliorandone persino il finale. Anche nella vita privata attraversa un momento di grande felicità. È appena andata a vivere con Landen, aspettano un bambino… Ma l’orizzonte è carico di guai. La sorella di Acheron Hades reclama vendetta, la potente e malefica Goliath Corporation pretende a tutti i costi la liberazione del proprio scagnozzo, Jack Shitt, che Thursday ha imprigionato nella poesia Il corvo, di Edgar Allan Poe. JurisFiction, la grande macchina della giustizia letteraria, l’accusa di “infrazione della finzione narrativa”. La pressione sulla povera Thursday raggiunge il culmine quando la Goliath, con la complicità di una CronoGuardia corrotta, riesce a “sradicare” dalla realtà suo marito, Landen Parke-Laine, ricostruendo il mondo come se Landen non fosse mai esistito. Le resta una sola via di fuga: rifugiarsi nel magico universo della parola scritta, un universo parallelo con proprie leggi e propri abitanti.

Titolo: La sfida di Kazam
Autore: Jasper Fforde
Prezzo: 17 €
Editore: Mondadori
Pagine: 200
Trama

Jennifer, ormai famosa in tutte le Terre di Drago per essere l'ultima ammazzadraghi, gestisce l'agenzia di maghi Kazam in assenza del suo fondatore, il grande Zambini, condannato da un incantesimo a comparire solo per pochi istanti e in luoghi sempre diversi. Tra le bizze di stregoni egocentrici e le scocciature burocratiche, la vita scorre paradossalmente tranquilla, finché una donna non si presenta con un'insolita richiesta: ritrovare un anello perduto, pervaso di una devastante energia negativa. E proprio mentre Jennifer e il suo sgangherato seguito riescono nell'impresa, il Re in persona dà un solenne annuncio: verrà operata una fusione tra le agenzie iMagic e Kazam, per creare un'unica proprietà alle sue dipendenze. Per impedire l'indesiderata fusione le due agenzie dovranno sfidarsi in una gara di magia! Ma mentre la Kazam già pregusta la vittoria grazie ai poteri dell'anello, il perfido avversarlo dell'iMagic medita di uccidere la famiglia reale e cattura una Quarkbestia, creatura nota per una singolare proprietà: riprodursi da sola, generando un'esplosione di energia annientatrice. Riuscirà Jennifer a fermarla?

venerdì 20 luglio 2012

Recensione: Echo

Francesca Lia Block è un'autrice che ho scoperto grazie alla grafica della copertina di questo libro. La Elliot è una casa editrice piccola, relativamente nuova, che pubblica titoli che reputo molto interessanti. Echo rientra, perfettamente, nei libri Perduti & Ritrovati: pubblicato qualche tempo fa è passato quasi inosservato in libreria. 

Autore: Francesca Lia Block
Titolo: Echo
Prezzo: 14 €
Editore: Elliot
Pagine: 144
Il mio voto: 3 piume

Trama

Echo è giovane. Ha un nome da ninfa eppure non si sente a suo agio: un brutto anatroccolo. Ha una madre troppo bella, un angelo o una dea, e un padre troppo intelligente, un artista maledetto. Quando il padre si ammala gravemente e la madre si dedica soltanto a lui, troncando qualsiasi legame con il mondo esterno, Echo esplode. Va in pezzi. Si tinge i capelli di verde, dimagrisce, si fascia in abiti punitivi. Inizia a vagabondare pericolosa e pericolante tra i rischi e le facili attrattive di una città che sembra uscita dal mito ed è invece fin troppo reale, "una città di maghi, stelle del cinema e pagliacci innamorati". Fantasmi e vampiri e fate e sirene e scheletri, ma anche ragazzi e ragazze alla disperata ricerca di dolcezza e verità, la accompagnano o le sbarrano il cammino. Echo vuole essere vista, considerata. Vuole essere amata, e per questo è disposta a rinunciare a tutto. Anche a se stessa, con il rischio di non rimettere a posto i tanti pezzi in cui si è rotta, con il rischio di rimandare un lieto fine nel quale inconsapevolmente spera. 

