giovedì 28 luglio 2016

Un tango per Victor – recensione

Oggi vi parlo di un libriccino (di cui vi avevo già mostrato l'incipit) che ho letto in un paio d'ore e che mi ha ricordato che devo necessariamente approfondire la mia conoscenza dei libri di Lorenzo Mazzoni. Io, voi lo sapete, metto tutto in lista desideri e poi compro cose a caso. Dovrò, invece, imparare a seguire un ordine non solo di lettura – che al momento non ho, ovviamente –, ma anche d'acquisto. Riuscirò mai? 
Di Edicola Ediciones vi ho già parlato da qualche parte su questo blog, in più di un'occasione sicuramente, non sono quindi necessarie le presentazioni.

Lorenzo Mazzoni mi aveva già colpita con il suo precedente romanzo, Quando le chitarre facevano l'amore
Mi aspettavo che nel suo nuovo romanzo (anche se, in realtà, è apparso per la prima volta nel 2008) l'autore riproponesse personaggi strambi e una trama sui generis. 
Ho avuto parzialmente ragione e, contemporaneamente, parzialmente torto. 
Un tango per Victor racconta la storia di Denil, un ragazzo italo-cileno che, da diversi anni ormai, vive ad Amsterdam. Le sue giornate sono più o meno sempre le stesse: si sveglia, si reca al coffee shop nel quale lavora – il Sunflower Bay –, partecipa alle lezioni di olandese insieme all'amica Mahulena (seppure non ne abbia bisogno), fa il dj in alcuni locali ed è circondato da gente a dir poco stravagante.
Denil è un appassionato di musica, lo sanno bene anche i colleghi che non condividono affatto le sue scelte musicali, ma non è certamente un esperto di tango ed è anche un pessimo ballerino. 
Fino a quando, una sera, mentre percorre le strade di Amsterdam, non si imbatte in Julia: una bellissima ragazza che, con grazia ed eleganza, improvvisa uno spettacolo di tango solitario di fronte a una chiesa, nel bel mezzo di una piazza semi-deserta.
«Non è bella, ma è la donna più affascinante che abbia mai visto. La carnagione scura, il viso ovale e pieno, da Sud America. Gli occhi marroni, intensi, due mandorle giganti e perfette. La bocca carnosa e marcata, un sorriso sincero, spontaneo. I capelli neri corvini le cadono spettinati sulla fronte e sulle spalle. Non è molto alta, il piccolo seno è modellato dalla stretta maglia nera, il suo corpo è tonico, sinuoso. Tutto in lei sprizza una estraniante e pacata sensualità, come si muove, come osserva le persone, il suo modo di volgere il capo da una parte all’altra della piazza. Trasmette energia e sicurezza».

Forse non è bella, ma è ciò che gli trasmette che colpisce e affascina Denil che, da quel momento, cerca di rintracciarla in tutti i modi per le strade di Amsterdam, anche se di lei non sa praticamente nulla, neanche il nome.
Se ci riuscirà o meno, questo non posso proprio dirvelo, vorrei che lo scopriste da soli. Il motivo? 
Perché Un tango per Victor, però, non racconta solo una dolce storia d'amore, ma è anche una piccola finestra che si affaccia sul Cile soffocato dalla dittatura di Pinochet. 
Denil il Cile non lo ha mai visto, lo conosce, infatti, solo attraverso i racconti dello zio che, attraverso le canzoni di Victor Jara, racconta al nipote e a chiunque voglia ascoltarlo l'anima della protesta cilena.
Ma Un tango per Victor è ancor più che questo: è anche un invito a non gettare la spugna, a non smettere mai di lottare per quel che ognuno di noi desidera davvero, per i valori ai quali crediamo, per l'amore, per la vita, per la libertà.

Titolo: Un tango per Victor
Autore: Lorenzo Mazzoni
Editore: Edicola Ediciones
Prezzo: 11 €
Pagine:112
Il mio voto: 4 piume
Maggiori informazioni: scheda sul sito di Edicola Ediciones

lunedì 25 luglio 2016

Photoshop non ti conosco, obbrobrio non ti temo, Paint ti amo 25/31 luglio



Buongiorno e buon lunedì miei amati amanti della schifiltosità dell'italiaca editoria!
Questa, purtroppo, è l'ultima puntata di Photoshop non ti conosco, obbrobrio non ti temo, Paint ti amo prima che il blog si prenda una pausa estiva. 
Lo so, lo so, è una cosa triste ma ho calcolato tutto: vado in vacanza adesso che non esce nessun libro de merda, così posso invece recuperare tutti quelli che vi ho mostrato e leggerli in vacanza. Magari non proprio tutti tutti in 15 giorni eh, ma qualcuno sicuramente sì. Ne ho già iniziato uno e che dire? Bellissimo. Lei è stupida da subito, da pagina 2 tipo. Promette bene, davvero bene.
Per il resto, durante il mese di agosto – mese in cui non pubblicherò nulla per almeno una quindicina di giorni – cercherò di trasferirmi su Wordpress. 
Quindi, gente, cambierò url e però non date di matto: se non mi trovate su blogspot, non ho chiuso i battenti. 
Spero di riuscirci senza combinare macelli, ma chissà. Il motivo del trasferimento? Me so' stufata di avere tutto 'sto casino ai lati dei post, c'ho solo le cose essenziali e mi sembra comunque tutto confuso. 
Ma bando ai discorsi inutili, oggi siamo qui riuniti per segnalare l'unica uscita degna di nota che, tra le altre cose, non è manco un libro ma è un ebook. Esce sicuramente altra roba, ma non sono state ancora rese note le copertine. Sappiate, quindi, che non è colpa mia.

