lunedì 10 ottobre 2011

Recensione: Revolutionary Road

Autore: Richard Yates
Prezzo: 18
Editore: Minimun Fax
Traduttore: Adriana Dell'Orto
Pagine: 450
Il mio voto: 5 piume

Trama

È il 1955; i Wheeler sono una coppia middle class dei sobborghi benestanti di New York, che coltiva il proprio anticonformismo con velleità ingenua, quasi ignara della sua stessa ipocrisia: la loro esistenza scorre fra il treno dei pendolari, le cenette alcoliche con i vicini, le recite della filodrammatica locale, ma Frank e April si sentono destinati a una vita creativa e di successo, possibilmente in Europa. Nella storia della giovane famiglia in apparenza felice la tensione è nascosta ma crescente, il lieto fine impossibile, e l'inevitabile esplosione arriva con una potenza da dramma shakespeariano. 

Nominato dal Time tra i «100 Best Novels in English», Revolutionary Road è uno dei classici «dimenticati» della narrativa americana del secondo Novecento, che Minimum Fax ha riportato con successo nelle librerie italiane dopo più di trent’anni.

La recensione 

Come è possibile che io sia arrivata così tardi a conoscere Richard Yates?! Cosa ho letto in tutti questi anni?! E come ho fatto, per tutto questo tempo, a vivere bene senza aver letto nemmeno uno dei suoi romanzi?!
Ebbene, per fortuna, qualcuno tra i bookcrosser italiani mi ha dato la possibilità di leggere, ma soprattutto apprezzare, questo bravissimo scrittore.
L'autore racconta una storia semplice, lineare, praticamente priva di colpi di scena eppure mai scontata, banale o noiosa. Perché, se sai scrivere, riesci a rendere interessante qualunque cosa, anche gli oggetti inanimati. E Yates sapeva decisamente scrivere. E questo è bene sottolinearlo, anzi scriverlo in grassetto o, perché no, urlarlo ai quattro venti perché tutti possano sentirlo. Yates sapeva scrivere. 
In un panorama letterario che diventa di giorno in giorno sempre più imbarazzante è quasi necessario riscoprire gli autori del passato e i loro piccoli gioiellini che, probabilmente, non hanno ricevuto la giusta attenzione quando sono stati pubblicati. E' questo, infatti, il caso di Revolutionary Road, riscoperto solo diversi anni dopo la morte dell'autore e proclamato dal Time, nel 2005, uno dei 100 migliori romanzi in lingua inglese dal 1923 ad oggi.

Il romanzo si apre con una rappresentazione teatrale finita male che scatena un litigio tra i coniugi Wheeler, un litigio che, in verità, poco ha a che fare con il malumore di April legato allo spettacolo. Quel litigio, infatti, non è altro che un sintomo del malessere, dell'insoddisfazione e della tristezza che avvolge la vita coniugale dei due protagonisti principali. Ergendosi a narratore onnisciente, Yates ci trasporta indietro nel tempo, fino al primo incontro di Frank ed April e poi ancora più indietro, quando Frank non era che un bambino intimorito dal padre. In questo lungo e coinvolgente viaggio si ha la sensazione che i protagonisti siano come noi: persone comuni, con timori, pensieri, ideologie comuni. 
Perché, infatti, i Wheeler, i Campbell e perfino i Givings sono persone normali, comunissime persone ottenebrate dall'idea di dover, quasi forzatamente, vivere il sogno americano: una famiglia numerosa, un lavoro appagante, una bella casa in campagna, una matrimonio perfetto, un vialetto di pietre perfettamente posizionate nel terreno. Ma niente sembra mai andare per il verso giusto, c'è sempre qualcosa, un elemento, che si posiziona in maniera scomoda crepando profondamente la vita, solo apparentemente perfetta, delle famiglie di Revolutionary Road. Tutto viene fatto, agito, pensato in funzione di una ricerca, più o meno disperata, di un'ideologica perfezione, di una agognata "normalità".
E forse è proprio perché le azioni e le reazioni dei protagonisti a tutto ciò che succede loro non sono mai esagerate, fuori luogo o poco credibili, o forse perché i dialoghi presenti nel romanzo sono i dialoghi meglio riusciti che io abbia mai letto... Forse, proprio per questi due motivi, il primo aggettivo che mi viene in mente se penso a come descrivere questo libro è "vero".  
Un piccolo capolavoro che ci descrive, con fluida semplicità e sconvolgente intensità, una fetta della società americana degli anni '50. Uno di quei romanzi che, prima o poi, si devono leggere.
 

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