La mia recensione

Il viaggio di Echo

Echo non è un romanzo, è un viaggio introspettivo verso la maturità interiore. Non è un fantasy, non è un urban fantasy e non è un romanzo. Francesca Lia Block sconfina da ogni genere narrativo e, attraverso un linguaggio molto dolce e delicato, invita il lettore a fare lo stesso. Se, per il tempo necessario a leggere 144 pagine, riusciamo a mettere da parte, sul lato opposto del nostro letto, i nostri schemi mentali la lettura di questo piccolo libriccino scivolerà via in un soffio. Questo è forse il difetto più grande: è corto. Il viaggio attraverso il mondo di Echo è troppo breve. Non facciamo neanche in tempo a rilassarci all'interno dei suoi pensieri, a barcamenarci tra i suoi ricordi che, subito, siamo costretti a scendere dalla mongolfiera che ci ha portati fin lì. L'estrema brevità, purtroppo, lascia i personaggi sospesi nell'etere, senza che questi riescano a comunicarci davvero qualcosa. L'autrice non entra nel dettaglio della vita dei personaggi secondari, ne traccia solo un bozzetto. Così Thorn, Smoke, Valentine sono poco delineati, quasi sfuggenti. Rimangono disegni appena accenati, profili sbiaditi. Perfino Echo, che è la protagonista principale, è fluida e inconsistente, polverosa. Sembra quasi che, con un soffio, tutto possa svanire come sabbia al vento.

domenica 15 luglio 2012

In libreria

Titolo: La figlia del boia
Autore: Oliver Pötzsch
Editore: Neri Pozza
Pagine: 512
Prezzo: 16,90 €
Data di pubblicazione:  14 Giugno 2012

Trama


Baviera, 1659. Sulla riva di un fiume nei pressi della cittadina di Schongau viene trovato agonizzante il figlio undicenne del barconiere Grimmer. Il tempo di adagiarlo con cura a terra, di esaminargli il profondo taglio che gli squarcia la gola, di scoprire sotto la sua scapola destra uno strano segno impresso con inchiostro viola che il bambino muore. Qualche tempo dopo i bottegai Kratz si imbattono, nel loro piccolo Anton, il figlio adottivo, immerso in un lago di sangue, la gola recisa con un taglio netto. Sotto una scapola del bambino viene trovato il medesimo segno del figlio del barconiere: il cerchio di Venere, il simbolo delle streghe. Peter Grimmer e Anton Kratz si conoscevano. Insieme con la piccola Maria Schreevogl e altri due bambini costituivano uno sparuto gruppo di orfani che era solito frequentare Martha Stechlin, la levatrice di Schongau che vive proprio accanto ai Grimmer. Il destino di Martha Stechlin sembra così segnato. Messa nelle mani del boia di Schongau perché le sia estorta formale confessione, attende di essere spedita al rogo. Jakob Kuisl, il boia di Schongau non crede però alla colpevolezza della levatrice. E con lui non credono che la dolce Martha sia una strega anche sua figlia Magdalena e Simon Fronwieser, il figlio del medico cittadino. I tre indagano per cercare di ribaltare una sentenza che sospettano sia stata scritta solo per convenienza politica e, soprattutto, per nascondere una verità inconfessabile. 

L'autore

Oliver Pötzsch nasce a Monaco di Baviera nel 1970, dove vive ancora oggi insieme alla sua famiglia. 
Per diversi anni ha lavorato per la televisione tedesca come sceneggiatore.
Piccola curiosità: discende dai Kuisl, la dinastia dei boia a cui appartiene il protagonista del suo libro. I Kuisl sono realmente esistiti e hanno svolto il mestiere di boia per ben 300 anni.

giovedì 12 luglio 2012

Confessioni di una coprecarywriter #3

Questo, in realtà, è un post un po' randomico. Perché parla di tutto, dello stage da coprecarywriter, del tirocinio all'università, della mia vita privata (ma non troppo privata).
Alla fine, nel bene o nel male, è passato quasi un mese da quando sto qui, nell'agenzia in cui faccio la stagista.
Tante cose sono cambiate, tra cui anche il rapporto con "Gli Altri". Ormai ho deciso così, di chiamarli proprio come Gli Altri di Lost. Un po' per omaggiare una delle serie tv che più ho apprezzato negli ultimi tempi, un po' perché il nome si presta bene alla situazione.
Ed è passato anche un mese, quasi, dall'ultima volta che ho sentito X, l'uomo col mestruo per eccellenza. E, se prima pensavo che non avrei resistito alla cosa, adesso comincio a pensarla diversamente. È stato un bene che sia andata a finire così, che sia arrivata l'indifferenza alla sua esistenza da parte mia. Insomma, parliamoci chiaramente: di certo non ho bisogno di lui. Di lui per come è. Forse avrei avuto bisogno di lui come credevo che fosse. Ma non è corretto dire che avrei avuto "bisogno". Perché, effettivamente, non ho bisogno di nessuno. Diciamo che mi sarebbe piaciuto averlo accanto e non come compagno, fidanzato, partner (insomma, avete capito), ma come persona. Sono contenta, invece, di come sia andata. Se potessi tornare indietro rifarei tutto, proprio tutto. Gli dedicherei tutte le attenzioni che gli ho dedicato, gli direi tutte le belle cose che gli ho detto, gli regalerei tutti i bei sorrisi che gli ho regalato. E rivivrei ogni singolo istante, compresa la nostra ultima lite. Quella che mi ha fatto comprendere che non ho bisogno di lui. Adesso posso tranquillamente affermare di essere davvero felice dell'indifferenza che ci riserviamo a vicenda. Non potevo desiderare una fine migliore per il nostro rapporto.