Maledette bellissime bugie. Pensavate non ci fosse possibilità di creare un titolo più brutto di Uno splendido disastro? Ebbene, sbagliavate di grosso. Maledette bellissime bugie. Senza manco 'na virgola tra maledette e bellissime. 
I due tizi in copertina, chiaramente, sono nel bel mezzo di qualche pratica erotica che non stiamo qui a discutere (anche perché il mento di lei mi distrae non poco dal resto dell'immagine), ma sono anche passati in una profumeria della periferia milanese a comprare una terra troppo scura per la loro carnagione, lei soprattutto.
Tesò, ascolta: non puoi metterti il blush color quercia, sembri Sandra Mondaini. O la mia insegnante d'inglese del liceo alla quale potevi tranquillamente accendere un fiammifero in faccia, per quanto ce l'aveva de cartone. E non è un complimento.
Ora, a parte il fatto che quel mento è stato ritoccato così tanto che me pare un culo... Ma manco la spalla siete riusciti a fà? Capisco il mento, più difficile da rendere, ma la spalla? Era necessario prenderne un'altra e appiccicarla male? Gente, poi non so neanche come faccia a non avere un crampo al collo tenendola alzata e così vicina alla faccia per tempo idefinito. Sarà che io c'ho problemi di potassio, che ve devo dì, ma davvero dopo un po' ti parte un crampo che resti bloccato con la spalla storta. 
Lui incommentabile, se ingrandite l'immagine della scheda vi accorgerete anche che ha qualcosa che non va accanto alle labbra: tipo un pezzo in più di faccia che me fa venì gli incubi al solo pensiero. Forse le bugie riguardano il passato di questo tizio, che ha dentro di sé anche il gemello malvagio che, ogni tanto, quando perde le staffe – il gemello malvagio, intendo – fa muovere la faccia al fratello come in Alien. Stanotte non dormo, ve lo dico. 
La scheda, purtroppo, non accenna a niente di orrorifico ma ci dice solo che lei ha bisogno di tanti soldi per salvare la sorella: di maledetti, sporchi soldi. E allora che fa? Entra in un club per gentiluomini, apre la porta e fa: "Raga, io sono vergine, un milione di dollari e ve la do". E il cretino di turno, che sarebbe il tale con un pezzo della faccia del gemello malvagio, dice "Sai che c'è? Me la pijio io visto che non la vuole nessuno. Un milione e te sdereno de brutto, beibi. Viè qua, sulle gambe de papà, che te faccio sentì io cos'è l'amore". E poi si innamorano. Colonna sonora: Dov'è l'amore, Cher. 


Per questo lunedì e per il mese di luglio è tutto. Con Photoshop non ti conosco, obbrobrio non ti temo, Paint ti amo se ribeccamo non so quando, a fine agosto probabilmente. Un abbraccione, e tanti libri brutti!



venerdì 22 luglio 2016

So classy! #4 La casa della gioia di Edith Wharton


La signorina protagonista di questa nuova puntata di So classy! mi ha messo veramente a dura, durissima, prova. Non la conoscono in tanti, in Italia almeno, e trovo che sia un peccato. Ammetto che io, sebbene la conoscessi, non avevo mai letto nulla di suo anche perché, pubblicata tempo fa da La Tartaruga (casa editrice miseramente fallita) è stata poi praticamente dimenticata da tutti. Peccato, sul serio. Peccato perché Edith Wharton era una donnina niente male, ironica e sarcastica al punto giusto e, alle volte, anche un po' acida. Una donna che ho trovato piacevole e divertente leggere e che, secondo me, era anche un sacco simpatica.
Piuttosto che partire da L'età dell'innocenza (che, by the way, non è neanche in mio possesso perché mi rifiuto di comprare l'edizione BUR attualmente in commercio con quella copertina terrificante e non se ne parla proprio di comprare quella Newton Compton), ho letto La casa della gioia nell'edizione, appunto, de La Tartaruga. Edizione che, a dispetto della copertina (che trovo dolcissima) è piena zeppo di refusi: refusi a profusione, grandinata di refusi. E non scherzo. Così tanti che ce n'è uno anche sul prezzo di vendita. La traduzione dell'edizione in mio possesso è a opera di Clara Lavagetti Sforni.

Mi preme ricordare al pubblico in sala che è molto probabile che questo post contenga degli spoiler perché non potrei, altrimenti, esplicare bene le mie teorie se non portassi degli esempi – reali, letterali, inventati, intelletuali e quello che ve pare a voi.
Ormai sapete bene come funziona questa rubrica ma un avvertimento è sempre bene farlo, ché poi non voglio essere tacciata di essere una spoilerona. Quindi, se non avete ancora letto La casa della gioia andate a leggerlo e poi tornate. Oppure, se siete fortunati e avete dei seri problemi di memoria – come me – potete anche continuare a leggere, tanto fra mezz'ora ve siete dimenticati tutto e quindi anche chissene dello spoiler. Si parte!




La protagonista de La casa della gioia è Lily, una ragazza di 29 anni che a molti dei lettori in cui mi sono imbattuta nella blogosfera e, più in generale nell'internet, fa discretamente antipatia. Il motivo posso capirlo: Lily è, fondamentalmente, una sciocca ragazza superficiale e viziata. Vero, siamo d'accordo tutti. Lily desidera l'agio e la bella vita e, fino a un certo punto, fa di tutto per ottenerla, anche considerare di sposare Gryce – un uomo che la annoia a morte – e annoiarsi con lui per tutta la vita. Sì, forse il matrimonio non è esattamente il fine nobile per cui si giustificano i mezzi ma è anche vero che, forse, non lo è per noi. 
Lo è però certamente per Lily che, quando si reca a bere il tè nell'appartamento di Selden, non fa che riflettere su quanto sia triste essere una donna dato che non è permesso, alle donne, vivere da sole e avere una propria indipendenza. Alle donne del suo rango, almeno (perché, in effetti, le donne lavoratrici esistono già all'epoca della Wharton).
Al contrario dei lettori che nutrono per Lily una discreta antipatia, io invece trovo che sia intelligente, simpatica, sarcastica e, ahimè, forse un po' troppo ingenua. 
Devo ammettere che agli inizi del '900 probabilmente non doveva essere molto diffuso, ma mi stupisce che una donna come Lily non abbia neanche pensato alla possibilità. Di cosa parlo?
Ma di quella razza di uomo più comunemente conosciuta come "uomo col mestruo", ovviamente!

