mercoledì 1 giugno 2016

Questione di incipit #9



Lo so, lo so, voi c'avete ragione. So' due settimane che vi sorbite sempre le stesse due rubriche ma hey!, sembra che il periodo da schifo sia diventato un po' meno da schifo. Ieri, infatti, ho eliminato uno dei libri in lettura. Cioè, non nel senso che l'ho fisicamente eliminato, solo che sono riuscita finalmente a terminarlo.
È stata dura, ma la mia perseveranza è più dura del brutto karma. Non che facesse schifo eh, è che in questi giorni trovo difficile anche solo terminare di leggere l'oroscopo, quindi fate un po' voi.
Non si tratta nemmeno di una lettura memorabile, anzi, trovo che abbia alcuni difetti ma, a mia discolpa, posso dire di averlo scelto perché scritto in inglese e diretto a un pubblico di giovani adulti.
Ne parlerò, credo, prima o poi. In realtà c'ho altre recensioni in sospeso ma è passato così tanto tempo che, credo, non le scriverò mai.
Non mi era mai successo di non parlare di un libro che mi è piaciuto (di quelli meh, invece, succede di continuo che non c'ho manco voglia di vederli in libreria, figuriamoci parlarne) e non mi era mai successo con Anne Tyler, ad esempio.
Sappiate che Guida rapida agli adii mi è piaciuto, ma dopo la sua lettura non ho trovato il momento giusto per sedermi e scriverne. E chissà se arriverà mai, questo momento.
Frattanto, dall'alto del mio torcicollo (perché, cioè, mica me potevo fà mancà una cosa spiacevole in questo periodo, giammai!), vi faccio sbirciare gli incipit di due libri, nella ormai consolidata formula un incipit bello e uno brutto.

Voi lo sapete – e se non lo sapevate ve lo dico io adesso – normalmente, quando di una cosa parlano tutti (che sia un film, un libro, un capo d'abbigliamento), a me non interessa. Davvero dico. Ne parlano tutti? Ok, mi disinteresso in automatico. Motivo per cui, infatti, non ho ancora letto Elena Ferrante, non ho letto la trilogia Millenium, ho interrotto Game of thrones (i libri), non guardo Gomorra eccetera eccetera.
In effetti, se non fosse stato per Il tè tostato, chissà quanto tempo sarebbe passato prima che mi avvicinassi a Haruf.
E quindi, in sostanza, è andata così: Laura ha organizzato un gruppo di lettura (presso la libreria Altroquando) per Crepuscolo e io ho colto la palla al balzo, decidendo di lanciarmi nella lettura della trilogia. Ho iniziato da Canto della pianura, il primo libro della trilogia scritto da Haruf, che racconta la storia di Holt, una cittadina sperduta nelle pianure del Colorado. A Holt vivono Tom, un insegnante separato e padre di due bambini, Victoria, un'adolescente che si scopre incinta, e due anziani agricoltori che, con affetto paterno, si prenderanno cura di Victoria. Traduzione di Fabio Cremonesi.

***

GUTHRIE 

A Holt c’era quest’uomo, Tom Guthrie, se ne stava in piedi alla finestra della cucina, sul retro di casa sua, fumava una sigaretta e guardava fuori, verso il cortile posteriore su cui proprio in quel momento stava spuntando il giorno. Quando il sole ebbe raggiunto la sommità del mulino a vento, l’uomo rimase a guardare la luce che si faceva sempre più rossa sulle alette di acciaio e sulla coda, alte sulla piattaforma in legno. Dopo un po’ spense la sigaretta, salì al piano di sopra, passò oltre la porta chiusa dietro la quale lei giaceva a letto al buio nella camera degli ospiti, addormentata oppure no, e percorse il corridoio fino alla stanza a vetrate sopra la cucina, dove c’erano i due ragazzi. 
Era una vecchia veranda adibita a camera da letto, con finestre senza tende su tre lati, un aspetto aperto e arioso e il pavimento in legno di pino. Stavano dormendo ancora, nello stesso letto all’altro capo della stanza, sotto le finestre che guardavano a nord, accoccolati benché l’autunno fosse appena iniziato e non facesse ancora freddo. Era un mese che dormivano nello stesso letto e in quel momento il maggiore aveva una mano posata minacciava entrambi. Avevano nove e dieci anni, capelli castano scuro, volti lisci e guance ancora pure, dolci come quelle di una bambina.
All’improvviso fuori casa si alzò un vento da ovest che fece ruotare la coda del mulino a vento, le pale iniziarono a girare con un ronzio rosso, poi il vento si calmò e le pale rallentarono fino a fermarsi. 
Ragazzi, fareste meglio a muovervi, disse Guthrie.
Fermo in accappatoio ai piedi del letto, li guardò in faccia. Un uomo alto, con i capelli neri che si stavano diradando e gli occhiali. Il maggiore dei due ragazzi ritrasse la mano ed entrambi si rintanarono ancora di più sotto le coperte. Uno dei due sospirò sereno.
Ike.
Che c’è?
Forza.
Eccoci.
Anche tu, Bobby.
Si mise a osservare fuori dalla finestra. Il sole era più alto, la luce iniziava a scivolare lungo la scaletta del mulino a vento, la illuminava, tingeva i pioli del colore dell’oro rosa. 
Quando guardò di nuovo verso il letto, dai loro volti mutati capì che i ragazzi erano ormai svegli. Ripercorse il corridoio, passò davanti alla porta chiusa ed entrò in bagno, si fece la barba, si sciacquò il viso e tornò nella camera da letto sul davanti, le cui alte finestre dominavano Railroad Street, prese dall’armadio camicia e pantaloni, li posò sul letto, si tolse l’accappatoio e si vestì. 