martedì 10 luglio 2012

Perduti & Ritrovati #6

Nuova puntata di Perduti & Ritrovati, la rubrica che dà spazio a quei libri che, secondo me, non hanno ricevuto la giusta attenzione passando quasi del tutto inosservati. Si tratta, spesso, di libri fuori catalogo (purtroppo!) oppure editi da piccole e medie case editrici.
Oggi voglio segnalarvi un romanzo della Marcos y Marcos della quale, lo ammetto, ammiro tantissimo le copertine. I libri che segnalo, spesso, li ho scovati in libreria o nelle bancarelle tra gli usati o in biblioteca quindi potreste (dovreste, anzi) vederli recensiti prima o poi. Magari, se siete fortunati, potreste trovarli in biblioteca dalle vostre parti. 
Eccolo qui, il libro di oggi. Non ha una copertina meravigliosa? ^^

Titolo: La casa dei libri
Autore: Richard Brautigan
Editore: Marcos y Marcos
Pagine: 199
Prezzo: 11€ (fuori catalogo)


Trama 
A San Francisco c'è una biblioteca unica al mondo. Lui ci vive da tre anni. La adora. Ci abita come in una cattedrale. Accoglie, con grazia e passione sincera, i dattiloscritti più respinti di questa terra. Bambini in triciclo, vecchiette, motociclisti in pelle consegnano prove d'autore uniche, dai titoli come: 'Il giradischi e Dio', 'Ufo contro CBS', 'Culinaria dostojevskiana'. Lei arriva con un dattiloscritto "contro il proprio corpo": si sente schiacciata dal successo dirompente delle sue grazie. Vida è stupenda: i maghi della pubblicità l'avrebbero trasformata in parco nazionale, se fossero riusciti a metterle le mani addosso. Una bellezza che causa incidenti, milioni di lividi, trasforma le altre in esseri invisibili. Fra i due esplode l'amore.

L'autore

Richard Brautigan, nato a Tacoma nel 1935 e morto a Bolinas nel1984, è stato uno scrittore statunitense. Visse un'infanzia travagliata a causa del divorzio dei genitori e dei maltrattamenti subiti dai successivi compagni della madre. Nel 1967 ottenne la fama per la pubblicazione di Pesca alla trota in America, pubblicato in Italia da ISBN edizioni.
Brautigan si chiuse sempre più in sè stesso, soffrendo della sindrome alcolista, che lo porterà alla dipendenza, all'assuefazione, ed alla morte prematura avvenuta all'età di 49 anni nel 1984 per suicidio.

lunedì 9 luglio 2012

Recensione: Il canto della Notte

Autore: Camilla Morgan Davis
Titolo: Il canto della Notte
Prezzo: 17 €
Editore: Zero91
Pagine: 304
Il mio voto: 1 segnalibro

Trama

“Il mondo, molto tempo fa, si è diviso nel mondo che gli umani riescono tuttora a vedere e in quello che ha finito nel sottrarsi alla loro vista senza che se ne rendessero conto. Sicuramente tutti gli animali conoscono questo mondo. Soprattutto i lupi.” È una giornata qualunque. Il sole è alto nel cielo. Gli umani si svegliano, chi si prepara per andare a scuola o chi al lavoro e fra questi molti credono di essere i soli a dominare la terra. Non molto lontano da loro si muovono altre creature dall’aspetto umano, ma che sanno richiamare su di loro l’anima dei lupi: sono licantropi, muta forma. In un paese pressoché sconosciuto del Piemonte risiede una comunità che apparentemente si occupa del recupero di ragazzi difficili e talvolta orfani. È così, ma i ragazzi, così come gli educatori, sono tutti uomini lupo. Maila è una di loro, ha diciotto anni, si veste di nero, ordina scarpe e libri da Internet e fa esperimenti con erbe, fiori e piante. Non parla volentieri con gli alti, a differenza loro vive con conflitto la sua natura; spesso vorrebbe essere una ragazza normale, ma le è concesso tutto tranne questo. Anche per lei, come per gli umani, la giornata che sta avendo inizio sembra comune, ma non è così. La quiete del paese è interrotta: due grossi lupi aggrediscono un uomo del posto. Da quel momento per Maila tutto cambierà: le apparirà uno strano segno sul petto, incontrerà un ragazzo dal nome misterioso e dovrà salvare la sua gente dall’attacco degli Artigli Rossi, un gruppo di licantropi assettati di odio e carne. Ed eccola Maila, in viaggio fino agli Alti Tatra, accompagnata da Othar, un valoroso guerriero. Riuscirà a portare la testa del capo dei nemici nel regno sotterraneo di Ayta, il luogo di confine fra la vita e la morte, in cui i lupi accompagnano le anime dei defunti nell’aldilà? 