Piaget, padre delle fasi dello sviluppo*.
L'uomo col mestruo è ovunque. 
Ma attenzione, perché si nasconde molto bene tra le persone che conosciamo. Pensateci bene e scandagliate attentamente le vostre amicizie: ognuno di voi conosce almeno un uomo col mestruo, statene certi.
E non parlo solo di quelli che credono di farla franca rifilandoti frasette sceme quando cercano di scaricarti (tipo: "Non sei tu, sono io", o anche "L'amore è come una pianta, se non la innaffi muore" e becere scuse di questo tipo), parlo soprattutto di quegli uomini che, di fronte alle situazioni complesse e che richiedono una decisione e/o una presa di posizione, escono di scena sbattendo la porta acidamente, come fossero in piena crisi ormonale. Purtroppo, gli uomini di questo tipo – che normalmente, nonostante abbiano superato di gran lunga la pubertà a livello fisico, cerebralmente non hanno ancora raggiunto la fase delle operazioni concrete* – sono molto diffusi, certamente più di quanto immaginate. 

mercoledì 20 luglio 2016

Questione di incipit #12



Buogiorno!
Dunque, questa settimana purtroppo il consueto appuntamento con Photoshop non ti conosco, obbrobrio non ti temo, Paint ti amo è saltato per due motivi.
Il primo, e più importante, è che non vi erano pubblicazioni degne di nota – e vabbè, stiamo anche per giungere ad agosto eh, sarebbe anche ora che si fermassero di stampare cagatehm... libri – e poi perché tra un leaving party e il mio compleanno è stato un fine settimana un attimo impegnato e, giuro, non c'ho avuto neanche il tempo di cercare qualche bella copertina di libri pubblicati negli anni passati per fare un'edizione speciale.
Delle volte c'ho 'ste botte di vita sociale che, davvero, me stupisco da sola. Dunque oggi, per sopperire alla mancanza di libri di merda nella vostra vita, ho scelto con cura il libro del quale mostrarvi l'incipit e si tratta anche di un libro che – attenzione, tensione! – inizierò stasera. Così da regalarvi una bella recensione prima di andare in vacanza. Che culo eh?
Gli altri libri che vi ho presentato sono tutti sul mio kindle – a eccezione di uno che ho cartaceo e che non riesco a trovare, sarà mica un segno? – e verranno con me in Spagna. Ciò vuol dire che il mese di settembre sarà davvero un mese interessante per questo blog – me ce lo dico da sola ché sennò me ce viè la depressione a pensare di leggere libri de merda per un mese. Però, vuoi mette le risate? – e quindi restate sintonizzati che ne vedrete delle belle (e il tutto per farmi perdonare della mia vita sociale, poi non ditemi che non vi voglio bene).
Quindi, insomma, vi faccio un breve riassunto: ho accantonato i libri belli e ho fatto spazio ai libri brutti. Si prospetta un agosto bollente, in tutti i sensi. Certo, mi dispiace per quello che non trovo, che poi è della mia amica McGuire, me toccherà smontare la libreria.
Ma bando alle ciance, oggi vi parlo di... RULLO DI TAMBURIIII (ve ce metto pure il sonoro, va', ma dove la trovate n'altra come me)...!!!

Irraggiungibile di Abbi Glines, con questa copertina che me fa venì freddo solo a guardarla – e va anche bene, dato che a Roma è tornato il caldo.
La scelta è stata davvero oculata, perché le tentazioni erano tante eh (sia chiaro!), ma questa è una trilogia gente. Capite? E la trama è così sensazionale che non potevo, davvero, rimanere indifferente.
Irraggiungibile è la storia di Rush – sexy, attraente, cattivone, culo da paura, addominale scolpito, Acqua di Giò pure nelle mutande – che ha 24 anni e fa tremare di voglie pure le vecchie alla fermata dell'autobus e di Blaire, che di anni ne ha solo 19, non ha mai visto un tanga ed è la figlia del nuovo patrigno di Rush.
Alla morte della madre, Blaire lascia la fattoria per trasferirsi dal padre in Florida ma abituata al letame e alle camicie a quadri, come farà a resistere in un ambiente di lusso? Soprattutto perché ad attenderla troverà soltanto Rush, che probabilmente va in giro solo col papillon e i pettorali così unti de sudore che te ce poi specchià.
Niente, la trama è questa praticamente. Come facevo a dirgli di no? Doveva essere mio. Traduzione di Manuela Carozzi.

Capitolo uno

Di solito quando c’era una festa vedevo parcheggiati solo pick-up con le gomme sporche di fango. Non ero proprio abituata alle macchine di lusso, e in quel momento ce n’erano almeno venti ai due lati del vialetto d’ingresso. Non volevo bloccare il passaggio a nessuno, perciò sistemai la Ford di mia madre, che aveva quindici anni buoni, sui ciuffi d’erba che spuntavano in mezzo alla sabbia. 
Papà non mi aveva detto che quella sera ci sarebbe stata una festa. Non mi aveva detto granché su nessun argomento, a dire il vero. 
Non si era nemmeno fatto vedere al funerale di mia madre. Se non avessi avuto bisogno di un posto dove vivere, non sarei certo andata a casa sua. Ero stata costretta a vendere la casetta ereditata dalla nonna per pagare le ultime spese mediche. In pratica mi erano rimasti soltanto i vestiti e il pick-up. Nei tre anni in cui la mamma aveva lottato contro il cancro mio padre non si era fatto vivo neanche una volta, quindi chiamarlo era stato difficile. D’altronde era pur sempre l’ultimo pezzo di famiglia che mi restava. 
Alzai gli occhi sull’imponente edificio di tre piani che sorgeva direttamente sulla sabbia candida di Rosemary Beach, in Florida. La nuova casa di mio padre. La sua nuova famiglia. Non potevo farcela.
Di colpo qualcuno mi spalancò la portiera. D’istinto, infilai una mano sotto il sedile, presi la mia nove millimetri e la puntai dritta contro l’intruso, pronta a premere il grilletto. 
— Ehi! Ehi! Volevo solo dirti che avevi sbagliato posto, ma ti dico tutto quello che vuoi tu se metti via quell’affare. — Dall’altra parte della mia pistola c’era un ragazzo moro, con i capelli arruffati tirati dietro le orecchie ed entrambe le mani alzate. Aveva lo sguardo sbigottito. 
Inarcai un sopracciglio e tenni la pistola salda con entrambe le mani. Ancora non sapevo chi fosse quel tizio. Ma doveva capire al volo che vedermi spalancare la portiera da uno sconosciuto non era un benvenuto di mio gradimento. 
— No, non ho sbagliato posto. Questa non è la casa di Abraham Wynn? 
Il ragazzo deglutì, nervoso. — Senti, non riesco a pensare con quell’arnese puntato in faccia, mi fai paura. Puoi metterlo via, prima che capiti uno spiacevole incidente? 
Uno spiacevole incidente? Quel tizio cominciava a darmi sui nervi. 
— Non ti conosco — gli dissi. — È buio e sono in un posto che non ho mai visto prima, da sola. Perciò scusami tanto, ma al momento non mi sento esattamente tranquilla. E credimi se ti dico che a me incidenti non ne capitano. Sono capace di usare un’arma. Bene, anche. 