***

È stata dura scegliere L'amore arriva sempre al momento sbagliato. È stata dura perché io non ce la faccio davvero più a leggere le parole "disastro", "disastroso", "sbaglio", "sbagliato" e "migliore" nei titoli dei libri. Credetemi, queste parole fanno sviluppare in me dei moti di aggressività (probabilmente ingiustificati) verso l'essere umano che mi faccio paura da sola. Mi sento pericolosamente vicina alla malvagità di Penguin che decapita la gente e posiziona le teste in salone, come fossero preziosi soprammobili.
Comunque, L'amore arriva sempre al momento sbagliato mi ha poi convinta, in realtà, dalla dedica. Sì, capite? Ancor prima dell'incipit. La dedica mi ha folgorata. Tranquilli, ve la riporto, così ne rimarrete folgorati anche voi, mi auguro non in modi spiacevoli (tipo attacco di nausa o aerofagia acuta). Dunque, in questo libro succede che Ashlyn è una studentessa modello, tutta casa-chiesa-collana di perle e miseriscordia. Le piace leggere, soprattutto Shakespeare e all'interno dei libri cerca le risposte alle sue domande sulla vita. La sorella gemella è tragicamente morta e la madre è caduta in depressione, deve così trasferirsi a casa del padre, in Wisconsin (e fin qui, me pare che l'allegria non è l'ingrediente principale del libro). Durante il viaggio incontra un uomo distrutto che si chiama Daniel Daniels e, incredibile, non gli sbotta a ridere in faccia perché, cioè, è come conoscere Luca De Luca e non dirgli che potrebbe impegnarsi a cambià nome all'anagrafe. Comunque, pare che Daniel Daniles abbia sùbito due grandi perdite nella sua vita, ma la scheda non ci dice se una di queste è la dignità. Traduzione Chiara Balzani.

***

A tutti i Tony del mondo.
Vi vedo.
Vi ascolto.
Vi sento.
E vi voglio bene.
Non siete soli.
Prologo
Daniel

Non so cosa dirti,
non lo so proprio.
In fondo, occuparmi di te porta solo dolore.
Romeo’s Quest

Venti mesi prima

Quando parcheggiai la jeep nel vicolo, ero sprofondato in una nube di pensieri tetri e umore nero. Non ero mai stato in quella zona della città; anzi, a malapena ne conoscevo l’esistenza. Il cielo era color della pece e il freddo degli ultimi giorni d’inverno non faceva che esasperare la mia irritazione.
Posai gli occhi sul cruscotto dell’auto.
Le cinque e mezzo del mattino.
Mi ero ripromesso di non rivederlo mai più. Il suo comportamento aveva aperto una voragine tra noi, spazzando via tutto ciò che eravamo stati. Eppure, in cuor mio sapevo che non avrei mantenuto la promessa: non ce l’avrei fatta a stargli lontano. In fin dei conti era mio fratello e anche quando andava fuori di testa – il che purtroppo accadeva spesso – rimaneva comunque mio fratello.
Dopo quindici minuti di attesa, Jace spuntò dal vicolo. Zoppicava e si teneva il fianco. Mi raddrizzai sul sedile, e i nostri sguardi si incrociarono.
«Maledizione, Jace», borbottai, mentre schizzavo fuori dall’auto e sbattevo lo sportello. Mi avvicinai alla luce di un lampione, in modo da potergli guardare il viso. Aveva l’occhio sinistro tumefatto e semichiuso, il labbro inferiore spaccato. La maglietta bianca era macchiata di sangue. «Cosa diavolo hai combinato?», sibilai, mentre lo aiutavo a raggiungere la jeep. 
Gemette e provò a sorridere. Poi mugolò ancora.
Chiusi la sua portiera e mi precipitai al volante.
«Mi hanno accoltellato, cazzo». Si passò le mani sulla faccia e s’imbrattò ancor più di sangue. Gli scappò da ridere, ma il suo aspetto non lasciava dubbi su come si sentisse veramente. «Ho spiegato a Red che gli avrei portato i soldi la prossima settimana…», si lamentò con una smorfia, «e lui mi ha mandato quei ceffi».
«Gesù, Jace», sospirai, mettendo in moto e allontanandomi dal marciapiede. Era quasi l’alba, ma sembrava più buio di prima. «Credevo che ormai la vendessi e basta».
Jace si sistemò meglio sul sedile, poi posò l’unico occhio ancora aperto su di me. «Ed è così Danny, te lo giuro». Cominciò a piangere. «Te lo giuro su Dio che è così». Purtroppo, era evidente che non si limitasse a venderla: aveva ricominciato a farne uso. Merda. «Mi stavano per ammazzare, Danny. Ne sono sicuro. Erano venuti per…».