La mia recensione

Neve friabile, polvere viola e mani morbide come il latte

Ho acquistato questo libro perché attratta dalla trama, dalla copertina, dai commenti estasiati presenti su aNobii. Per una volta mi sono voluta fidare. 
Chi mi conosce anche solo un po' lo sa già: solitamente non leggo autori italiani. Anzi, se proprio vogliamo essere precisi, li evito come la morte. Sì, lo ammetto: sono diffidente verso gli scrittori italiani. Soprattutto verso gli scrittori di fantasy o urban fantasy. Preferisco, e non è un segreto, la letteratura americana. La trovo più snella, meno pretenziosa e arrogante di quella italiana. 
Il canto della Notte parte da un'idea che, seppure non mi piaccia per niente, avrebbe potuto essere sviluppata in modo meno macchinoso, più rilassato e, soprattutto, meno confuso.
Lo stile narrativo è poco fluido; il lettore inciampa spesso nella lettura perché mancano, praticamente quasi del tutto, i dettagli descrittivi delle situazioni. Mi riferisco ai repentini cambi di scena, di luogo, di punti di vista narrativi senza che questi vengano giustificati o, almeno, accennati. Questo, però, non spiega la mia valutazione negativa. Infatti, purtroppo, ci sono diverse altre mancanze.
Che vuol dire, ad esempio, che Maila è stata in grado di entrare nell'ombra di un insetto e grazie a questo è riuscita ad uscire dalla prigione in cui si trovava? Entrare nell'ombra di un insetto? Ma come? Fisicamente? Con la mente? Ha posseduto l'insetto? Ha una sorta di potere per il quale possiede gli animali, le cose, le persone? Non ci è

venerdì 6 luglio 2012

Recensione: La parola immaginata. Teoria, tecnica e pratica del lavoro di copywriter

Autore: Annamaria Testa
Titolo: La parola immaginata. Teoria, tecnica e pratica del lavoro di copywriter
Prezzo: 11 €
Editore: Il Saggiatore
Pagine: 249
Il mio voto: 4 piume

Trama

Nelle pagine di "La parola immaginata" Annamaria Testa racconta gli aspetti teorici e pratici del suo lavoro di copywriter. Con garbo, abilità e soprattutto, con una scrittura vivace e appassionante, illustra le regole, i meccanismi e le strategie necessarie per inventare una campagna pubblicitaria efficace, spiega come scegliere le parole di un titolo, come queste vanno associate alle immagini, come la coppia creativa formata da copywriter e art director deve lavorare, e come accade che una campagna conquisti il favore del pubblico.

La mia recensione

La parola immaginata ma, soprattutto, pensata

Solitamente non leggo e, quindi, non recensisco, saggi. Non che non mi piacciano i saggi, anzi. Trovo che sia molto difficile scriverne di veramente interessanti e ammiro chi, come Annamaria Testa, riesce a completarne uno senza che questo diventi mai obsoleto. 
Purtroppo, però, dopo diversi saggi letti per l'università e la tesi, preferisco orientare le mie letture verso i romanzi che sono, normalmente, più rilassanti. 
Mi sono avvicinata alla lettura di questo libro perché mi è stato suggerito e perché, come immagino chiunque lo abbia letto, mi sto avvicinando alla professione del copywriter. 
Molti degli argomenti trattati all'interno del saggio, comunque, non mi erano nuovi. Ho avuto la fortuna di leggere e, successivamente, di rileggere (con estremo piacere, mi tocca aggiungere) il lavoro di un mostro sacro della pubblicità che consiglio, caldamente, a chi vuole intraprendere la lettura di quest'opera: La pubblicità, teoria e prassi di Giampaolo Fabris. 
Ma non mi sembra giusto decantare le lodi di Farbis sulla scheda di un libro, molto valido tra le altre cose, di Annamaria Testa. Torniamo, dunque, a noi.