mercoledì 13 luglio 2016

Questione di incipit #11



Buongiorno gente (disse quella che augura il buongiorno alle quattro di pomeriggio)!
Anche oggi, come la volta scorsa, vi mostrerò solo l'incipit del libro che sto leggendo e non perché non abbia libri brutti in serbo per voi, sia chiaro, ma solo perché non sono stata in grado di sceglierne uno che mi va anche di leggere. Ne ho diversi in arretrato, così userò questa settimana per mettere chiarezza dentro di me e scegliere bene a cosa dare una chance. Tra l'altro non riesco a capire come mai ma, più avanza l'estate, meno tempo ho a disposizione. O meglio, non so in cosa lo perdo. 
Cosa faccio, a parte boccheggiare, dalla mattina alla sera? Davvero non me lo spiego. A parte cominciare a somigliare a un barattolo sempre di più, ma di quelli delle conserve, belli ciotti, col tappo con scritto "Quattro stagioni", presente?, non so davvero in cosa perda il mio tempo. Se dovessi mai scoprirlo ve lo faccio sapere, ché lo so che siete curiosi. Noto con piacere che blogspot ha rimesso a posto le immagini, dopo avermi fatto penare non poco, ma oggi ha un altro problema: a intermittenza mi dice che si è verificato un problema nel salvataggio del post. Ora, è vero io non sono la persona più paziente del mondo e rischio l'esplosione anche per cose minori, ma davvero blogspot mi sta facendo uscire dai gangheri in questi giorni. Non ce la posso fare.
Se riuscissi a utilizzare un po' del tempo che non so in che modo perdo, potrei migrare su wordpress. Però mo' basta eh, ogni volta c'ho il cappello introduttivo più lungo dell'anteprima del libro che sto leggendo, non va mica bene 'sta cosa.

Ho acquistato questo libro diverso tempo fa, non appena il mio corso in correzione bozze è volto al termine. Il motivo? Con l'insegnante, Leonardo, eravamo andati in tipografia affinché lui ci mostrasse come veniva stampato un libro. La tipografia stava stampando i libri di 66thand2nd e ne aveva a migliaia! Tanti, tantissimi, freschi di stampa e profumelli di inchiostro.
Shoeless Joe, nello specifico, non c'era ma ricordo che una volta tornata a casa mi misi a spulciare il loro catalogo e boh, rimasi forse colpita dai colori di questa copertina? Non saprei, onestamente. Shoeless Joe è la storia di Ray che vive con la moglie e la figlia nella propria fattoria di Iowa. Un giorno, una voce lo convinverà a costruire un campo da baseball tra le piante di granturco per far tornare a giocare "lui", ossia proprio Shoeless Joe Jackson, campione coinvolto in uno scandalo nel 1919. La stessa voce, qualche tempo più tardi, lo convincerà a intraprendere un viaggio per strappare Salinger (quel Salinger!) dal suo isolamento volontario. Sarà forse stato il riferimento a Salinger? Chi lo sa, fatto sta che l'ho comprato e poi accantonato tra i libri da leggere prima di morire. Qualche giorno fa la mia bottiglia dei to be read ha sputato fuori il bigliettino con scritto il titolo di questo libro e, quindi, eccoci qua. Contrariamente a quanto si legge in giro, non è stato prima girato il film – che in italiano si chiama L'uomo dei sogni proprio per somigliare meglio a un romance da due soldi – e poi scritto il libro, ovviamente (dico ovviamente perché io, altrimenti, non lo avrei acquistato). 

***

1. Shoeless Joe arriva in Iowa

Mio padre raccontava di averlo visto giocare anni dopo in una lega di quart'ordine per una cittadina tessile della Carolina, con le scarpe ai piedi e sotto falso nome.
«Aveva messo su una ventina di chili e lo scatto nell'outfield non era più quello di una volta, ma sapeva ancora battere. Ah, quanto era bravo a colpire una palla quell'uomo! Nessuno è mai stato bravo a battere come Shoeless Joe».
Tre anni fa, in una sera di primavera con un cielo azzurro come le uova di pettirosso e il vento leggero come un pulcino appena nato, me ne stavo seduto sulla veranda della mia fattoria nell'Iowa orientale quando una voce mi ha detto chiaramente:
«Se lo costruisci, lui verrà».
Era la voce di uno speaker da stadio. Mentre parlava, ho avuto la visione immediata del prodotto finito che – lo sentivo – ero stato chiamato a realizzare. Vedevo gli altroparlanti squadrati e scuri, simili al berretto dei marinai di un tempo, appollaiati sui pali della luce color alluminio che infiammavano il campo da baseball. In quel momento esatto io mi trovavo dietro la casa base.
A dire il vero, chiunque altro lì davanti a me avrebbe visto solo un prato spelacchiato, con qualche soffione e la gramigna, che confinava con il campo di granturco posto a una cinquantina di metri da casa. 
«Chiunque altro» sarebbero mia moglie Annie, mia figlia Karin, un collie giallo come il grano chiamato Carmelita Pope e Junior, un porcellino d'India bianco e ocra goloso di spaghetti che squittiva contento ogni volta che qualcuno apriva lo sportello del frigo. Karin e il cane non avevano ancora compiuto due anni.
«Se lo costurisci, lui verrà» ha ripetuto lo speaker nell'inglese gracchiante tipico del Midwest, come se la voce fosse stata registrata su un disco a 78 giri.
Una conferenza di tre ore o un manuale di cinquecento pagine non avrebbero potuto fornirmi indicazioni più precise: le dimensioni del campo da baseball hanno cominciato a saltellarmi intorno come pulci e il prezzo dei pali della luce e dei riflettori mi ronzava in testa come le falene che svolazzano contro il lume sopra di me.
Sono state le uniche istruzioni che ho ricevuto: due annunci e la visione di un campo da baseball. Sono rimasto seduto lì finché quel buio di seta non è diventato totale. Qualche nuvola rappresa striava la luna. Il silenzio era così profondo che riuscivo a sentire le palpebre muoversi.

