venerdì 9 settembre 2011

Recensione: Il peso dell'acqua

Autore: Anita Shreve
Prezzo: 8.60
Editore: Tea
Pagine: 201
Il mio voto: 3 segnalibri e mezzo


Trama

A Smuttynose, un'isola al largo del New England, una fotografa indaga sul massacro di donne avvenuto nel 1873. Inviata dalla rivista per cui lavora per un servizio sugli omicidi, Jean arriva a Smuttynose con il marito Thomas, un famoso poeta, e Billie, la loro bambina. Per trasformare il viaggio in una vacanza, Thomas ha chiesto al fratello Rich di accompagnarli con la sua barca a vela e Rich ha portato con sé la sua affascinante compagna. In biblioteca Jean ritrova le memorie dell'unica sopravvissuta al massacro e si tuffa nel suo toccante racconto, mentre intorno a lei la convivenza sulla barca scatena tensioni e dinamiche impreviste. Il mare diventa metafora della vita, accomunando le due vicende fino ad un finale imprevisto. 

La mia recensione 

Una scrittura sofferta, quella della Shreve. Avvalendosi di un linguaggio complesso e a volte anche frammentato, l'autrice trasmette al lettore immagini nitide e dettagliate della vita di Maren, la donna sopravvissuta al massacro consumatosi nel 1873 a Smuttynose, e di Jean, una giovane fotoreporter impegnata nella realizzazione di un servizio fotografico sulle isole Shoals. Anita Shreve ci accompagna così in un viaggio intenso e  faticoso dalla Norvegia alle isole Shoals, situate tra lo Stato del New Hampshire e quello del Maine, caratterizzate da un ambiente difficile e da un clima ostile all'uomo per gran parte dell'anno.
Foto di http://artstreamstudios.com

I numerosi flashback, all'inizio un po' fuorvianti, con lo snodarsi della trama si amalgamano perfettamente alle scene vissute nel presente da Jean, sulla barca nella quale si trova con il marito Thomas, uno scrittore alcolista dal passato traumatico, Billie, la loro figlioletta, l'intrigante cognato Rich e la sua nuova e bellissima fidanzata Adeline. Anita Shreve riesce, con il suo talento, a stimolare la curiosità del lettore, interrompendo la narrazione di questa o quell'altra vicenda sempre sul più bello, costringendo quindi chi sta leggendo a divorare le pagine successive nella speranza di poter arrivare il più in fretta possibile a scoprire come andrà a finire. Questa, però, non si rivela una caratteristica irritante del romanzo poiché Anita interrompe la vicenda interessante con un'altra vicenda che, qualche pagina dopo, si trasformerà in una vicenda interessante anch'essa, creando così una sorta di spirale che tiene il lettore incollato alle pagine.
Un romanzo che, nonostante parli di emozioni molto forti quali la passione, l'amore e la disperazione, e le descriva in modo quasi didascalico e maniacale, è caratterizzato da uno stile di narrazione che rimane sempre freddo, austero. Questo, forse, è il motivo per il quale ho trovato difficoltoso, all'inizio, riuscire ad entrare appieno nella storia e, più volte, ho pensato di abbandonare la lettura. Sono felice, però, di non averlo fatto perché proseguendo nella lettura, anche se inizialmente parecchio lentamente, la storia acquista corpo e i continui cambi di scenari e argomenti, che dapprincipio destabilizzano un po', si trasformano in una caratteristica affascinante. Gli elementi della trama non possono purtroppo essere considerati originali e parte del finale si intuisce facilmente più o meno verso la metà della storia. Nonostante ciò la lettura non mi ha annoiata affatto. La ricchezza di dettagli e il senso di claustrofobia di cui è intriso il romanzo mi hanno affascinata tantissimo e convinta a dare un'altra opportunità a questa scrittrice di cui, ad esclusione di questo romanzo, non avevo mai letto nulla fino ad ora.

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