giovedì 5 luglio 2012

In libreria

Tutti i giorni, per avviarmi alla metro e recarmi allo stage, passo davanti la vetrina (e l'aria condizionata artica) de La Feltrinelli che sta su Viale Libia. Quello è l'unico momento bello del mio viaggio. Poi, se sono fortunata, il secondo momento bello è prendere la metro con l'aria condizionata e semi vuota. Invece, solitamente, passa il treno appena uscito fuori dal 1970 senza aria condizionata e pieno. Torniamo a noi. Ieri, camminando gaudiosamente, ho visto questo in vetrina. 


Titolo: Moshi moshi
Autore: Banana Yoshimoto
Editore: Feltrinelli
Pagine: 208
Prezzo: 13 €
Data di pubblicazione: 27 Giugno 2012

Trama

Dopo aver perso il padre in quello che ha tutta l’aria di essere stato un doppio suicidio d’amore, Yoshie si trasferisce dalla sua casa di Meguro a un minuscolo e vecchio appartamento a Shimokitazawa, un quartiere di Tokyo famoso per le sue stradine chiuse al traffico, i ristoranti, i negozietti, nonché meta degli alternativi della capitale. Qui Yoshie spera, aiutata dall’atmosfera vivace, di superare il dolore e dare una nuova direzione alla sua vita. Un giorno, però, sua madre le si presenta a casa all’improvviso con una borsa Birkin di Hermès e qualche sacchetto. Inizia così una bizzarra convivenza che unisce le due donne lungo il percorso di elaborazione del lutto che le ha colpite, le pone di fronte a verità inaspettate, le aiuta a scorgere fiochi lumi di speranza nel buio di una quotidianità ferita.Moshi moshi – “pronto” al telefono – è il racconto di una rinascita, la favola delicata e struggente della vita di un quartiere, la storia di una madre, di una figlia, di un grande dolore e di qualche piccola felicità inattesa.

L'autrice
 
Banana Yoshimoto, il cui vero nome è Mahoko Yoshimoto, è una scrittrice giapponese. Figlia di Takaaki Yoshimoto, uno dei filosofi e critici giapponesi più importanti degli anni sessanta, nasce a Tokyo, nel 1964. 
Si è laureata al college delle arti della Nihon University con una specializzazione in letteratura.
Il suo primo libro, Kitchen (pubblicato in Italia da Feltrinelli) ebbe un incredibile successo,con oltre 60 ristampe solo in Giappone. Ne furono anche tratti due film.
Nessuno conosce molto della sua vita personale perché Banana la tiene al di fuori del grande pubblico, coinvolgendo pochissimo o per niente suo marito e suo figlio Manachinko, nato nel 2003.

martedì 3 luglio 2012

Confessioni di una coprecarywriter #2

Lo so, lo so, sono tremenda. Sto trascurando il blog e non curo più la parte "Anteprime" con le uscite in libreria. Ma, promesso, questa settimana riprenderò le redini di tutto. Ho in mente anche una nuova rubrica, ma non so ancora se farla partire oppure no. Sono un po' indecisa perché si tratterebbe di una rubrica (ovviamente a cadenza completamente casuale, questa è la caratteristica che mi distingue dalle altre blogger: la casualità) che conterrà dei racconti scritti da me. Direte voi: quindi, dove sta il problema? Eh, il problema è che mi vergogno un po' di ciò che scrivo. Temo anche che, tra le altre cose, a nessuno interessi quello che scrivo (e questo è decisamente probabile). Me la penso ancora un po' e poi decido.
Ma torniamo a noi. Ormai sono passati  20 giorni da quando ho iniziato lo stage e qualcosa è cambiato da allora. È cambiato, certamente, il mio modo di rapportarmi con gli altri. O meglio, con loro. 
Detto così sembra quasi mi riferisca a "Gli Altri" di Lost, è vero. Solo che, nonostante il tempo passato, per me è come se fossimo ancora delle entità distinte. Non mi sento di far parte dell'agenzia, è come se stessi solo prestando la mia persona, ecco. Credo, immagino, sia una reazione tipicamente razionale. Non voglio trovarmi troppo bene, non voglio sentirmi troppo a mio agio perché se a Settembre tutto dovesse finire la prenderei male. Quando la prendo male non la prendo male emotivamente con un po' di tristezza, la vivo più che altro come una mia incapacità, come se non fossi adeguata o, che ne so, addirittura poco intelligente.