***

Non me ne vogliate, è corto perché ho dovuto copiarlo manualmente e fa veramente troppo caldo per riuscire a stare davanti al computer a fà 'ste cose per più di un tot. 
Tra l'altro, so perfettamente che questo non è il tipo di libro che vi aspettereste di trovare da queste parti ma, in effetti, qualcosa che vi aspettate di trovare qui sopra c'è mai? Perché ho come l'impressione di leggere cose casuali e completamente diverse tra loro, oltre che essere usciti il mese scorso oppure nel 2009 – come questo libro, ad esempio. Forse dovrei chiedere a Quelo perché stiamo andando e dove, soprattutto, per capire che problemi ho nello scegliere i libri da leggere. 
Se voi lo sapete o pensate di averlo intuito ditemelo tranquillamente eh, magari mi si apre un mondo.
Al prossimo mercoledì con il libro bello ma anche quello brutto (soprattutto con quello brutto!).
Io me vado a vedè Orange is the new black, cià cià.

lunedì 11 luglio 2016

Photoshop non ti conosco, obbrobrio non ti temo, Paint ti amo 11/17 luglio

 
Buongiorno e ben trovati in questo bellissimo lunedì.  
Oggi ho tipo diecimila cose da fare quindi muoviamoci perché sto già sudando (grazie estate perché fai sì che ci siano 35 gradi già alle 9 di mattina, molte grazie). È interessante, poi, che blogspot abbia deciso proprio oggi – che non c'ho tempo – di spostare l'allineamento di TUTTE le mie immagini centrali e di metterle a sinistra. Grazie blogspot, soprattutto perché ho provato a sistemare la cosa e non ci sono riuscita. Molto gentile da parte tua. La migrazione a wordpress avverrà prima di quanto immagini. Le uscite di questa settimana sono tantissime ma quelle degne di nota, invece, sono molto poche. Non che siano copertine sensazionali eh, intendiamoci, ma non sono neanche molto brutte. Viaggiano nell'anonimato. Però, come al solito, alcuni lavori che meritano rutti e turpiloqui sono presenti (eh, cioè, vorrei ben vedere). Per il resto tutto bene, venerdì sono stata al mercatino ma non vi dico cosa ho comprato. Vi confesso solo il numero: ne ho presi "solo" sette. Certo, la mia operazione di decluttering continua a fare schifo e pietà ma hey, non ho mai detto di essere una donna perfetta mi pare, no? Ma adesso sbrighiamoci ché c'ho dei capelli mostruosi (sembro Igor di Ghostbuster e vi assicuro che il bananone non c'era ieri sera quando mi sono messa a dormire) e devo lavarli per forza e poi devo andare dalla sarta, insomma daje sbrigamose. Vediamo cosa troverete in libreria durante questa settimana. 

Grande ritorno della figlia del gommista, questa volta senza cappellino (finalmente sarà primavera ao', dove cacchio vive? In Alaska? Sempre con cappello de lana, amica, guarda che se lo porti sempre te cascano i capelli eh). Questa copertina in realtà, sebbene non sia una copertina perché io non la accetterò mai questa pratica di prendere la foto di una tizia e un tizio e farla diventare una copertina con il Times New Roman che galleggia nell'aria, non ha niente che non va. Certo, a parte a bruttura della foto scelta, ovviamente. Però, gente, non potevo lasciare la Gommista Girl fuori da questa rubrica, io ormai ce so affezionata. Comunque, tesò, il maglione dello stesso colore della faccia non te sta bene, cambialo. E vorrei dirti pure di cambiare fidanzato perché lo vedo partecipe all'abbraccio e così contento di vederti che sembra che qualcuno gli abbia appena pisciato sulla gamba. Anzi, in quel caso – forse – avrebbe avuto un coinvolgimento maggiore.  Volevo complimentarmi invece per il riferimento culturale presente nel titolo, Esther e Jerry Hicks – coloro i quali hanno inventato la legge dell'attrazione – saranno certamente contenti di sapere che oltre la loro legge non ce stanno gli alieni, ma la figlia del gommista e il fidanzato. La scheda dice che questo romanzo ha scandalizzato l'America e io mi domando che cazzo stamo a fà noi qui e che campiamo a fare se non ci siamo ancora scandalizzati con questo romanzo? Dobbiamo rimediare. Questo numero della serie (saremo arrivati al numero 12, tipo?) racconta la storia di Asa che si rifà una vita a Denver e si ritrova a dover scegliere se essere l'uomo che tutti vorrebbero che lui fosse o quello che realmente è. Mo' io, n'è pe' di', ma che razza de gente frequentate? C'avete amici che vi devono anche scegliere il modo di essere/vestire/ruttare/camminare? Che ansia, te credo che te ne sei andato a vive a Denver! Però la prossima volta nel tragitto passa pure all'anagrafe, magari te fai chiamà Mark perché Asa è un nome da cane. A dispetto del nome da barboncino, Asa è un criminale che si imbatte in una poliziotta – che se chiama Royal – e lo arresta, ma poi lui trova attraente la poliziotta e la poliziotta trova attraente lui. Asa e Royal? Siamo seri? Io boh, non lo so dove lo trovano il coraggio. 
 
Se non fosse per il rametto di pianta indefinita appiccicato completamente a caso in alto a destra e la concreta possibilità che la nostra amica in copertina – Helena, appunto – indossi le stesse Dottor School che indossa la mia vicina di casa settantaquattrenne, non avrei neanche considerato questa copertina. Certo, non che brillasse in bellezza pure senza Dottor Scholl e senza ramo di pianta qualunque eh, però almeno era accettabile. La completa assenza di ombre e chiaroscuri non è che proprio era il massimo, intendiamoci, ma ci si poteva passare sopra. Così, invece, no. Siamo veramente troppo distanti dall'accettabile, soprattutto perché quel rametto mi sembra più appartentente a una pianta (tipo la Bella di notte) che a un albero, ma non voglio fare la solita polemica rompicoglioni.  In effetti anche il font non è che sia poi così accettabile, anche se un plauso lo farei per la scelta dei colori, uguali a quelli del rametto. Però, Giunti, ma che mi combini? Usi un font che abbia la R tremendamente somigliante a quella di Rizzoli? Non se fanno 'ste cose eh, nono. Comunque, Il segreto di Helena racconta la storia di Helena e del fatto che aveva 15 anni da quando ha fatto quella incredibile e indimenticabile vacanza a Cipro. Lì, tra gli ulivi e il mare e le spiagge, la moussaka a colazione e quei fottuti greci, si innamorò per la prima volta. Adesso vive a Londra col marito e i figli e la moussaka è solo un miraggio, ma ci penserà lo zio a schioppare proprio nel momento giusto, lasciandole in eredità la super villa dove aveva passato le vacanze. Helena, dice la scheda, non vede l'ora di tornare lì anche se quella casa nasconde dei segreti segretissimi troppo segreti che segretamente la riguardano... Non so voi che segreti segretissimi nascondete segretamente e non conosco manco tutta 'sta gente che nasconde segreti segretissimi. Me sa che pure io, come l'amico Asa, frequento gente sbagliata. 