***

E vi lascio con l'atroce dubbio: erano venuti per? Toccherà che vi leggiate il libro per scoprirlo, oppure potete dormire sonni sereni senza che ve ne freghi assolutamente nulla. 
Interessante la dedica, me chiamassi Tony me sentirei un po' agitato: ma chittese ce lo mettiamo? Una che ti vede, ti tiene d'occhio, ti vuole bene. E te invece non l'hai mai vista. È un chiaro inizio del processo di stalking, non so se Brittainy ne è consapevole.
I miei complimenti anche per l'utilizzo della parola "ceffi", che fa molto Bud Spencer e Terence Hill, ma anche Tex e film americano western degli anni '90. Nella prossima scena qualcuno dirà: "Quel lestofante di Red, lo avevo avvisato che nel mio West vale la regola dell'occhio per occhio, dente per dente! Adesso imbraccerò il fucile e a cavallo di una giumenta gli farò calar le braghe per la strizza! Forza, sellatemi la cavalla migliore che avete e riempite la mangiatoia e poi portatemi una bottiglia del miglior whiskey, bisogna esser in forze per non temere il male". 
A seguire musiche di Ennio Morricone.

Se preferite il mio di romanzo, mi raccomando, ditemelo nei commenti perché potrei considerare una nuova carriera. Tanto al lavoro me pagano così poco e me rispettano ancor meno che, credetemi, se scrivessi romanzi western demenziali guadagnerei de più. E ho detto tutto.
Alla prossima puntata e, inutile che ve lo dica, siete liberi di consigliarmi libri belli... Ma anche libri brutti. Buone letture!

6 commenti:

  1. Canto della pianura ce l'ho a casa, devo soltanto trovare il momento giusto per iniziarlo. Per quanto riguarda la dedica della Cherry, fossi un Tony sarei già emigrato, tipo in Ciad o in Turkmenistan, ché tanto con un po' di culo la Brittainy (ma ti puoi chiamare Brittainy??) non sa neanche dove stanno. Riguardo al tuo western, voglio il primo capitolo sulla mia scrivania tra una settimana :-D

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    1. Ma perché non ho mai risposto a questo commento? Me sto mica a rincoglionì?
      Per il romanzo, guarda che davvero ci penso eh... Secondo me se unisco tutte le trame idiote che ho inventato esce fuori un'antologia di racconti demenziali niente male xD

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  2. Anche per me vale la stessa cosa riguardo Haruf: se non si smette un po' di parlarne, non mi viene voglia di leggerlo...
    Se ti consola sto da ieri col patch termico sul collo, sista. Courage!

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    1. Ecco, vedo che stiamo tutti messi benissimo xD

      Mo' vediamo se Haruf me piace oppure se facevo meglio a non lasciarmi trascinare. Ti tengo aggiornata :D

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  3. Io in questo periodo sono così svagata che dei libri leggo solo l'introduzione con la vita e le opere dell'autore (hai presente i "classici moderni", negli Oscar Mondadori? ecco), oppure dedica/ringraziamenti/note finali.

    Canto della pianura sembra promettente, e a quanto pare fa commuovere, mentre io adesso ho solo voglia di ridere. "L'amore arriva sempre al momento sbagliato": ma no, che non è vero, l'amore arriva al momento giusto :)

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    1. Anche tu, quindi, hai problemi di "lentezza" nella lettura? Questo mi consola, mi sento meno sola ma, soprattutto, compresa.

      Guarda, facciamo che l'amore arriva se deve arrivare, sennò va bene lo stesso :P

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