 Per questo lunedì è tutto, vi auguro una settimana di poliziotti che vi pisciano su una gamba! Alla prossima settimana gente, custodite i vostri segreti fino ad allora, mi raccomando.

venerdì 8 luglio 2016

In my bookshelf #33



Buongiorno!
Finalmente una nuova puntata di In my bookshelf, la rubrica nella quale posso tranquillamente parlare dei miei numerosi (sottolineamo numerosi) acquisti senza, però, vergognarmi della quantità imbarazzante di libri acquistati rispetto a quelli letti. 'Sto mese poi (che sarebbe lo scorso) ho fatto una pena incredibile, vi spiegherò anche perché nel dettaglio, ma prima è il caso di partire dagli acquisti. 
Questa puntata non sarà lunga – va beh, detto dei miei post biblici... – perché non ho acquistato molto. Il motivo era uno solo: volevo fare il botto per il mio compleanno. E niente, poi questo botto non lo abbiamo fatto (non ancora), perché ho guardato prima la mia libreria – e me so' spaventata –, poi la pila di libri da leggere sul comodino (quelli che mi insultano, per intenderci), poi il numero indefinito di ebook acquistati a 99 centesimi nel corso dei mesi, e poi le mie magre finanze. Insomma, questi ingredienti insieme mi hanno spinta ad acquistarmi solo due libri (e un abito anni '50 verde e pois bianchi che, signori, ma che ve lo dico a fare?! Adoro gli anni '50, metà del mio guardaroba è vintage e scioè, quando l'ho visto mi sono detta che, in fondo, abiti non me ne compro mai e quindi...). È però vero che sto per andare al mercatino insieme a Letture Sconclusionate (dai al mercatino qualcosa posso comprarla, ho un budget – 20 euro – che non sono mai riuscita a superare al mercatino) e quindi tutto potrebbe succedere... Ma vi saprò dire nella puntata dedicata al mese di luglio. Quindi, pronti? Andiamo.

Nel mese di giugno ho acquistato, in totale, 7 libri di cui uno solo acquistato nuovo e a prezzo pieno (cioè, era scontato del 20%). Andiamo con ordine (metterò anche i prezzi realtivi, così da non sembrare una con le mani bucate – anche se, comunque, in effetti un po' bucate ce le ho.
Partiamo dal libro nuovo acquistato con lo sconto del 20%: si tratta de Il conte di Montecristo nell'edizione Feltrinelli (12 €). Me ne vergogno tantissimo, ma tanto tanto tanto, però sono una delle poche persone sulla faccia della Terra a non averlo ancora letto. Non so, credetemi, in che cosa sono stata impegnata in questi 30 anni, ma Il conte di Montecristo manca all'appello. Cercherò di recuperare il prima possibile, ma lo dico di tutti i libri e quindi niente, che ve lo dico a fare?
Passiamo adesso agli usati, che sono la parte più consistente dei nuovi ingressi in libreria: si tratta di Tess dei d'Uberville di Thomas Hardy finalmente (!!) in edizione Feltrinelli (ah, non ve l'ho detto? I classici Feltrinelli sono m-e-r-a-v-i-g-l-i-a, traduzioni accurate e non desuete, prezzi amici, tipico odore Feltrinelli) che ho pagato 5 € – in barba tipo ai 14,50 dell'edizione Einaudi. E di quella Feltrinelli mi piace pure la copertina, per dire eh...
Ho scoperto di amare alla follia Edith Wharton – di cui vi parlerò presto, promesso – e ho quindi inserito in lista desideri tutti i suoi libri pubblicati in italiano. Tra gli usati ho trovato Ethan Frome – 3,87 € – in edizione Marsilio ed Estate in edizione La tartaruga (4,89 €). Sempre de La tartaruga ho preso La capanna sul fiume di Maggie Makepeace (di cui posseggo già Troppo tardi, tesoro) che ho pagato in effetti tanto per i miei standard (ben 6,11 €), ma mi sono subito ripresa acquistando Foto di famiglia di Sue Miller a 2,76 € e Giornata ideale per un matrimonio, di Julia Strachey, a 3,85 €. Noto che i prezzi su Libraccio.it, al momento, sono diversi rispetto a quando ho acquistato io, forse ho comprato nella settimana dei saldi al 65%? Non ricordo.

mercoledì 6 luglio 2016

Questione di incipit #10


Buongiorno!
Ritorna Questione di incipit, rubrica un po' bistrattata da tutti – me inclusa. Motivo per cui in questa puntata vi mostrerò l'incipit del libro – uno dei, come al solito – che sto leggendo e vi chiederò dei consigli. Oggi, stranamente, non vado di fretta anche se, ovviamente, qualcosa da fare ce l'ho. Devo infatti recarmi alla libreria Il giardino del mago (quella che dista tantissimo da casa mia, per intenderci, quella che cioè, mamma mia!, mai percorsi 4 metri in così poco tempo) per andare a ritirare il mio regalo di compleanno (eh, lo so, manca ancora un po' al 16 ma se non li ordinavo adesso magari non sarebbero arrivati in tempo), devo terminare la stesura del racconto sul killer vegano per partecipare al concorso di Letture sconclusionate (mi manca poco, devo giusto limare alcune cose qua e là e scrivere le ultime due pagine, più o meno) e poi dovrei anche andare a fare cose, ma vediamo. Il caldo torrido non è che mi faccia essere la persona più attiva del mondo eh. Non che ci volesse poi molto a farmi somigliare a un sasso, faccio attività motorie saltuariamente e me ne pento sempre, per cui... Ma bando alle ciance, prima di mostrarvi l'incipit del libro, vorrei chiedervi impressioni, consigli e boh, insulti, su questa rubrica. Preferite solo incipit dei libri che leggo? Incipit di libri brutti? Uno e uno? Nessuno? Ditemi, ditemi. 
Intanto, vi mostro il libro bello.

Ma quanto è bella questa copertina, quanto? Ricomponiamoci per favore.
Conoscevo già Lorenzo Mazzoni, letto e apprezzato con Quando le chitarre facevano l'amore pubblicato da Spartaco Edizioni (qui), e ho conosciuto Edicola Ediciones al Salone del Libro di Torino. Ganzi i tipi di Edicola, posso garantire. E dunque, quando mi è stata proposta la lettura di Un tango per Victor non potevo certo esimermi, vi pare? Soprattutto perché questo romanzo racconta una storia che, di primo acchito, ho subito trovato interessante: Denil, un ragazzo italo-cileno, vive ad Amsterdam e divide le sue giornate tra la musica, il coffee shop presso il quale lavora, le passeggiate per la città e le lezioni di olandese. Grazie a uno zio sfuggito alla dittatura, impara a conoscere il Cile e le canzoni di Victor Jara, cantante e idolo della protesta cilena. E un giorno incontrerà Julia... 
Mi piace l'interesse di Lorenzo Mazzoni per la musica, mi piace il suo inserirla come protagonista e, allo stesso tempo sfondo, di un romanzo. Vi mostro qualche riga, sperando di incuriosire anche voi.

***

Lunedì 4 settembre

Il signor Nestor, emigrato rasta del Suriname, come ogni lunedì mattina alle nove, entra, saluta e prende la busta Supersage che gli allungo. Si fa una grossa canna appoggiato al balcone, guarda silenziosamente il vuoto, poi sfila la sua rivista dalla tasca posteriore dei jeans e mi legge l'oroscopo:
– Riparte una nuova settimana di lavoro, Sagittario. Se controlli il saldo bancario o la resa degli investimenti non puoi che essere felice. La Luna entra in Acquario, gli incontri previsti in agenda prendono una buona piega. In amore liete soprese se le saprai cogliere.
– Grazie, signor Nestor, lo terrò presente.
Lui mette i soldi sul bancone, saluta con un cenno del capo e se ne va.
Non ho mai fatto molto affidamento alle sue previsioni. 
Del resto il giornaletto da cui legge l'oroscopo è paccottiglia gossip per anziane sclerotiche. Ignoro il motivo per cui lo compri e soprattutto perché venga al negozio a fare l'oracolo rasta. In ogni modo mi diverte. Nestor è un buon tipo. Tranquillo, abitudinario. Cosa diceva l'oroscopo? "Se controlli il saldo bancario non puoi che essere felice"... insomma, dipende se il conto in rosso può dare felicità... "in amore liete sorprese se le saprai cogliere", speriamo, anche se mi sembra una profezia da indovino dei poveri.
La musica è bassa. L'odore pregnante di erba invade l'aria. Lavo qualche bicchiere rimasto nel lavello da ieri sera. Controllo i cd, perfettamente sistemati in ordine alfabetico, sulle mensole alle mie spalle. Mi siedo sullo sgabello e guardo, con pacatezza e serenità, questo piccolo locale in cui sono capitato per sbaglio e da dove, da tre anni, conduco un'esistenza lavorativa tranquilla. 
Il Sunflower Bay non è un coffee shop molto frequentato dalle orde di turisti che si riversano ogni giorno ad Amsterdam. Defilato, appartato. Lo si può definire un coffee shop di quartiere. Tutte le nostre canne hanno il marchio Fair Smoke, fatte con erba proveniente da coltivazioni biologiche. Vendiamo ottima Super Skunk, Bing Bang di qualità, dolcissa Sweet Tooth, popolare e gustosissima Tvizla, pregiato Jack Herer, e primizie indiane che Ulf, il titolare del locale, acquista direttamente in loco, fregandosene bellamente delle dogane e di eventuali condanne per traffico internazionale di sostanze stupefacenti.
Il nostro è un locale per fumatori eticamente corretti e navigati: non si vende cibo né alcol, solo succhi di frutta e acqua. Fine. Si fuma, si ascolta la musica, si sorseggia un orange juice fatto in casa, si paga e si va fuori, a passeggiare stravolti per i vicoli e i viali della città. 
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E voi che leggete? Libri belli, brutti, meh? Inoltre, ditemi tra i commenti se preferite un Questione di incipit così strutturato o se il confronto con un bel libro brutto è meglio perché fa apparire ancora più bello il libro bello.
Al prossimo mercoledì, gente!

lunedì 4 luglio 2016

Photoshop non ti conosco, obbrobrio non ti temo, Paint ti amo 4/10 luglio


E buongiorno e buon lunedì a tutti! Oggi ostento fintissima allegria perché c'avrei voglia de annà in vacanza e di mandare anche il blog in vacanza per dedicarmi a tutte quelle letture che, per colpa di Anime baltiche – che ci ho messo 6 mesi in pratica a finire –, mi si sono accumulate sul comodino. C'ho una bella piletta che mi guarda ogni volta che mi avvicino al letto. Se mi avvicino in silenzio li sento pure sparlare di me. Dicono cose tipo "Quella stronza, ci ha presi dalla libreria e ci ha piazzati qui a prendere polvere, uno sull'altro! Almeno in libreria c'era spazio per ognuno di noi, qui invece... Faremo la fine di tutti gli altri, non letti e dimenticati!". 
Anche gli ebook sul kindle mi insultano, fortuna che la custodia non permette loro di parlare bene e, inoltre, fa uscire fuori il suono ovattato. Percepisco solo alcune sillabe.
La settimana scorsa sono stata poco presente, sia sul blog che sui social, perché ho avuto un po' di cose da sbrigare e perché, ammettiamolo, ormai tutti abbiamo voglia di non fare niente sulla sdraio e capisco che leggere una recensione è una delle poche cose che fareste al momento. Io sulla sdraio non mi ci metto, ma il senso è lo stesso.
Comunque, prometto che questa e le prossime due settimane di luglio saranno settimane di normale programmazione. Anche perché c'ho due/tre libri di cui parlarvi sicuramente e una puntata di In my bookshelf appesa.
Ma adesso vediamo cosa vi aspetta questa settimana in libreria!

Ma me dite che è 'sta cosa verde vomito su ogni copertina di questa serie? Questa cornicetta finta anticata, finta diapositiva degli anni '70, finto filmino storico bruciacchiato.
La scorsa volta avevamo lo sguardo veramente intelligente di Maurizio dopo una disastrosa seduta dall'estetista, oggi abbiamo la faccia di plastica di... Aspetta, ma è sempre Maurizio! Non sembra lui, a causa della gita dal chirurgo plastico per una siringata di botulino, ma invece lo è! Almeno s'è tolto la mosca, si vede che pure il chirurgo gli ha detto che nun se poteva guardà. 
La tipa doveva essere un cesso, motivo per cui l'abbiamo nascosta quasi del tutto con la scusa della cornice verde vomito. 
Lo sfondo che cosa è? Baraccopoli? Certo, ce stava con la trama semi horror della puntata precedente (dove Daemon, alieno senza patria (?? pure gli immigrati alieni, pensa te oh), arrivava sulla Terra ma non voleva una vicina di casa umana (e cambia pianeta, no? Io non vado a vivere a Dublino se voglio un calabrese come vicino di casa, ma vado a Catanzaro, che ne pensi de fà lo stesso?). Ma poi, dalla negazione passava subito alla fase stalking, spiandola tra i cespugli – 'sta cosa me mette n'ansia...), ma insomma, una cosa meno inquietante no? La scheda ci rassicura: Daemon smette di spiare l'umana perché, finalmente, riesce a portarsela a letto. Ovviamente sono innamoratissimi e poi a una certa, a rompere le uova nel paniere, arriva l'ex ragazza di Dawson, il fratello gemello di Daemon che lui stesso credeva morto (??). Inoltre, il Dipartimento della Difesa sa di loro (cioè dello stalker che è alieno e dell'umana della sua ragazza. Forse è un'unione di quelle tipo essere umano-animale che è fuori legge, oltre che un poco schifosa al solo pensiero... Adesso forse capisco il verde vomito della cornice, è il ribrezzo del grafico) e quindi so' cazzi amari. Ma loro faranno di tutto per proteggere il loro amore, proprio di tutto. Non sentite la tensione? Eh? Non avvertite l'enorme tensione? Io so' così tesa che guardate eh, mo' quasi quasi me viè il torcicollo per la tensione nervosa.

Vi giuro che non sono stata io. Ve lo giuro. Giuro che non ho rubato il volantino dei Testimoni di Geova e, con Paint, ci ho scritto sopra Megan Hart. Giuro, davvero. 
E no, vi assicuro che non è uno scherzo, l'hanno fatto davvero. Hanno veramente preso la copertina dell'ultimo numero del trimestrale di Scientology (che, tra le altre cose, mi arriva per posta e mica so perché. Cioè, anche no grazie?! E però loro ci tengono e va bene, mandatemelo ché ce metto le cocce dei fagioli che è pure periodo adesso) e ci hanno messo sopra il nome dell'autrice. 
Davvero bravi però eh, nel senso che può tornare utile pure per un libro di Paolo Brosio senza che vi sia il bisogno di cambià il titolo. Potrebbe pure esse che Tienimi vicino – scritto in Times New Roman 16 – racconti la storia di Don Gesualdo e della sua fede riscoperta tra i campi d'ulivo pugliesi (che non c'entra 'ncazzo ma noi non se formalizzamo), oppure di Suor Maria Rosetta e la sua passione per il basket cattolico (eh, che ne sapete voi, sicuro esiste pure quello). 
La scheda, purtroppo, non riporta una trama neanche lontanamente bella come la mia – ovviamente – e ci dice che Tienimi vicino non è nemmeno la storia del grafico che lavora nella tipografia che fa gli opuscoletti per Scientology (e anche questa trama, ammettiamolo, aveva un suo perché). No, è la storia di Effie e Heath che, da piccoli, sono stati rapiti da un uomo orrendo e che, da grandi, cercano di rimettere insieme i pezzi e avere una vita normale. Così, mentre Effie scopa a destra e a manca – che me pare proprio una vita considerata normale –, Heath invece perde tempo a essere innamorato di Effie. 
Heath, amico, fattene 'na ragione: Effie non te la dà. Fine.

Onestamente ho perso il conto. Ho perso il conto dei bellissimi disastri e degli splendidi sbagli e dei terribili ma eccitanti errori. Cercherò di metterli insieme per dedicar loro una puntatona speciale (toccherà che me li legga tutti perché così mi verrà più semplice capire quali fantasmi del passato hanno le donne e quali errori madornali commettono questi uomini) e, considerata la mostruosità di questa copertina, mi toccherà partire da questo. 
Un plauso speciale alla completa mancanza di tridimensionalità e di spessore. Non era facile eh, anzi, eppure però ce l'hanno fatta. Bravi, siete il mio orgoglio. Quando cerco una copertina fatta male so' sempre a chi rivolgermi. Mi piace anche la scelta di utilizzare 500 font diversi, ognuno per scrivere una cosa. Anche qui, non era semplice perché su Paint ci stanno tipo 2 caratteri e basta e, invece, noto con entusiasmo che siete riusciti ad aggiungerne altri. C'è anche il corsivo che, ormai, è sdoganato nei titoli. Grandiosi! Siete proprio all'avanguardia.
Ma poi cosa è, la storia di una drag queen questa? No perché è una fetta non irrilevante, sembra un 41.
Amica, dai retta a me, il disastro è che te sei comprata 'ste scarpe, altroché. Dove hai trovato il coraggio? So' terificanti. E ce riesci a camminà su 'ste cose? Ma se piega il piede? Ehi, c'è un ortopedico qui? Non è che per caso mi dite se è possibile camminare su 'sti cosi? La scheda, purtroppo, mi conferma che non è la storia d'amore tra una drag queen e il suo calzolaio di fiducia ma Un bellissimo disastro ci parla di Olivia che ha un passato tormentato. E per ripijasse compra scarpe de merda senza che nessun calzolaio della zona si ribelli, poi. Lo trovo assurdo.


Per questo lunedì è tutto, vi auguro una valanga di scarpe de merda e un'insurrezione di calzolai della vostra zona! Al prossimo lunedì.